Uno Shabàt particolare Pubblicato il 29 Marzo, 2012

“Cosa!? Intendete dire che dobbiamo fermare degli estranei per strada, chiedere se sono Ebrei e dire loro di osservare i Comandamenti? Penseranno che siamo matti! Chi farà una cosa simile? E come si può fare?”

 Il Rebbe precedente, Rabbi Yosef Yzchak, visse i suoi ultimi dieci anni negli Stati Uniti, dove gettò le fondamenta per la massiva opera di diffusione dell’Ebraismo a livello mondiale, che fino ad oggi continua ad espandersi ed a fiorire. Già a quel tempo il suo genero e futuro successore, il Ramash (Rabbi Menachem Mendel Schneerson), aveva iniziato a rivelare le sue doti particolari di leader, doti che superano i limiti della natura. Vi è in proposito una storia del tutto stupefacente.

    Uno Shabàt dopopranzo, durante un incontro chassidico (itvaàdut), egli parlò ad un gruppo di una ventina di Chassidìm, dell’importanza dell’amore verso tutte le creature di D-O, ed in particolar modo dell’amore per ogni Ebreo. “Ogni Ebreo, non importa cosa faccia o pensi, è un Tempio sacro, che ha in sé il potenziale di rivelare il Creatore e il desiderio di seguire la Sua Torà. Ed è nostro compito raggiungere ogni Ebreo, per strada, ove egli si trova, ed aiutarlo a rendersene conto.” Queste parole produssero una grande impressione, poiché era ovvio che egli intendeva con ciò, che bisognava passare all’azione.

   In quei giorni, non era una cosa abituale “uscire fuori” con l’Ebraismo e portarlo ad ogni Ebreo. “Invadere” il mondo degli Ebrei non-osservanti con la Torà, era un concetto completamente sconosciuto. Fu inevitabile quindi la reazione di meraviglia da parte dei presenti: “Cosa!? Intendete dire che dobbiamo fermare degli estranei per strada, chiedere se sono Ebrei e dire loro di osservare i Comandamenti? Penseranno che siamo matti! Chi farà una cosa simile? E come si può fare?” Il Ramash si alzò allora e disse: “Venite. Ve lo mostrerò.” Egli uscì quindi dalla sinagoga, mentre tutti lo seguivano.

    Per un po’ il gruppetto stette lì sul marciapiede, a guardare i passanti, fino a quando il Ramash non vide una donna, che attraversava la strada trasportando alcune borse della spesa. Egli si diresse allora verso di lei, con il suo seguito appresso, le sorrise e la salutò cordialmente. Dopo che anch’ella ebbe risposto al saluto, egli si scusò educatamente per la sua schiettezza e le chiese se fosse Ebrea. Ella rispose affermativamente, al che egli le chiese, con lo stesso tono cordiale, se sapesse che, secondo la legge Ebraica, era proibito trasportare, nel giorno del Sabato. Ella ammise di aver sentito una volta qualcosa di simile ma, non essendo mai stata religiosa e non avendo nessuna intenzione di diventarlo in futuro, la cosa di fatto non la riguardava. Ella non mostrò comunque in alcun modo di sentirsi molestata da quella conversazione. Sembrava anzi aver piacere di parlare con qualcuno, che sembrava così sinceramente interessato al suo benessere.

    Il Ramash cominciò allora a spiegarle i grandi benefici derivanti dall’osservanza dello Shabàt. Quanto ciò fosse significativo e portatore di vera gioia. Come fosse un dono speciale per il popolo Ebraico il collegarsi con lo scopo stesso della creazione. Come questo fosse un giorno di riposo ed un apporto di rinnovata vitalità. Come gli Ebrei avessero osservato il Sabato in tutte le avversità per più di tremila anni, ed infine, come lo Shabàt protegga quelli che lo osservano.

