Accompagnata e guidata Pubblicato il 29 Marzo, 2012

Ad Ilana non mancavano fermezza e decisione. Abituata a compiti di responsabilità nel suo lavoro, e guidata dal suo spirito indipendente, Ilana non temeva di imporre la sua volontà, una volta che prendeva una decisione, e così pensava di continuare, anche dopo la forte impressione, che l'incontro col Rebbe ed i miracoli che erano seguiti, le avevano lasciato dentro. Mai più avrebbe pensato che...

Ilana, aveva una posizione di rilievo in uno dei più importanti uffici governativi. Era una donna dalla forte personalità, dotata di grande spirito d’indipendenza, cosa che le procurava, però, una certa difficoltà, nell’assumersi un impegno pratico rispetto alla Torà ed alle mizvòt, nonostante da tempo si fosse avvicinata all’Ebraismo. Destò, quindi, sorpresa la sua reazione, quando, durante una lezione di Chassidùt, avendo sentito come il Rebbe, in uno dei suoi discorsi, parlasse del bisogno e della via per collegarsi a lui, vinta dall’emozione, scoppiò in lacrime. Il legame con il Rebbe, era parte della sua storia, storia che alla fine ella decise di raccontare.

      “Mi sposai trent’anni fa e, nel giro di un anno nacque la nostra figlia maggiore. Un anno dopo, nacque la seconda, dopodiché… niente più. Col passare degli anni cominciammo a preoccuparci e ci rivolgemmo ai dottori. Iniziai una serie di trattamenti, con alti e bassi, speranze e delusioni. Questi 14 anni furono riassunti dal dottore più in vista nel campo con questa laconica sentenza: “non c’è più niente da fare!” Fu allora che un’amica, una ‘Lubàvicher’, mi consigliò di scrivere al Rebbe. Ella mi aiutò a riassumere in una lettera, tutto quello che avevo passato fino ad allora. L’idea non mi entusiasmava. Non capivo che senso avesse scrivere al Rebbe, e per giunta con tutti quei dettagli. La mia amica, però, irradiava una tale fede e sicurezza, che mi ritrovai seduta a scrivere la mia lunga lettera, con la richiesta di una benedizione per altri bambini.

      La risposta mi arrivò, dopo pochi giorni. Il Rebbe mi aveva dato la sua benedizione. Non passò molto tempo, che il medico, improvvisamente, durante un controllo, mi annunciò la buona notizia: aspettavo un figlio! Si può immaginare il mio sbalordimento. Dopo 14 anni! Nacque, allora, una bella bimba e, dopo un anno, un’altra ancora. Eravamo così felici! Tempo dopo, mio marito propose di chiedere al Rebbe una benedizione per un figlio maschio. Il suo desiderio per un figlio era, infatti, molto forte. Era il mese di Tamùz del 5751, quando la mia amica Miriam, che si era avvicinata anche lei all’Ebraismo ed alla Chassidùt, mi propose di unirmi a lei in un viaggio dal Rebbe. Arrivammo per la distribuzione dei dollari, che si svolgeva ogni domenica, nella quale ognuna delle migliaia di persone, che si metteva in fila in un’attesa di ore, riceveva uno o più dollari da destinare alla carità, oltre a benedizioni e consigli da parte del Rebbe.

      Giunto il mio turno, mi trovai davanti al Rebbe. Chiesi allora una benedizione per un figlio maschio. Il Rebbe mi guardò, mi disse “brachà ve hazlachà” (benedizione e riuscita), e mi diede un dollaro. L’impressione che il Rebbe fece su di me, fu fortissima. Nonostante ciò, quando, una volta uscite, la mia amica mi disse: “Okay, adesso avrai un figlio”, non la presi molto sul serio. Passammo tre settimane presso il Rebbe, e non mancarono altre occasioni per me di sentire la sua profonda influenza. Poco dopo il nostro ritorno a casa, scoprii di essere nuovamente incinta. Promisi allora, che se fosse nato un maschio, l’avrei iscritto ad una scuola di Chabàd. La gravidanza presentò vari problemi, questa volta, e quando mi fecero un’ecografia, mi annunciarono che si trattava di una femmina. Quando informai di ciò la mia amica, non la trovai assolutamente pronta ad accettare questa versione. “Se il Rebbe ti ha dato una benedizione per un figlio, così sarà.” Ero meravigliata dalla sua fede.

