Un viaggio improvviso Pubblicato il 29 Marzo, 2012

Quando il Rebbe manda un suo chassìd in missione, spesso quest'ultimo non ne conosce neppure lo scopo. La sua completa fiducia, però, lo fa arrivare al posto giusto, al momento giusto, dove un ennesimo miracolo si può operare.

La sua infanzia, Eli Grossmann la trascorse a  Curasào, un’isola dei Caraibi. Le leggi di quello Stato obbligavano ogni allievo a scegliere di frequentare uno dei due unici istituti educativi esistenti sull’isola, quello cattolico o quello protestante, e, naturalmente, a partecipare a tutte le attività scolastiche, comprese le lezioni e le cerimonie religiose. Eli, nonostante fosse cresciuto in una casa in cui non si osservavano la Torà e le mizvòt, si oppose con tutte le sue forze ad una qualsiasi partecipazione, che lo vedesse parte di un’altra religione. La sua ostinazione Ebraica gli costò un caro prezzo: i suoi compagni di classe goìm attaccavano briga con lui ogni giorno, con il beneplacito evidente del direttore…

     Nonostante tutto, Eli riuscì a sopravvivere fino alla settima classe. In quell’anno, il livello di opposizione nei suoi confronti crebbe al punto tale, da risultare ormai impossibile per le sue forze, resistervi. Il direttore gli disse in faccia, chiaro e tondo, che la violenza, che si manifestava contro di lui era ampiamente meritata, e per Eli fu evidente, che il futuro che gli si prospettava in quel posto, non sarebbe stato roseo. A quel punto, per sopravvivere, cominciò ad assentarsi dagli studi. Passava le sue giornate al club del golf locale. All’ora in cui finivano gli studi, poi, si faceva trovare puntuale all’uscita della scuola, dove suo padre veniva a prenderlo ogni giorno. Così riusciva a sfuggire alla pressione tremenda dei suoi compagni, che lo aspettava a scuola, senza procurare un dolore a suo padre, che nutriva tante aspettative nei confronti dei suoi studi…

   Solo che, un bel giorno, fu messo fine a quel particolare andamento delle sue giornate. Il direttore, infatti,  invitò il padre ad un colloquio, per verificare le cause dell’assenza prolungata del figlio. Il padre rimase molto sorpreso. Tutti i giorni, egli lo portava a scuola e lo veniva a riprendere. Dove passava il tempo, suo figlio?! Lo stesso giorno, quando il padre andò a prendere Eli, alla fine dell’orario scolastico, gli chiese, così, come per caso, se in quel giorno fosse stato presente agli studi. Eli restò ammutolito. La domanda lo aveva colto completamente di sorpresa. “E tutta la settimana?”, continuò il padre. Eli non sapeva mentire. Egli ammise tutto, spiegando nei dettagli la realtà dei fatti. Il padre esaminò la situazione in tutti i suoi aspetti e presentò a suo figlio due possibilità: o accettare le regole e piegarsi alle richieste della scuola, o abbandonare gli studi ed affiancare quotidianamente il padre, nel suo lavoro, un lavoro duro e massacrante. Eli non aveva dubbi sulla scelta. Il giorno dopo, tornò a scuola, entrò senza proferire parola nella stanza del direttore e depose in pila i suoi libri di scuola sulla sua scrivania…

      Nei giorni seguenti il padre cominciò a ricevere lettere dagli uffici del governo, che lo avvisavano che, secondo la legge, suo figlio era obbligato a frequentare uno degli istituti presenti sull’isola. Vi furono lettere, il cui tono aggressivo, comprendeva anche minacce. I genitori di Eli, tuttavia, non si piegarono e diedero al figlio tutto il loro sostegno, nonostante si trovassero davanti ad un completo isolamento sociale. Una notte, il padre fece un sogno, in cui vide se stesso quand’era piccolo, seduto sulle ginocchia di sua nonna, che gli diceva queste parole: “Tesoro, ogni volta che ti troverai in una situazione difficile, sappi che il Rebbe di Lubavich è l’unico che ti può aiutare”. Questa era la prima volta nella sua vita che sentiva nominare questo nome. Non aveva idea di chi si trattasse. L’indomani mattina andò in sinagoga. Si trattava di una piccola sinagoga, situata in un  vecchio e modesto edificio. Chiese all’inserviente di aprirgli la porta, si diresse all’Arca Santa e lì, aprì e riversò tutta l’amarezza del suo cuore.

     Alcune ore prima, ad una grande distanza da lì, a Brooklin, New York, rav Moshè Kotlarski, incaricato con funzioni essenziali nel dipartimento degli emissari di Chabàd, venne chiamato al telefono, da rav Chàdakov, segretario personale del Rebbe di Lubavich. Rav Chàdakov gli fece capire che il Rebbe stesso era in ascolto e gli disse: “Il Rebbe vuole che tu prenda il primo volo per l’isola di Curasào”.  Quando il Rebbe chiede qualcosa ad un chassìd, il chassìd non fa domande. Immediatamente rav Kotlarski si mise in viaggio e, accompagnato da un amico, prese l’aereo per Curasào. Usciti dall’aeroporto locale, i due non sapevano dove dirigersi. Fermarono un taxi, e chiesero all’autista di condurli alla sinagoga del posto. Gli autisti di taxi, a Curasào, sono abituati a richieste di questo tipo. Molti turisti Ebrei giungono in quest’isola, e in genere essi vogliono visitare la sua grandiosa sinagoga, “Mikvè Israèl Emanuèl“, che è la più antica dell’emisfero meridionale. Sarebbe stato normale, che l’autista li avesse condotti lì. Ma non fu così. Non si sa perché, l’autista li condusse proprio alla sinagoga piccola e modesta di una stradina laterale.

    Quando il taxi si fermò davanti all’edificio, rav Kotlarski vide un Ebreo, che ne stava uscendo. Rav Kotlarski si rivolse all’uomo e si presentò: “Siamo stati inviati qui dal Rebbe di Lubavich. E’ nostro desiderio conoscere la Comunità Ebraica del posto, i suoi capi ed i suoi membri. Abbiamo intenzione di alloggiare nell’hotel “Plàza”, qui in città. Avreste forse la possibilità di venirci in aiuto, in qualche modo?”. L’uomo in questione non era altri che il padre di Eli Grossmann, che aveva appena finito di aprire il suo cuore davanti all’Arca Santa. Al sentire quelle parole, per poco non svenne! Subito si ricordò di quello che sua nonna gli aveva detto in sogno, e non riusciva a credere a ciò che le sue orecchie sentivano.

   Dopo essersi ripreso, si rivolse a rav Kotlarski, rivelandogli la triste condizione in cui la sua famiglia era costretta. A quel punto, rav Kotlarski capì perfettamente perché era stato mandato lì. Egli invitò Eli a New York, a partecipare al campeggio estivo del “Gan Israel” di Chabàd, e a proseguire poi nella Yeshivà, come studente. Eli uscì, così, dal terribile isolamento e dall’esperienza così difficile, che aveva vissuto nell’isola di Curasào, crebbe e diventò un giovane chassìd in tutto e per tutto, grazie alla capacità del Rebbe di vedere in ogni Ebreo, anche se lontano.

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