“Ti invidio!” Pubblicato il 17 Luglio, 2012

L'incontro col Rebbe lo aveva toccato là, dove nessun altro era riuscito. Era stato un sentire, improvvisamente, una forza nuova, che gli apriva la porta ad una vita nuova.

Un giorno, in una città del Belgio, fece la sua apparizione un giovane Israeliano tipico, che stava facendo una cosa tipica dei giovani Israeliani, dopo il servizio di leva, e cioè viaggiare per il mondo, per guadagnare qualcosa, divertirsi e vivere qualche avventura. Lì, lontano dai suoi genitori e dai suoi insegnanti, dai quali non aveva ricevuto risposte, che potessero soddisfare l’irrequietezza della sua anima, egli cercava di riempire il senso di vuoto, che sentiva dentro. Il giovane, che non sapeva niente di Ebraismo, oltre al fatto stesso di essere Ebreo, fece conoscenza con una ragazza non Ebrea del posto. Tre anni dopo i due decisero di sposarsi. Poco prima del matrimonio, il ragazzo disse alla sua fidanzata che, vista l’importanza e la serietà del passo che stavano per fare, egli avrebbe voluto prima consultarsi con un rabbino. La ragazza fu d’accordo.

       Il giovane andò a parlare con un certo rabbino, che fece del suo meglio per dissuaderlo dallo sposare la ragazza non Ebrea. Gli spiegò quanto, nella storia, gli Ebrei si fossero sacrificati per difendere la purezza e la santità del loro Popolo, proteggere la loro identità Ebraica e impedire l’assimilazione. Dopo una lunga conversazione, il giovane si convinse e lasciò la sua ragazza. Dopo pochi giorni, però, egli non riuscì a restare saldo nella propria decisione, e tornò da lei. Pochi giorni prima della data fissata, però, egli le disse di nuovo, che voleva parlare con un altro rabbino. ‘Forse questo non vedrà le cose in modo così rigido’, egli sperò.

           Incontrò quindi un secondo rabbino, il quale, a sua volta, cercò di dissuaderlo in tutti i modi dallo sposare una ragazza non Ebrea. ‘Cosa dirai ai tuoi figli? Secondo la legge Ebraica, i tuoi figli e tutti i loro discendenti saranno, fino alla fine dei tempi, dei goìm!’ Egli cercò anche di spiegargli che, secondo il Cristianesimo, i suoi figli sarebbero stati considerati Ebrei e ciò li avrebbe ulteriormente confusi. Il rabbino fece una buona opera di convincimento e riuscì nel suo intento. La prova, però, era troppo dura per il giovane, e, dopo poco, egli tornò dalla ragazza. Poco prima del matrimonio, il ragazzo decise ancora una volta di vedere un rabbino. Questa volta, però, egli era determinato, che questo sarebbe stato il suo ultimo incontro, e che avrebbe poi fatto quello che doveva fare, sia quel che sia, costi quel che costi.

        La terza volta il giovane parlò con l’emissario del Rebbe in Belgio, rav Shabsi Slavatitzky. Anche rav Slavatitzky fece del suo meglio, ma quando, dopo alcune ore, vide che si trattava di una ‘scorza’ troppo dura da intaccare, pensò che la cosa migliore da dirgli fosse: Chiedi al Rebbe! Non molto tempo dopo, il giovane si trovò in mezzo alla folla composta dalle migliaia di persone che, ogni domenica, accalcavano ‘770’, la residenza del Rebbe, aspettando di ricevere ognuno un dollaro dalla mano del Rebbe, da destinare alla zedakà, accompagnato da una benedizione e, a volte, da una breve risposta a quesiti o richieste urgenti. La fila si muoveva lentamente e ci vollero ore perchè arrivasse il suo turno.

          Giunto davanti al Rebbe, il giovane si sentì d’un tratto sopraffare dall’emozione e, con voce strozzata, riuscì a malapena a proferire qualche parola, per chiedere il suo consiglio. Il Rebbe lo guardò amorevolmente e, con un grande sorriso, gli disse: “Ti invidio!” Prima che il giovane potesse aprire bocca, il Rebbe spiegò: “Quando un Ebreo è posto davanti ad una prova e la sostiene, la prova si trasforma per lui in una scala sulla quale egli può salire, arrivando a livelli più elevati! Io non ho avuto una prova come quella che hai tu. Una prova come questa è certo difficile, ma vale la pena ed è importante cogliere il momento e salire!” concluse il Rebbe, incoraggiandolo. Il Rebbe disse, poi, ‘brachà ve hazlachà’ (benedizione e riuscita), ed il giovane si ritrovò, un attimo dopo, fuori dall’edificio. Egli era sconcertato. Cercò di rivedere quello che aveva appena sentito e visto nel suo primo incontro col Rebbe. Il Rebbe gli aveva fatto un’impressione fortissima, gli aveva inspirato un’enorme forza e coraggio. Egli sentiva che il Rebbe gli aveva detto esattamente quello che aveva bisogno di sentire. A quel punto il giovane decise con fermezza di lasciare la sua ragazza una volta per tutte!

        Quando, poi, rav Slavatitzky gli chiese perchè proprio le parole del Rebbe erano riuscite là dove gli altri non erano riusciti, il giovane rispose: “I rabbini con i quali avevo parlato prima di vedere il Rebbe, erano diversi da lui. Uno mi aveva parlato dello splendido passato del Popolo Ebraico e di quanto io avrei rovinato questo passato. L’altro mi aveva parlato del futuro, di quanto i miei figli sarebbero stati confusi e privi di un’identità religiosa. Il Rebbe, invece, mi ha parlato del presente, della grande opportunità che mi era capitata. Questo è ciò che mi ha dato la forza di prendere la decisione giusta.

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