Tamùz, dagli opposti emerge l’unità Pubblicato il 4 Luglio, 2023

Il numero 17 ha il valore numerico della parola "bene", e già oggi si può iniziare a riconoscere il bene nascosto nel 17 di Tamùz, una data che viene considerata come negativa, e che, di fatto, molto presto si trsformerà in un meraviglioso giorno di festa.  

 

     tamuz_m[1]Sappiamo che il 17 di Tamùz è un giorno di digiuno, e questo digiuno influenza tutto il mese, fino al punto di chiamarsi il “4° digiuno“, dal numero appunto del mese in cui cade. Ciò vuol dire, che tutto il mese di Tamùz si trova sotto l’impressione negativa dell’idea del digiuno. Sappiamo però anche, che con l’avvento di Moshiach, tutte le feste verranno annullate (tranne Purim e Channukà), e vi saranno delle feste nuove. Tra queste vi saranno appunto i digiuni, che si trasformeranno in giorni di gioia. Alla luce della Chassidùt, noi scopriamo che nessuna festa verrà veramente abolita, in quanto la Torà è eterna e nessuna parte di essa può essere annullata. La spiegazione è che, con la rivelazione di Moshiach, la Luce che risplenderà dai giorni della settimana stessa, sarà tanto elevata, che la Luce particolare di ciascuna festa, che HaShem ha dato al mondo, non risulterà più così rilevante: come la luce della candela, che in pieno giorno perde la sua importanza. Le nuove feste invece, avranno una Luce talmente elevata, da poter essere percepita, anche nei giorni di Moshiach.

 Da quanto detto, sorgono due domande:
1. Quale è il vero significato del fatto, che un giorno di digiuno si trasformi in un giorno di festa?  La cosa non sembra infatti né immediatamente comprensibile, né del tutto logica. Sarebbe più normale pensare che, se uno fosse triste per qualcosa che è accaduto, nel momento stesso in cui la causa della tristezza sparisse, anche la tristezza  sparirebbe. Ma trasformarsi addirittura in festa!? Anche quando il Terzo Tempio sarà costruito, si annullerà forse il dolore della distruzione del Secondo Tempio? Si cancellerà, forse, il fatto che ciò sia accaduto?
2. Dove è possibile riconoscere già oggi, nel digiuno del 17 di Tamuz,  un processo nascosto, esprimente il fatto che, in verità, questo giorno sia un giorno di festa? Ogni cosa, infatti, che si rivelerà nei giorni di Moshiach, esiste già oggi, nel sistema attuale, anche se solo allora ne comprenderemo il significato in modo completo.  

     Per capire meglio, ecco un esempio: immaginiamo un Rav che impartisce una lezione. Davanti a lui sono seduti due allievi: uno più intelligente e l’altro meno. All’improvviso il Rav, in mezzo alla lezione, si interrompe, mette una mano sulla fronte e si mette a pensare. Passa il tempo e nulla accade. Dopo un’ora in cui il Rav  si concentra sempre più nei suoi pensieri, d’un tratto si alza, esce dalla classe e va a rinchiudersi in un’altra stanza, dove continua la sua meditazione. L’allievo meno intelligente, a quel punto, non sa più cosa pensare e comincia a chiedersi: “Cosa accade? Fino ad ora il Rav ha spiegato così bene, tutto era così interessante, così chiaro, ed ora…? Certo il Rav non ci ama più.” L’allievo più intelligente, invece,  pensa: “Evidentemente il Rav ci ama, e vuole rivelarci una profondità di pensiero molto più grande, concetti elevati, che fino ad ora non ci ha mai insegnato. Il suo allontanamento oggi ci è penoso e ci porta a desiderare e a fare di tutto per affrettare il momento in cui ci rivelerà la nuova idea. Sappiamo però che, più grande e prolungato sarà ora il suo ascondimento, più profondo ed elevato sarà poi il nuovo insegnamento, che ci rivelerà. E quando ciò accadrà, ci sarà possibile gioire per ogni istante in cui il Rav si sarà appartato.” Questo vuol dire, che già nel momento in cui il Rav mette la mano sulla fronte, inizia il processo di rivelazione, solo che allora è ancora in potenza, e solo alla fine del processo diventerà attuale.

      Già oggi, nei giorni che sono ormai così vicini alla completa rivelazione del nostro Giusto Moshiach, noi iniziamo a realizzare e a vivere la possibilità di vedere e di valutare le cose secondo il loro potenziale, e non secondo l’apparenza. Ciò che ci aiuta in questa direzione è la gioia che si accompagna alla certezza che tutto, venendo da HaShem, è buono. Questa gioia, che va completamente al di là della logica, è ciò che ci permette di aprire gli occhi e vedere il bene nascosto. 

      La presenza, nel mese di Tamùz, di una data così importante, come quella del 12 e del 13 di Tamuz, che ha portato i chassidìm delle ultime due generazioni a chiamare Tamùz “il mese della Gheulà”, dà, con la sua gioia, la forza e la capacità di vedere in anticipo il bene contenuto nel 17 di Tamùz, che allora appare come l’inizio del processo di Gheulà, allo stesso modo in cui il seme deve prima marcire ed annullarsi, per poter poi diventare una pianta. 

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