L’operazione è fissata? Non proprio! Pubblicato il 29 Marzo, 2012

Per salvare, forse, quella vita era necessario tentare un'operazione. Questo era stato il decreto del medico curante. La data? Giovedì. Il Rebbe, però, non era dello stesso parere...

La terribile notizia in casa Cahanov, di Kiriat Gat, piombò un giorno all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno. Al loro figlio maggiore, Refael, era stata diagnosticata ‘la malattia’. Da quel momento, la condizione del giovane iniziò a peggiorare ed i dottori non poterono nascondere la gravità del caso. I famigliari passavano continuamente dalla speranza allo scoraggiamento più totale. In quel periodo, uno dei fratelli studiava nella yeshivà ‘Tomchèi Tmimim’ (la scuola superiore di Torà di Chabad) della loro città. Quando gli fu riportata la notizia della condizione in cui versava suo fratello, il ragazzo sprofondò in una crisi di depressione, perdendo ogni interesse per il mondo circostante.

    Il suo educatore, rav Naftali Chaibi, si accorse che qualcosa non andava e invitò il ragazzo ad un colloquio, nella speranza di farlo aprire e di trovare così il modo per aiutarlo. Ed effettivamente così fu. Dopo pochi istanti, il giovane scoppiò in un pianto dirotto e raccontò del male che aveva colpito suo fratello. Rav Chaibi pregò il ragazzo di venire con lui dal segretario della yeshivà, rav Yehuda Friedman, per pregarlo di chiamare immediatamente la segreteria del Rebbe di Lubavich e trasmettere i dati del malato, il suo nome ed il nome della madre, così da poter ricevere una benedizione.

   Erano i giorni precedenti alla data del 19 di Kislèv (il Capodanno della Chassidùt) dell’anno 5742, e la risposta tardava ad arrivare. La condizione del malato intanto continuava a peggiorare ed era ormai definita critica. Una sera del mese di Tevèt, la famiglia Cahanov fu convocata per un colloquio, dal primario del reparto dell’ospedale dove era ricoverato il figlio. I genitori pensarono ormai che il peggio fosse già accaduto. Fortunatamente non era così. La situazione era però molto grave e non rimaneva che un’unica possibilità per evitare ciò che sembrava ormai inevitabile. “Domani sottoporremo vostro figlio ad un delicato intervento chirurgico. Non possiamo garantire niente, ma non vediamo alcuna alternativa, e questa è l’ultima speranza”, disse loro il primario.

   Quella stessa sera, rav Friedman chiamò la segreteria del Rebbe e riferì tutti i particolari riguardanti l’operazione. Meno di un’ora dopo arrivò la risposta. Vi era un punto di domanda riguardante il fatto che l’operazione dovesse effettuarsi di giovedì (come è noto, è problematico fissare un’operazione tre giorni prima dello Shabàt). Oltre a ciò, vi era il consiglio di consultare un medico vicino alla famiglia e l’assicurazione che il Rebbe avrebbe ricordato il ragazzo presso la tomba del Rebbe Precedente. La benedizione incoraggiò i genitori di Refael.

    Armati della risposta del Rebbe, i genitori di diressero all’ospedale, si presentarono al primario e gli chiesero emozionati di rimandare l’operazione, cercando di spiegargliene la ragione. Il dottore ascoltò, lanciò uno sguardo allibito e rispose loro con tono risoluto: “L’operazione è urgente e verrà eseguita domani…”. I genitori chiamarono rav Chaibi e gli raccontarono del rifiuto del primario. Rav Chaibi li tranquillizzò, dicendo loro che la benedizione del Rebbe avrebbe agito comunque.

   Gli avvenimenti che si svolsero nelle ore seguenti furono incredibili. Il primario aveva dato istruzioni alle infermiere, affinché iniziassero alle 8 del mattino le preparazioni necessarie, in vista dell’intervento programmato per le 10. Non fu però ciò che accadde. Alle 8 le infermiere iniziarono a preparare la sala chirurgica, ma in modo del tutto incomprensibile, le cose ‘non andarono’! Qui un apparecchio non funzionava, lì uno strumento non si trovava, qui si erano dimenticate di qualcosa…, in breve, alle 10 la sala non era pronta… E il dottore?! Come se la terra l’avesse inghiottito. Arrivò solo alle 11:45… tutto affannato. Quando poi sentì che la sala operatoria non era pronta, si diede una manata sulla fronte, gridando: “Adesso capisco, ora sì che capisco…”.

   Passarono alcuni istanti prima che egli riuscisse a raccontare come fosse uscito alle 8 da casa, a Tel Aviv, diretto a Beer Sheva, per trovarsi ben presto imbottigliato in un ingorgo stradale senza fine e, quando finalmente era riuscito ad uscirne, una gomma si era bucata, costringendolo a fermarsi ai lati della strada per cambiarla. Rimessosi finalmente in marcia, dopo pochi chilometri un’altra gomma si era bucata, questa volta quella posteriore! “Quando sono arrivato all’ospedale e ho scoperto che anche qui non era pronto nulla, ho capito che dal Cielo si vuole che l’operazione venga rimandata…”

  L’importante è il lieto fine. L’operazione non solo fu rimandata, ma, alla fine, non fu più nemmeno eseguita. La condizione di Refael iniziò a migliorare in modo sorprendente. Nel giro di due mesi, Raffi lasciò l’ospedale e tornò al suo lavoro, nella fabbrica di ‘Baghir’ a Kiriat Gat, grazie a D-O.

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