“Non può trattarsi che di Moshiach!” Pubblicato il 29 Marzo, 2012

"Voi siete di Chabad, vero? Io conosco il Rebbe di Lubavich. Egli è Moshiach!" Le donne a quel punto erano sbalordite e furiose: quella donna si prendeva gioco di loro! Oltre al danno, la beffa! Una di loro allora disse: "Dica un po', sta scherzando? Perché se è così, non è per niente divertente!" "No, no! Certo che no!!" rispose la donna. "Intendo veramente quello che ho detto: egli è Moshiach, ne sono certa. Lasciatemi spiegare".... (Miracoli oggi)

L’incontro era stato fissato sei mesi prima, ed il gruppetto di cinque donne  Chabad stava aspettando già da venti minuti, di fronte alla porta dell’ufficio del membro del parlamento Sara Doren, ansiose di presentare un caso di estrema gravità. Una sorpresa però le attendeva. L’onorevole Doron uscì dal suo ufficio, annunciò laconicamente di avere un altro impegno e lasciò le donne attonite, con la possibilità di lamentarsi solo con la sua segretaria. E questo fu ciò che esse fecero immediatamente, senza risparmio di forze.

    Dopo averle ascoltate per alcuni minuti, la segretaria disse loro: “Voi siete di Chabad, vero? Io conosco il Rebbe di Lubavich. Egli è Moshiach!” Le donne a quel punto erano sbalordite e furiose: quella donna si prendeva gioco di loro! Oltre al danno, la beffa! Una di loro allora disse: “Dica un po’, sta scherzando? Perché se è così, non è per niente divertente!” “No, no! Certo che no!!” rispose la donna. “Intendo veramente quello che ho detto: egli è Moshiach, ne sono certa. Lasciatemi spiegare”. Poco convinte, le donne decisero comunque di ascoltarla.

  La segretaria iniziò giustificandosi: “So di non avere l’aspetto di una persona molto religiosa, ma credetemi, da quando accadde questa storia, io mangio solo cibo kashèr e rispetto persino il Sabato. Qualche anno fa,  andai negli Stati Uniti, per visitare alcuni amici. Era un pomeriggio tardi, e stavo recandomi ad una festa, alla guida della mia macchina, sola sull’autostrada, con un tramonto mozzafiato, la musica a tutto volume e … insomma, mi sentivo alla grande. Non passò molto però, che una strana ansia mi colse: sentivo che c’era qualcosa di sbagliato. Guardai l’orologio ed allora capii: erano le otto passate e la festa doveva svolgersi a non più di venti minuti di strada dalla mia abitazione, mentre io stavo guidando ormai da più di un’ora! Fuori era ormai quasi del tutto buio e, dal poco che si poteva distinguere, intorno a me vi era solo deserto!

   Pensai che, evidentemente, mi ero lasciata sfuggire l’uscita giusta e così, dopo un’inversione di marcia, continuai il mio viaggio nella direzione opposta ma, più cercavo di correggere il mio errore, più riuscivo a perdermi. Come non bastasse, su quella strada non passava nessuno, neppure un automobilista in nessuno dei due sensi. All’inizio non ero preoccupata ma, dopo un’altra ora di guida al buio, senza arrivare da nessuna parte, con la benzina ormai quasi in riserva, cominciai a sentirmi veramente nervosa. Decisi comunque che non tutto era perduto. Dopotutto potevo sempre fermare una macchina e chiedere aiuto, no?

  Mi accostai quindi al lato della strada, accesi la luce nell’abitacolo per farmi notare e cominciai a lampeggiare alle macchine che passavano. La cosa però non funzionò, poiché le macchine che passavano erano pochissime ed anche quelle poche non si fermavano. Quando alla fine un camion si fermò e due uomini grandi e grossi ne discesero, ridendo ed gridando frasi sconce, avviai immediatamente il motore e fuggii di lì, il più velocemente possibile. A quel punto mi sentii veramente in preda al panico. Cominciai a piangere ed a gridare con tutto il fiato, cercando aiuto. Ma quale aiuto potevo trovare?!

   La benzina finì e, fermatami sul ciglio della strada, mi ritrovai lì, sola ed in mezzo al deserto! Dopo una mezz’ora, cominciai a sentire freddo. Non so se siate mai state nel deserto di notte: è come essere in inverno. Senza riscaldamento, ben presto cominciai a tremare. Ero sola, spaventata ed almeno ad otto ore dall’alba. Persi del tutto il controllo ed iniziai a piangere senza freno. Ero sicura che ormai fosse giunta la mia fine. Non avevo nulla con cui coprirmi, cosicché mi rannicchiai su di un sedile, mormorando fra di me: “Ohi, imale! (ohi, mamma!) Per favore, che qualcuno mi aiuti”.

   Persi la percezione del tempo, ma doveva essere passata circa un’ora, quando improvvisamente vidi avvicinarsi una macchina! Cominciai a lampeggiare come una pazza, pregando di uscire da quell’incubo. La macchina si fermò ad una certa distanza dalla mia. Il portello si aprì, e ne discesero tre uomini, tutti vestiti di nero ed uno di essi aveva in mano una pistola!  Il mio cuore iniziò a battere come un tamburo. Non mi avevano ancora raggiunto, avevo ancora una possibilità di scegliere, cosicchè uscii dalla macchina, pronta a correre, ma tutto quello che uscì fu un grido: “Shemà Israel!”…

    L’uomo con la pistola, di rimando, gridò: “Shemà Israel HaShem Elokeinu HaShem Echad!” Erano dei chassidìm Chabad della California, che avevano programmato di partire la mattina presto per un convegno, ma avevano ricevuto una telefonata dall’ufficio del Rebbe di Lubavich, che ingiungeva loro di partire subito. Nonostante avessero pensato fosse una cosa ben strana mettersi in viaggio di notte, in particolare senza aver dormito, per arrivare otto ore prima del convegno, il Rebbe, essi si dissero, non commette mai errori, e senza perdere tempo,  erano partiti. Io sono sicura che il Rebbe li ha mandati a salvarmi. Non vi è un’altra spiegazione. Essi mi diedero un po’della loro benzina e mi scortarono a casa, non lasciandomi fino a che non mi fui calmata. Sono stati meravigliosi. In seguito, però, cominciai a pensare: come aveva fatto il Rebbe a sapere di me? E perché si è preso cura di me? In fondo non ero neppure una Ebrea osservante. Così arrivai all’unica spiegazione possibile: si deve trattare di Moshiach in persona! Egli ha sentito che mi trovavo in difficoltà, ed il suo compito è di preoccuparsi per ogni Ebreo. Dopo di ciò, gli scrissi una lettera per ringraziarlo, ed egli mi rispose, pregandomi di iniziare a rafforzare altri Ebrei e me stessa, prendendo la decisione di osservare una qualche mizvà. Ed è quello che feci.” A quel punto, la segretaria prese un bel respiro, guardò le donne, sorrise e disse: “Uau! Grazie per aver ascoltato la mia storia!” Il gruppetto di donne comprese allora il reale motivo della loro visita al parlamento….

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