L’uomo è come un albero del campo Pubblicato il 25 Gennaio, 2024

L'uomo, come l'albero, ha un potenziale di crescita del tutto particolare. Si tratta, infatti, di una crescita che comporta un salto di qualità: dal seme, ad un livello completamente nuovo e differente. Il Capodanno degli Alberi ci fornisce l'energia per questo salto, anche riguardo la crescita del nostro servizio Divino.  

Il quindici di Shvàt è il Capodanno degli Alberi. Il nesso tra questa festa ed il nostro servizio risulta evidente dal detto: “Poiché l’uomo è come un albero del campo”. I nostri Saggi spiegano che l’albero da frutto è una metafora per i saggi della Torà e, per estensione, per il Popolo Ebraico, dato che “tutti i tuoi figli sono allievi di D-O”. Sotto un certo aspetto – quello dell’uomo che è paragonato ad un albero da frutto – il Capodanno degli Alberi raggiunge un livello di completezza maggiore di quello del Capodanno, giorno della creazione dell’uomo. È scritto: “Egli (D-O) pose il mondo nei vostri cuori”. Ogni cosa che esiste al mondo, cioè, esiste anche nel cuore dell’Ebreo. Effettivamente, sarebbe più appropriato dire, ribaltando l’ordine della frase, che, poiché qualcosa esiste nel cuore dell’Ebreo, un parallelo viene portato in essere, nel mondo in generale. Per questo noi possiamo usare la metafora della terra, in riferimento al Popolo Ebraico, come dice il verso: “Tu sarai una terra desiderata”.

      Tutte le caratteristiche della terra, compresa la capacità di produrre frutti, sono riflesse nel Popolo Ebraico. Il legame più particolare, poi, esso lo condivide con la Terra d’Israele e con le sette specie di frutti, per cui essa è lodata nella Torà. Ognuna di queste sette specie è usata come metafora per il Popolo Ebraico, come risulta da più versi della Torà, dei Salmi, ecc. Essendo il quindici di Shvàt il Capodanno degli Alberi, esso ha il potere di generare una nuova energia vitale per il servizio del Popolo Ebraico, che è paragonato agli alberi. Nel paragone del grano e della frutta, noi troviamo due differenze fondamentali: 1) Il grano è l’alimento base della nostra dieta ed è necessario per il mantenimento della nostra salute. La frutta, invece, non è richiesta per questi motivi, ed è mangiata, principalmente, per il piacere che procura. 2) Il potenziale di crescita dell’albero supera di molto quello del grano. Nonostante vi sia una grande crescita in quantità, il grano che viene raccolto è della stessa natura dei semi, che furono piantati  originariamente. Il seme di un albero da frutto, invece, è di una natura completamente differente dai frutti, che verranno raccolti in seguito.

     In modo simile, riguardo al nostro servizio Divino, la metafora degli alberi da frutto allude a quel servizio, che non si limita alle necessità di base, ma procura anche piacere. Esso rivela il potenziale di crescita. Non solo una crescita in quantità, ma un salto di qualità, che porta ad un livello completamente nuovo e differente. Il quindici di Shvàt, Capodanno degli Alberi, genera una nuova energia per lo svolgimento di questo servizio, ed anche per quello descritto dalla metafora del grano. Quest’anno, in cui il quindici di Shvàt cade di Sabato (si riferisce all’anno in cui è stato pronunciato questo discorso), vi è un aspetto ulteriore, che si aggiunge al servizio descritto prima. Il Sabato è anch’esso collegato al servizio che comporta piacere, e ciò ha uno stretto legame con il servizio alluso dalla frutta. Tutto ciò ci deve ispirare ad accrescere quegli aspetti del nostro servizio correlati con il piacere (in opposizione al servizio compiuto unicamente con senso del dovere) e con la crescita. E nel concetto di crescita, sono incluse anche quelle attività, che l’uomo intraprende per influenzare positivamente gli altri, cominciando dai membri della propria famiglia e da coloro che vivono intorno a lui. In questo modo, egli diventa come “un albero da frutto, che produce frutti della propria specie, contenenti il loro seme”. Possano questi sforzi portare al periodo della crescita finale, l’era Messianica, nella quale tutto il nostro servizio, svolto durante l’esilio, mostrerà la sua fioritura.
(Shabàt parashà di Beshallàch; 15 Shvàt, 5750)

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