Si può credere ai miracoli! Pubblicato il 29 Marzo, 2012

Al termine del suo racconto la ragazza era in preda ad un pianto inconsolabile. Rav Sandler le offrì un bicchier d’acqua e la calmò, dicendole di non preoccuparsi, poichè vi è a New York un Rebbe che già in passato ha aiutato, e certo anche ora aiuterà.

Rav Eliezer Sandler era Rabbino Capo nell’esercito del Sud Africa. Egli era un normale Rabbino ortodosso, tipo realista e pratico, senza pazienza per le storie di miracoli riguardanti Rebbe e chassidìm, e altre cose simili. ‘Storie della nonna”, le chiamava, con un gesto di sdegno. “D-O fa miracoli, Moshè ed il profeta Elia fecero miracoli, mentre un Rebbe al massimo dà consigli e guida la propria congregazione, ma certo non fa miracoli!” Tutto ciò, fino al giorno in cui sua moglie incontrò seri problemi nella sua gravidanza, tanto i che i dottori le dissero che doveva assolutamente interromperla, se no…  Essi iniziarono a girare di dottore in dottore, di specialista in specialista, senza trovare nessuno in grado di fornire loro una speranza. Non solo, l’ecografia aveva rivelato la presenza di gemelli! Due bambini! I dottori non facevano che spaventarli sulle conseguenze di un mancato aborto. Qualcosa diceva però loro di non arrendersi.

    Fu allora che un loro conoscente, personalità eminente nel mondo della Torà e di Chabad, rav Yosef Weinberg di New York, propose di parlare del loro problema al Rebbe di Lubavich, alla prima occasione. Così fu, e nel giro di breve tempo, rav Sandler ricevette un telegramma di risposta dal Rebbe: “… Sarà bene far controllare i vostri tefillìn e le vostre mezuzòt”. La meraviglia fu grande. Si sarebbe aspettato una benedizione, ma il controllo di tefillìn e mezuzòt… cosa c’entrava!? In un qualche modo, rav Sandler decise comunque di seguire le istruzioni del Rebbe, e i tefillìn e le mezuzòt furono portate ad un sofèr (uno scriba) esperto, cui fu spiegata la situazione. Non passò un’ora, che il telefono a casa di rav Sandler squillò. Era il sofèr con un messaggio urgente: “Rav Sandler, deve venire qui subito e vedere lei stesso! Immediatamente!”

  Al suo arrivo, rav Sandler trovò il sofèr attonito, mentre contemplava la pergamena sulla quale le lettere di tutte le parole risultavano  prive di qualsiasi errore o imperfezione, tranne quelle delle parole: “Peter col-rechem” (Esodo. 13:2) – “aprire ogni grembo”, che erano macchiate tanto da risultare irriconoscibili! Nuove pergamene della migliore qualità furono immediatamente comprate e introdotte nei tefillìn del rav. Non molto tempo dopo, i dottori si grattavano la testa, cercando di capire in che modo il problema fosse sparito. Due mesi dopo, sua moglie diede alla luce due splendidi, sani gemelli.

   Ma la storia non finisce qui. Tre anni dopo, una ragazza appartenente alla congregazione di rav Sandler, venne da lui con una storia straziante. Sua sorella di vent’anni era malata di anoressia e stava morendo. Tutto era iniziato con un’innocente dieta per perdere alcuni chili, fino a che la situazione non sfuggì di controllo. All’inizio la ragazza aveva tentato di nascondere il suo esagerato dimagrimento, ma in breve tempo fu chiaro che essa era ammalata. Ella considerava ogni grammo un sovrappiù, e vedeva il mangiare come un peccato, una debolezza. La famiglia non sapeva più cosa fare e la ragazza era ormai pelle ed ossa. Essa dovette infine essere nutrita per via endovenosa, al fine di essere mantenuta in vita, ma anche così, gradualmente, tutte le sue funzioni avevano iniziato a collassare, mentre crisi emotive di rabbia e di pianto bruciavano il residuo delle sue poche energie. Medici, psichiatri, specialisti di ogni tipo avevano tentato di aiutarla, senza risultato. Al termine del suo racconto la ragazza era in preda ad un pianto inconsolabile.

   Rav Sandler le offrì un bicchiere d’acqua e la calmò, dicendole di non preoccuparsi, poiché vi è a New York un Rebbe che già in passato ha aiutato, e certo anche ora aiuterà. Egli si fece dare il nome della sorella malata e quello della madre e chiamò l’ufficio del Rebbe. Rav Groner, uno dei segretari del Rebbe, rispose, segnò i dati e promise di richiamare, nel momento in cui ci fosse stata una risposta da parte del Rebbe. Egli però non chiamò. Dopo un’attesa di alcune ore, fu rav Sandler a richiamare, temendo forse che il suo numero fosse andato perso, ma il segretario lo rassicurò: il foglietto con i nomi, accompagnato da una spiegazione del caso, era stato immediatamente trasmesso al Rebbe. Solo che, semplicemente, il Rebbe non aveva dato alcuna risposta.

    La situazione si protrasse invariata per più di due settimane. Ogni giorno rav Sandler chiamava ed ogni giorno la risposta era che… non vi era alcuna risposta! Possibile che non vi fosse speranza per quella ragazza!? Finalmente, però, la risposta arrivò. “Il Rebbe è uscito dalla sua sua stanza esattamente alle 11 del mattino, (corrispondenti alle sei del pomeriggio nel Sud Africa) consegnandomi questo messaggio: “La ricorderò sulla tomba del mio suocero (il Rebbe precedente)”. Rav Sendler sentì rinascere la speranza. Quando però cercò di contattare la sorella, per trasmetterle la buona notizia, non riuscì in alcun modo a mettersi in contatto con lei, e così anche con tutto il resto della famiglia, per tutte le ore seguenti.

   La preoccupazione afferrò di nuovo rav Sandler, che cominciò a temere il peggio. Se nessuno avesse risposto fino all’indomani, egli si sarebbe recato personalmente all’ospedale, alla ricerca della ragazza. E così fu. Quando finalmente trovò la stanza e vide la sorella venirgli incontro, sospirò di sollievo. “Ma dove siete finiti tutti?! È da ieri che vi cerco, e nessuno mai risponde! Ho una buona notizia per voi.” “Rav, mia sorella mangia!” “Cosa?! Mangia?! Che meraviglia! Quando è successo?” “Esattamente alle sei del pomeriggio. Me lo ricordo perché ho guardato l’orologio, e da allora siamo tutti qui con lei. Per questo non ci ha trovati.” Le sei del pomeriggio, il momento esatto in cui il Rebbe aveva dato la sua risposta!

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