Un risveglio miracoloso Pubblicato il 29 Marzo, 2012

La medicina spesso è indispensabile come mezzo per arrivare alla guarigione. A volte, però, vi sono cure alternative, che non sempre sono costituite da vitamine, minerali o rimedi omeopatici, bensì da azioni spirituali, che hanno il potere di cambiare la realtà e produrre miracoli!"

Ogni volta che ci troviamo davanti al racconto di un miracolo, restiamo sempre colpiti dal rivelarsi della provvidenza Divina, che ci accompagna e ci aiuta ad ogni passo. Quando poi un simile racconto viene dalla bocca di uno stimato professore, primario di un reparto ospedaliero, l’impressione si fa ancora più forte. Il professor Patrik Sorkin, primario del reparto di terapia intensiva dell’ospedale “Ichilov” di Tel Aviv, accanto al suo ruolo medico di alta responsabilità, non nasconde di essere un chassìd Chabad. Un giorno venne ricoverato nel suo reparto un giovane ragazzo in condizioni critiche, in conseguenza a un grave incidente. Subito dopo l’incidente, il ragazzo era stato ricoverato in un altro ospedale, dove era stato sottoposto ad un intervento, per il drenaggio del sangue che si era accumulato nel suo cervello, a causa di una emorragia. Solo che, a operazione terminata, dopo che anche l’effetto dell’anestesia si era ormai dileguato, si scoprì che il ragazzo… semplicemente non si svegliava. Questa condizione si protrasse per un periodo abbastanza lungo, durante il quale il giovane fu trasferito in diversi ospedali, dove venne usata ogni risorsa, nel tentativo di farlo uscire da quel sonno innaturale, ma tutto senza risultato. Sempre sprofondato nel suo coma profondo, il ragazzo arrivò infine nel reparto di terapia intensiva del professor Sorkin, nell’ospedale “Ichilov”.

   “Mi faceva male, soprattutto, vedere i famigliari” – racconta il prof. Sorkin. “Li vedevo costantemente intorno al letto del giovane, mentre i giorni passavano e non si riscontrava alcun miglioramento. Riguardo alle cure mediche, ci sforzammo di fare il nostro massimo, ma si trattava, purtroppo, di uno di quei casi in cui la medicina non ha risposte, e solo un miracolo ormai poteva risvegliare il ragazzo da quel sonno innaturale, in cui era sprofondato. Spiegai ciò ai genitori, ma aggiunsi anche che c’era qualcosa che proprio loro potevano fare. Essi rimassero sorpresi e vollero sapere di cosa si trattasse. Spiegai allora che, con un’aggiunta nella loro osservanza della Torà e delle mizvòt, essi potevano influenzare positivamente la condizione del figlio, grazie al potere benefico che le forze spirituali sono in grado di produrre anche sul corpo fisico della persona.”

   Dopo qualche ulteriore spiegazione, i genitori presero delle decisioni in merito: la madre avrebbe acceso le candele del Sabato, mentre il padre si sarebbe sforzato di mettere i tefillìn ogni giorno. Trascorsi alcuni giorni, però, essi si rivolsero nuovamente al professore, per dirgli che, nonostante avessero cercato di seguire i suoi consigli, nessun risultato  sembrava derivare dalle loro azioni. “Perché non provate a mettere i tefillìn direttamente a vostro figlio?”,  proposi loro a quel punto. “A chi?! A nostro figlio?” “Sì”. “Mettere i tefillìn a uno che sta lì, come un vegetale?” “Perché no? Di fatto, egli è una persona viva e non c’è alcun problema a mettergli i tefillìn. Sono certo che ciò potrà essergli soltanto di aiuto”, risposi loro. Sentire queste cose dalla bocca del primario del reparto, a quanto pare fece loro un qualche effetto, dato che, nonostante i dubbi che continuavano a nutrire in proposito, essi decisero di seguire anche quel consiglio.

   “Passò una settimana, quando di nuovo incontrai il padre, che mi sembrò in preda ad una grande emozione. “Ogni volta che gli metto i tefillìn, colgo in mio figlio una qualche reazione: il socchiudersi di un occhio, una piccola contrazione del volto… Bisogna che lei lo veda coi suoi occhi”, mi disse, trascinandomi quasi a forza nella stanza del ragazzo. Il miracolo non finì qui. Dopo una settimana, il giovane, ormai perfettamente sveglio, poté essere trasferito in un reparto normale dal quale, dopo non molto tempo, fu dimesso e rimandato a casa, grazie a D-O, in perfetta salute. I genitori riconobbero che la guarigione,  pur essendo avvenuta nel nostro reparto, era arrivata da una fonte ben diversa da quella che essi si sarebbero aspettati!”

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