La prova del miracolo Pubblicato il 23 Aprile, 2012

Sempre più spesso, grazie a D-O, ci capita di sentire storie di miracoli, ma non tutti i giorni ci troviamo davanti alla prova vivente del miracolo stesso...!  

    Quella mattina, i figli di Daniela avevano perso l’autobus per il Talmud Torà. ‘Peccato saltare un giorno di scuola’, pensò la madre, e decise per quel giorno di usare un taxi. Nella vettura, i bimbi scoprirono varie foto del Rebbe.

Quando l’autista sentì dove erano diretti, Talmùd Torà di Chabàd, disse loro: “Ho una storia incredibile da raccontarvi, che mi è capitata alcuni anni fa, quando ricevetti la visita di uno dei miei fratelli, che aveva con sé un opuscolo di Chabàd. Cominciammo a leggerlo. Vi era la storia di un miracolo ad opera del Rebbe di Lubàvich. Un chassìd di Gur aveva un figlio malato, che finì col rimanere paralizzato.

     Dopo aver consultato tutti i dottori e molti grandi rabbini, nella speranza di una nuova cura o di una benedizione che salvasse il bambino, il padre, disperato, si arrese. Fu allora, che un amico cercò di convincerlo a rivolgersi al Rebbe. L’idea non fu subito accolta. Dopotutto, lui non era un chassìd del Rebbe. Alla fine, però, capì che bisognava tentare ogni strada.

      Arrivati a New York, dopo un difficile viaggio col bimbo sulla sedia a rotelle, furono ricevuti in udienza privata. Dopo pochi minuti, il Rebbe chiese di rimanere solo col figlio. Quando il padre potè rientrare, rimase sbalordito nel vedere il bimbo in piedi, davanti al Rebbe, come se non fosse mai stato malato.  Né io, né mio fratello pensammo che la storia fosse del tutto vera. ‘Perlomeno, avranno esagerato!’.

      Qualche giorno dopo, un religioso salì sul mio taxi. Mi raccontò di essere un chassìd Chabàd, nonostante la sua famiglia fosse di un’altra chassidùt. Alla fine del viaggio, mi ricordai di quella storia che avevo letto, e gliela raccontai, chiedendo cosa ne pensasse. Vi fu un lungo silenzio, così che mi girai verso di lui, ed allora vidi, che era diventato bianco come un fantasma. Alla fine, con grande emozione, riuscì a dire: “Quel bambino, ero io!”

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