Preciso fino all’ultima lettera Pubblicato il 29 Marzo, 2012

Incontrare persone nei guai, purtroppo, accade spesso, ma guai come quelli di Moshè superavano ogni immaginazione. Eppure, proprio là dove non si vedeva uscita, il miracolo era pronto a rivelarsi nella maniera più dettagliata e completa immaginabile!

Come è abitudine presso tutti gli studenti di yeshivà di Chabad, il venerdì mattina è dedicato alla ‘campagna dei tefillìn’. I giovani si disperdono nei vari centri commerciali e in tutti gli angoli di passaggio, dove sia possibile offrire agli Ebrei interessati, la possibilità di mettere i tefillìn. È a proposito di uno di questi venerdì, che Refael Avraham Dobkin di Zfat racconta questa incredibile storia.

   “Ero uscito quel mattino col mio amico Israel Noach Friedman al centro commerciale ‘Merkaz Ghiora’. Dopo un’ora in cui meritammo di mettere i tefillìn a molti Ebrei, di tutte le età, passò davanti a noi un uomo di mezza età. Alla nostra offerta, egli rifiutò con un gesto della mano. Colsi in lui una certa esitazione, che mi indusse ad aggiungere alcune parole di spiegazione e di incoraggiamento. A quel punto egli si presentò come Moshe E., e nella conversazione che ne seguì, emerse la sua storia, piena di esperienze difficili e dolorose. Solo nell’ultimo anno Moshè aveva passato cinque difficili operazioni al cuore e i dottori non vedevano ormai una soluzione alla sua condizione medica. Lo ascoltai pieno di empatia e pensai a parole di conforto, ma Moshè, nel frattempo, si era arrotolato la manica, e chiedeva di poter mettere i tefillìn. Emozionato e commosso, recitò le benedizioni della Torà e lo Shemà Israel. Dopo essersi tolto i tefillìn, egli continuò con cuore pesante a raccontare la sua storia.

    Riguardo la sua salute, i dottori lo avevano informato che avrebbe dovuto sottoporsi ad ulteriori interventi, ancora più complicati dei precedenti. Se non fosse abbastanza, sua moglie aveva deciso di voler divorziare ed intendeva fargli causa per ottenere la metà delle sue proprietà. In più, pretendeva a tutti i costi di ottenere il possesso esclusivo della casa dove vivevano. A seguito della difficile situazione in cui ella lo aveva coinvolto, egli si ritrovò anche senza lavoro. Fu semplicemente licenziato. Si trovò così costretto ad accettare l’aiuto di amici, cosa alla quale non avrebbe mai creduto di dover arrivare. La parola disperazione era ben lontana dal descrivere il suo stato d’animo.

   Gli proponemmo di scrivere al Rebbe tramite l’Igròt Kodesh (una raccolta di lettere del Rebbe), per chiedere una benedizione. Moshè dapprima si mostrò restio, ma dopo aver sentito spiegazioni e racconti dei tanti miracoli derivati da questa possibilità di rivolgersi al Rebbe, egli accettò. Si sedette a scrivere una lunga lettera, descrivendo tutta la sua condizione e chiedendo una benedizione, per trovare la forza di affrontare tutto ciò. La risposta gli apparve nel volume 14, a pagina 426, dove egli aveva introdotto la lettera. “Ho felicemente ricevuto la sua lettera del 7 di Adàr Primo, nella quale egli scrive a proposito del miglioramento della sua salute e del fatto che si è già insediato in un appartamento. Possa essere la volontà di D-O, che anche una sistemazione  generale per ciò che riguarda i mezzi di sostentamento, si realizzi molto presto, secondo il suo desiderio. …e se vi sono state terribili difficoltà nel nostro paese precedente, e purtuttavia Colui il quale provvede nutrimento e sostentamento ad ognuno, ha portato mezzi di sostentamento a lui ed alla sua famiglia, non vi è allora alcun motivo di preoccupazione in proposito, e, come abbiamo visto chiaramente, quanto più cresce il suo livello di fiducia in D-O, tanto più aumenta l’energia e di conseguenza anche la possibilità di sistemarsi. In attesa di buone notizie a proposito di tutto ciò che è stato detto, possa essere volontà di D-O che, così come egli e sua moglie hanno visto la benevolenza dell’Onnipotente fino ad ora, essi possano trovare solo bontà e benevolenza nel luogo ove essi si trovano ora, con una buona sistemazione, salute e tranquillità.”

   Certo non vi era alcuna necessità di spiegare la risposta, data la chiarezza delle parole, che si riferivano nella maniera più evidente e diretta a tutti i soggetti per i quali Moshè aveva richiesto una benedizione: salute, l’appartamento, ecc. Non solo, il Rebbe diceva che anche la questione dei mezzi di sostentamento si sarebbe risolta secondo il suo desiderio, ed infine si riferiva anche alla situazione con sua moglie, che si sarebbe sistemata. Moshè era allibito! ‘Come è possibile che io scriva una lettera ad un libro, e la mia risposta si trovi lì?!’ egli gridò, pieno di emozione. Ben presto però il pessimismo tornò ad avere il sopravvento su Moshè e dovemmo di nuovo rinforzarlo, ricordandogli quanto cruciale fosse la sua fiducia in D-O, come condizione indispensabile per un miglioramento.

   Una settimana dopo, egli tornò, chiedendo di scrivere nuovamente al Rebbe, ed anche questa volta ricevette una risposta chiara in merito alla salute ed ai mezzi di sostentamento. Passarono quindi alcuni mesi quando, all’improvviso, lo incontrammo. Egli fu il primo a riconoscerci e ci corse incontro per salutarci. “Voi non ci crederete!”, gridò eccitato. “Il Rebbe di Lubavich è un gigante fra i giganti! Tutto si è sistemato ed in fretta! Sono ancora sotto shock ed ogni tanto devo pizzicarmi per essere sicuro di non stare sognando. Mia moglie ha deciso all’improvviso di rinunciare a farmi causa, ed è ritornata a vivere con me. Due settimane fa sono andato all’ospedale per la mia sesta operazione, alla quale da tempo mi preparavo anche mentalmente, ed invece, con mia grande sorpresa, dopo una serie di analisi, i dottori mi hanno informato gioiosamente…  che non vedevano più alcun motivo per operarmi…! Le parole del Rebbe si sono realizzate, una per una. Pensate che, qualche giorno fa, sono stato assunto per un impiego al distretto di polizia!’ Moshè non finì più di lodare il Rebbe, dicendo che la sua storia era divenuta il tema di conversazione più diffuso presso amici e conoscenti. Da allora, egli iniziò un contatto regolare con il direttore del Beit Chabad locale, partecipando a diverse attività. Fortunati noi, che abbiamo un simile Rebbe!”

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