Aprire gli occhi Pubblicato il 29 Marzo, 2012

È difficile immaginarsi cosa voglia dire un giorno alzarsi... e non riuscire ad aprire gli occhi. Eppure proprio così iniziò l'incubo di quella lunga malattia, della quale non sembrava ormai di poter vedere la fine...

   Shabàt di parashàt Itrò, un gruppo di studenti della Yeshivà Chabad di Zfàt sono riuniti in una itvaadùt chassìdica, in cui si alternano canti e storie, che scaldano i cuori ed elevano l’anima dei partecipanti. Una delle storie che più colpiscono, viene raccontata da un allievo della Yeshivà e riguarda la sua stessa vita. “Avevo sette anni, quando un bel giorno cominciai a sentire dei dolori lancinanti agli occhi. All’inizio cercai di non dare importanza alla cosa, ma quando, passate alcune settimane, i dolori non diminuirono, i miei genitori capirono che, evidentemente, si trattava di qualcosa di serio. Fui sottoposto, allora, ad una visita medica, dalla quale risultò che soffrivo di un tipo di infiammazione agli occhi molto rara. Come se non bastasse, venne fuori che, oltre all’infiammazione, soffrivo anche di un’allergia acuta alla luce del sole. Mi era del tutto impossibile sopportare i raggi del sole, neppure in casa, dove le finestre erano protette da tende.

     L’operazione quotidiana di aprire gli occhi, si era trasformata in un’impresa enorme. Ogni mattina mi alzavo con le ciglia completamente appiccicate alla pelle, come se si trattasse di colla a contatto. Per aprire gli occhi dovevo sottopormi ogni giorno ad un trattamento, che richiedeva perlomeno un’ora e mezza di tempo. Dovevo, infatti, spalmare degli unguenti, sciacquare a fondo gli occhi, riposare un po’, dopo di che la trafila ricominciava, e così per più volte. Tutto ciò continuò in questo modo, ogni mattina, per tre anni e mezzo! Andavo a scuola con occhiali da sole, come quelli per i ciechi. Passai ancora dalle mani di diversi specialisti, compresi i nomi più famosi, che mi prescrissero ogni momento nuove terapie. Ero diventato una cavia per esperimenti: ogni tipo di medicina possibile fu provata su di me, nella speranza di arrivare ad un’effettiva soluzione del mio problema. Piano piano sprofondai nell’oscurità più completa. Non potevo più ormai uscire neppure con gli occhiali da sole speciali. Avevo allora undici anni e vivevo nella consapevolezza di stare per diventare, che D-O non voglia, completamente cieco, e tutto ciò accompagnato da forti dolori agli occhi.

   La Divina Provvidenza ci permise di arrivare a New York, a 770, la residenza del Rebbe di Lubavich. Fummo ospitati da una famiglia di amici, e riuscimmo già quello stesso Shabàt a partecipare ad un itvaadùt alla presenza del Rebbe stesso. L’impressione che ne ricevetti fu fortissima. Il giorno dopo, la domenica, passammo davanti al Rebbe, e lì, finalmente ebbi l’occasione di chiedere la sua benedizione per una completa guarigione e per una buona riuscita nel mio studio della Torà. Il Rebbe mi guardò per un momento, che mi parve un’eternità. Sentii come se, dentro di me, passasse della corrente elettrica. Proprio così. Passò una settimana, e la domenica dopo il mio incontro con il Rebbe, mi svegliai al mattino e, dopo quattro anni, aprii i miei occhi senza nessuna difficoltà. La cosa mi parve così strana, che corsi allo specchio, per vedere cosa mi succedeva… Ero convinto che quello fosse lo stadio precedente alla cecità completa. Dopo di ciò uscii fuori, non senza aver inforcato prima i miei occhiali scuri, quando, all’improvviso,  un impulso  irresistibile mi spinse a toglierli e… quello che stava accadendo era incredibile! Per la prima volta dopo tanto tempo potevo guardare il sole. Era un miracolo, semplicemente un miracolo! Di giorno in giorno sentii che i miei occhi andavano rafforzandosi, grazie a D-O.” Che possiamo meritare, con la benedizione del Rebbe, di aprire i nostri occhi in senso sia materiale che spirituale e di vedere così, finalmente la Gheulà vera e completa, oggi, subito.

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