   La donna ascoltò ogni parola con grande attenzione, sembrando pure d’accordo a tratti, ma alla fine gettò un’occhiata alle proprie borse, sorrise e fece un gesto come per dire: “Molto bene Rabbi, e cosa dovrei fare allora di queste?” Il Ramash le disse allora: “Non vi è alcun motivo di preoccupazione per la vostra spesa o per il vostro borsellino. Potete lasciarli qui. Noi resteremo a controllarli e a proteggerli, così che saranno al sicuro. Quando poi, fra poche ore, il Sabato sarà uscito, potrete venire a riprenderle.” “Ah no, Rabbi” – ella rispose – “non posso certo fare una cosa simile. Mai più vorrei darvi tanto disturbo, e poi non so nemmeno chi voi siate. Grazie comunque per il vostro interessamento. Buon Sabato” – e cominciò ad avviarsi. “Mi scusi,” disse calmo il Ramash, “quando ho detto che il Sabato ci protegge, non intendevo solo che protegge quelli che lo osservano, ma anche i loro famigliari…”

   La donna si fermò, divenne improvvisamente seria ed i suoi occhi si riempirono di lacrime, mentre fissava il Ramash. “Rabbi,” ella disse “ io ho un figlio nell’esercito, ed ora si trova in Germania. Sono terribilmente preoccupata per lui. È molto importante per me quello che avete appena detto. Voi volete dire che se io osservo il Sabato, D-O lo proteggerà?” “Io sono sicuro” le rispose “che D-O lo proteggerà sia che lei osservi il Sabato, sia che no, ma ciò che è certo è che la sua osservanza lo aiuterà.” “E voi starete qui a controllare le mie cose?” “Sì” le rispose, “e voi non avrete nulla di cui preoccuparvi. Al termine del Sabato, presentatevi agli uffici della sinagoga, e troverete ad aspettarvi lì tutte le vostre cose.” La donna lo ringraziò, pose in terra tutte le sue borse, si rivolse agli altri giovani presenti e, ringraziando anche loro, disse “Buon Sabato”, e se ne andò. Poche ore più tardi, tornò a prendere i suoi effetti e la storia sembrò finire lì. Il Rebbe aveva dimostrato come, di fatto, ogni Ebreo vuole sentire parlare di Ebraismo. Dipende solo da noi, ‘uscire’ un po’ da noi stessi. Vi è però un seguito di questa storia.

     Alcuni mesi dopo, la donna tornò negli uffici della sinagoga, raccontando al segretario cosa fosse accaduto quel Sabato e chiedendo di poter parlare con il Rabbi che le aveva parlato quel giorno; ella voleva infatti ringraziarlo. Quando il Ramash apparve, ella si emozionò moltissimo. “Quel che lei ha fatto quel Sabato è stato un miracolo, Rabbi. Non so come sia successo, ma è un miracolo! Guardate!” Ella prese una busta dalla borsa, ne estrasse una lettera e disse: “È di mio figlio. Me l’ha scritta il giorno dopo quel Sabato. Sentite cosa dice”, ed iniziò a leggere: “Cara mamma, non sai che miracolo sia per me essere ancora in vita e poterti scrivere questa lettera. Sto ancora tremando e stento a crederci io stesso. Ieri, circa venticinque di noi sono stati inviati ad eseguire una ‘semplice’ spedizione. La zona avrebbe dovuto essere sicura e libera da forze nemiche, ma quando eravamo ad un’ora dalla base, un intero battaglione di tedeschi ci ha circondato e pallottole e granate hanno cominciato a volare e ad esplodere da ogni parte. Erano armati fino ai denti e noi non avevamo alcun luogo nel quale ripararci. Era un inferno ed io ho visto i miei compagni, Joey, Sam, Mickey, saltare in aria e, ridotti a pezzi, gridare inutilmente aiuto. È stato terribile. Ero sicuro che non ti avrei mai più rivisto. Ho detto persino ‘Shema Israel’, aspettando di morire. Ma i proiettili e le bombe continuavano a mancarmi. Me ne stetti lì, coprendomi semplicemente la testa e pregando, quando all’improvviso, dal nulla, sono arrivati i rinforzi! Ero salvo!! Mamma, tutti i nostri uomini sono rimasti uccisi! Tutti, eccetto me. È stato un miracolo! Io ringrazio D-O per essere vivo e spero in D-O, che questa guerra finisca presto e che io possa ritornare a casa.” Il Ramash sorrise e disse: “Sono contento di sentire che vostro figlio stia bene. Ed io spero che entrambi voi continuiate ad osservare il Sabato, portando così ulteriore benedizione nel mondo.”

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