La forza della Mezuzà Pubblicato il 29 Marzo, 2012

Così tanto volevano salvare loro figlio da quel matrimonio misto, eppure nulla serviva. Il giovane era ben determinato a sposarla. Ci sarebbe voluto, ormai, solo un miracolo...

Racconta rav Rachamim Nimni, direttore dell’organizzazione “Or Torà veChessed” (“Luce della Torà e della Bontà”), che opera in America, per la diffusione dell’Ebraismo:

“Tempo fa, ricevetti la telefonata di una donna, che si presentò come un’abitante della città di Haifa,  che chiedeva il nostro aiuto. ‘Io mi rivolgo a voi, con la preghiera di salvare mio figlio, che è scappato di casa, per andare a vivere in America, con una goyà. La nostra è una famiglia tradizionalista, ed io mi rivolgo a voi, poiché so che proprio voi potrete salvarlo dal labirinto in cui si è cacciato.’ Piano, piano, la donna raccontò come si erano svolti i fatti, che avevano portato la situazione a quel punto.

     Tutto era incominciato al… kotel (Muro del Pianto). ‘Nostro figlio lavorava lì, come addetto alla sicurezza, quando una giovane turista lo pregò di fotografarla, sullo sfondo del kotel. Da questo incontro casuale, si sviluppò una relazione, della quale noi, genitori, non avevamo la minima idea. Solo quando la ragazza venne per la prima volta a casa nostra, ella raccontò di non essere Ebrea. Dopo esserci riavuti dallo shock, la pregammo di troncare subito la relazione con nostro figlio. In effetti, ella non tornò più da noi, ma nostro figlio non fu pronto a rinunciare e, un bel giorno, scoprimmo che, semplicemente, era scappato, partendo per l’America, con la giovane goyà. Dopo un po’ di tempo, riuscimmo a stabilire un contatto con lui, che si dichiarò disponibile a riallacciare i rapporti con la famiglia, a patto che non si parlasse della sua ragazza goyà, con la quale, ci informò, stava per sposarsi, che D-O non permetta. Ora, noi ci rivolgiamo a voi, con la preghiera di mettervi in contatto con lui, affinché egli lasci la giovane goyà, e torni in Israele, per costruirsi una famiglia, in seno al nostro popolo.’

    Presi i dati necessari e promisi che, con l’aiuto di D-O, avrei cercato di fare del mio meglio. Mi misi in contatto con il giovane, che fu molto gentile… fino a quando non gli parlai della giovane goyà, punto sul quale, mise subito in chiaro, non era disposto a sentire una sola parola. Continuai a mantenermi in contatto con lui, ma vidi che nulla si muoveva. Dopo essermi consigliato con mio padre, decidemmo di scrivere al Rebbe e di chiedere il suo consiglio e la sua benedizione. La risposta che ricevemmo dalle pagine dell’Igròt Kodesh (raccolta di lettere del Rebbe), in cui avevamo inserito la nostra richiesta (volume 16, pag. 55), parlava dell’importanza della mizvà della mezuzà, tanto che essa viene  definita, secondo la Chassidùt, come la mizvà “che viene considerata equivalente a tutte le mizvòt”. Mio padre ci pensò un attimo, e concluse che, evidentemente, bisognava che venissero messe delle mezuzòt nella casa del ragazzo.

    L’indomani, mi presentai a casa sua, con un ampio sorriso e cinque mezuzòt scritte e controllate con la massima accuratezza. Il giovane accolse la proposta con grande entusiasmo: “Certo ciò porterà con sé benedizione!” Chi storse il naso, fu la goyà, che disse: “Sento che ciò ci dividerà”. In ogni caso, da quel giorno, iniziarono fra i due, litigi e momenti difficili. Secondo le parole del ragazzo, “le liti si basavano proprio su sciocchezze”. Così durò, fino a che, un bel giorno, il ragazzo, tornando a casa, trovò che…. le mezuzòt erano sparite dagli stipiti delle porte. “Le ho tolte io”, lo informò la goyà. “Cosa? Come hai osato?!” Da qui, scaturì una lite durissima, durante la quale la goyà lo insultò, imprecando contro di lui e contro gli Ebrei in generale, per poi, alla fine, andarsene, lasciandolo. A quel punto, il giovane iniziò a rafforzarsi nel suo Ebraismo, e ad osservare la Torà e le mizvòt. Non da molto, egli è tornato a casa dei genitori, a Haifa. Durante una mia visita in Israele, quando lo chiamai per salutarlo, egli mi disse che ci teneva molto a vedermi. L’incontro si svolse al kotel, dove egli si mise i tefillìn e mi pregò di fotografarlo, sullo sfondo del kotel

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