Doppio salvataggio Pubblicato il 29 Marzo, 2012

Un uomo d'affari decide dei suoi movimenti seguendo il proprio 'fiuto' e la propria esperienza. Certo, non si farà indirizzare nel campo del suo lavoro, da un rabbino, neppure nel caso si trattasse di un grande zadìk, di una guida spirituale. Eppure, proprio chi ha accettato, anche in queste cose, il consiglio del Rebbe, ha potuto vedere una riuscita senza precedenti, quando non la salvezza... della sua stessa vita!

Il racconto seguente è stato riportato da rav Laipshiz, emissario del Rebbe di Lubavich, in Nepàl. Accadde durante una sua visita a Londra, nel contesto di un  viaggio, che aveva lo scopo di raccogliere fondi per  poter finanziare le sue attività di diffusione della Torà. Rav Laipshiz si mise in contatto con un certo numero di Ebrei benestanti, e rimase colpito in particolare dalle parole di uno di essi. Questi disse a rav Laipshiz che, nonostante gli fosse difficile al momento dare un contributo, poiché tutto il suo capitale era stato investito in un affare colossale, avrebbe fatto comunque tutto il possibile per aiutarlo. In effetti, dopo qualche giorno, quell’uomo depositò nelle mani di rav Laipshiz una notevole somma. Rav Laipshiz sentì che, dietro l’impulso che aveva spinto quell’uomo a donare la sua offerta, doveva nascondersi una qualche storia particolare. Come è possibile che qualcuno si dia così tanto da fare, in un momento in cui si trova in difficoltà?

      Rav Laipshiz non nascose la sua curiosità, e interrogò l’uomo. Questi allora rispose con un sorriso:”Ho un debito di gratitudine con il Rebbe di Lubàvich. Per ben due volte egli ha salvato la mia vita, due volte!” Rav Laipshiz lo guardò incuriosito e quello iniziò a raccontare: “La prima volta fu molti anni fa. Un giorno, il mio socio gòi venne da me e mi propose un affare eccezionale, in uno dei paesi del terzo mondo. Mi spiegò in dettaglio tutti i particolari dell’affare, che veramente mi apparve estremamente vantaggioso, cosicché anche io mi entusiasmai. Sul posto decidemmo di comprare i biglietti d’aereo e di partire insieme verso quel paese, per concludere l’affare. Pochi giorni prima della partenza, incontrai un vecchio amico, chassìd Chabàd, e gli raccontai del grosso affare, che stavo per concludere. L’amico chabàdnik, mi convinse del fatto, che sarebbe stata una buona cosa, prima di concludere un affare così importante, chiedere il consiglio del Rebbe di Lubàvich. Sapevo che il Rebbe era un grande Zadìk, e su di lui avevo sentito tante storie prodigiose, per cui mi trovai subito d’accordo. Con l’aiuto del mio amico, scrissi una lettera al Rebbe e la inviai al suo segretario.

      La risposta del Rebbe arrivò in tempo breve. Con mio grande stupore, il Rebbe, invece di mandarmi la sua benedizione riguardo l’affare, scrisse che, secondo lui, non era il caso che io vi entrassi per niente. Rimasi molto impressionato dalla fermezza della risposta. Nonostante l’affare apparisse così conveniente, la risposta così decisa del Rebbe non mi lasciò spazio al dubbio. Lo stesso giorno annullai il volo e annunciai la mia uscita dall’affare. Il mio socio gòi restò sbalordito. Non capiva il come e il perché. Gli raccontai della risposta del Rebbe e lui si convinse, che mi era dato di volta il cervello. ‘Per un rabbino, vai a perdere tutti questi soldi?!’ Dopo altri innumerevoli tentativi di convincermi, caduti nel vuoto, il gòi decise di concludere l’affare da solo. Non passò molto tempo, fino al momento in cui scoprii da cosa il Rebbe mi aveva salvato. Il mio socio fece il viaggio  di sola andata… L’affare non era altro che una truffa organizzata da uomini della mafia, che lo uccisero e si appropriarono di tutti i suoi soldi…

    La seconda volta che il Rebbe ha salvato la mia vita fu nell’estate dell’anno 1996. Ero a New York per affari e, prima di tornare a casa, mi chiamò un amico, dicendomi che sua moglie si trovava a New York e che doveva tornare a Londra in uno dei giorni seguenti. Egli mi chiese se  mi fosse possibile fare il viaggio di ritorno con lo stesso volo di sua moglie, in modo da aiutarla, dato che si trattava del suo primo viaggio da sola. Acconsentii alla sua richiesta. Poche ore prima del volo, telefonò mio fratello, che vive a New York, e mi raccontò di aver fatto uno strano sogno. Il Rebbe di Lubavich gli era apparso, come in una visione, e gli aveva dato istruzione, di citare davanti a me il seguente verso: “Guardati e fai molta attenzione a te stesso, in modo da non dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto…” (Sefer Devarim 4:9)  “Non ho idea di cosa intendesse il Rebbe con questo”, disse mio fratello. “Può darsi che si tratti solo di un sogno senza senso. Mi sono sentito, però, in dovere di riferirtelo.” Ebbi un impressione molto chiara del significato delle parole del Rebbe. Capii che, come per la volta precedente, il Rebbe voleva evitare, che io salissi su quell’aereo, per salvarmi. Decisi quindi sul momento, che né io né la moglie del mio amico saremmo saliti su quel volo. Se c’era del pericolo, perché lei avrebbe dovuto correrlo? Solo non mi era molto chiaro come avrei potuto fare. Ero sicuro infatti, che lei non avrebbe ricavato la mia stessa impressione dal sogno di mio fratello.

     Ci pensai su,  fino a che non ebbi un’idea. Arrivai a casa sua due ore prima del volo e da lì partimmo nella direzione dell’aeroporto. Invece di seguire la segnaletica, sbagliai strada di proposito. Entrai ed uscii più volte dall’autostrada, con l’intenzione di perdere tempo. La donna restò impressionata da tutti i miei errori ed iniziò a mettermi fretta.  All’inizio aveva pensato si trattasse di un caso, ma, dopo il proseguire della mia serie di errori, non sapeva ormai più cosa credere. A quel punto, perse la pazienza e cominciò a gridare contro di me. Da parte mia assorbii le sue offese e le sue grida senza reagire. Cosa potevo risponderle?

     Arrivammo all’aeroporto pochi minuti dopo l’ora del decollo. Pregai dentro di me che non si verificasse qualcosa, che ci impedisse di perdere l’aereo.  Con mia grande gioia, vidi che ero riuscito nel mio intento. Arrivammo infatti al banco del check-in, dopo che l’aereo era ormai decollato. La donna era nervosa in modo da far paura. “Per colpa sua ho perso l’aereo, solo per colpa sua! Mi pento del momento in cui ho pensato, di fare  questo viaggio insieme.” Passarono alcuni minuti, e ancora la donna non si era calmata. Uno degli impiegati dell’aeroporto le si rivolse per sapere a cosa erano dovute tutte quelle grida. Lei gli spiegò allora, che per colpa mia aveva perso il volo per Londra. “Londra?” chiese l’impiegato. “Su quale volo dovevate viaggiare?” La donna estrasse i biglietti e gli disse il nome della compagnia ed il numero del volo. L’impiegato rimase come fulminato. La guardò in faccia e le disse: “Ringrazi quest’uomo! Lei gli deve la vita. Pochi minuti fa, l’aereo sul quale dovevate volare è precipitato in mare.” L’uomo concluse così, il suo racconto a rav Laipshiz: “Adesso capite perché faccio di tutto per aiutare un emissario del Rebbe?”…

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