      Al momento del travaglio, mio marito, in sala d’attesa, aspettava la nascita della sua ‘figlia’, recitando salmi. Quando, alla fine, l’infermiera uscì ad annunciare la nascita di un ‘figlio’, lo stupore e la gioia furono immensi. Come avevo promesso, arrivato all’età giusta, iscrissi mio figlio Shlòmo ad una scuola Chabàd. Dopo qualche anno, però, decisi che Shlòmo aveva ricevuto quello che doveva dal Talmud Torà, e che era giunto il momento di trasferirlo in una scuola religiosa pubblica, dove avrebbe potuto fare progressi nello studio delle materie secolari e prepararsi così ad una carriera futura, magari come professore. Io sono un tipo, che ha bisogno di tempo per prendere un’importante decisione, ma, una volta presa, sono molto determinata. Comunicai a mio marito la decisione che avevo preso, ed egli fu d’accordo. Spiegai allora a mio figlio, che l’anno prossimo avrebbe cambiato scuola. Informai di ciò il Talmud Torà, dopodiché procedetti all’iscrizione alla nuova scuola ed all’acquisto dei libri e del materiale necessario.

     Il primo giorno di scuola del Talmud Torà arrivò, mentre le altre scuole erano ancora chiuse. Mio figlio mi guardò, come se si aspettasse di sentire qualcosa da me. Egli veramente avrebbe voluto tornare alla scuola di Chabàd. Quando passò l’autobus della scuola, mi chiese con aspettativa: “Mamma, vado?” Non nego, che la sua domanda non mi fece sentire comoda, ma ero ormai determinata nella mia decisione e gli risposi:  “No!” L’autobus passò e mio figlio rimase a casa. Una notte prima dell’inizio della scuola, il Rebbe mi apparve in sogno…(a questo punto del racconto, Ilana trovò difficile proseguire, e scoppiò in lacrime). La visione era così reale, che ogni volta che la ricordo, la rivivo. Il Rebbe teneva mio figlio con entrambe le mani e mi diceva: “Perché porti via da me il bambino? Perché porti via da me i bambini? Voglio che tu mi riporti anche le bambine…” Mi svegliai fuori di me. Tentai di dimenticare la visione e le parole, ma non potevo.

     La mattina dopo, concentrarmi sul lavoro fu un’impresa impossibile. Anche gli altri si accorsero, che qualcosa non andava e, quando mi fecero domande in proposito, risposi che non mi sentivo bene, e così tornai a casa. Sentivo che dovevo fare qualcosa. Andai a consultarmi con rav Y.Y. Volosov, rabbino di Ramàt Yshài ed emissario del Rebbe. Decisi che, quello che mi avrebbe detto, avrei fatto. Quello stesso giorno riscrissi mio figlio al Talmud Torà Chabàd. Non solo, iscrissi anche le due bambine “del Rebbe” alla scuola di Chabàd. Fino ad oggi non riesco a credere di aver fatto dei cambiamenti così seri e radicali, in un tempo così breve. Ma la cosa più sorprendente accadde allora. Tornai a casa, convinta che le novità, che portavo, avrebbero scatenato un pandemonio. Temevo molto le reazioni della mia famiglia. Cosa accadde invece? Dissi a mio marito ed alle mie figlie, che tutti sarebbero andati alla scuola Chabàd, ed essi accettarono la cosa con la più grande semplicità, come se avessi detto loro che avremmo trascorso il weekend al Mar Morto. Mi sentii, come se le cose venissero condotte da qualcun altro, non da me. Mio marito non protestò per il doppio acquisto dei libri, dovuto al cambiamento di programma per mio figlio, e  le mie figlie si ambientarono nella nuova scuola con una facilità incredibile. Mio figlio fu riaccolto con grande calore ed entrò nella sua classe come un figlio prezioso, che ritorna a casa. Sentii la presenza del Rebbe non solo allora, ma durante tutta la via. Sentii che il Rebbe aveva guidato me e tutti gli avvenimenti.

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