Malattie di cuore Pubblicato il 23 Agosto, 2015
Eli, abitante di Lod, nonostante l’età avanzata, era una persona dinamica ed attiva; questo, fino a quando un grave infarto non cambiò completamente la sua vita. I dolori incessanti e la quasi totale immobilità alla quale era costretto gli tolsero qualsiasi desiderio di vivere, ma, quando ormai pregava solo di poter morire, incontrò il suo vecchio amico, Shlomo, il chabàdnik....
Eli, abitante di Lod, nonostante l’età avanzata, era una persona dinamica ed attiva; questo, fino a quando un grave infarto non cambiò completamente la sua vita. Costretto per vario tempo a letto, la sua natura così poco abituata all’immobilità lo fece soffrire quasi al pari dei forti dolori fisici, a volte insopportabili, che provava. Le istruzioni dei dottori, al suo rilascio dall’ospedale, prevedevano una vita piena di limitazioni: non innervosirsi, non affaticarsi, uscire a passeggiare, ma solo verso sera, e così via. La moglie di Eli studiò attentamente tutti gli avvertimenti del medico e, dalla sua espressione, Eli capì che li stava prendendo molto sul serio e che in lei avrebbe trovato un ‘guardiano’ molto severo. Eli tornò a casa pieno di incessanti dolori. Nella sua ‘passeggiata’, verso sera ovviamente come da ordine medico, Eli camminava a passi lenti, gemendo per il dolore e fermandosi di tanto in tanto, per appoggiarsi a un muretto. In una di queste passeggiate, proprio durante una sosta, mentre si mordeva le labbra per il dolore, Eli vide avvicinarsi un amico, Shlomo. Quando si rese conto della condizione in cui si trovava Eli, Shlomo, abituato com’era a vedere il suo amico sempre arzillo e pieno di vita, non poté credere ai propri occhi. “Eli, come stai, dove eri sparito, ti è successo qualcosa?” ‘Qualcosa?’ pensò Eli, con un riso amaro dentro di sè. ‘Ben più di qualcosa!’ A quel punto, Eli raccontò all’amico cosa aveva passato, descrivendogli i dolori lancinanti che lo accompagnavano in ogni momento, come ‘amici’ fedeli, che non si separano neanche per un attimo. Alla fine, con un amaro sospiro, Eli concluse: “Non credo più ormai che uscirò da tutto ciò. Si vede che in cielo è stato decretato che dovrò finire così i miei giorni.” Shlomo si interessò ai tipi di cure ed ai farmaci che aveva ricevuto, ed Eli gli spiegò che i medici avevano provato con lui tutto il possibile. “Ho visitato tutti gli specialisti nel campo e ho preso tutti i farmaci. Per il mio problema, l’unica soluzione è la morte.” Shlomo, che era un chassìd Chabad, chiese ad Eli se avesse già scritto al Rebbe di Lubavich. “Al Rebbe di Lubavich?” chiese Eli. “Non sono mica un suo chassìd. Cosa c’entro io con lui? Non gli ho mai scritto quando stavo bene, perché mai dovrei scrivergli adesso?” Shlomo raccontò ad Eli storie prodigiose di persone in condizioni disperate, che erano state salvate dalle benedizioni del Rebbe, ma tutto ciò non valse a convincerlo. Con tutto il rispetto, Eli non conosceva il Rebbe, non gli aveva mai scritto, ed anche ora non pensava proprio di scrivergli. Shlomo gli propose allora di scrivere lui stesso al Rebbe, a nome suo. Eli, con un sospiro di resa, disse: “Va bene, scrivi tu. Ma sai cosa? Fammi aggiungere qualche parola alla fine della lettera”. Quando Shlomo lesse le parole di Eli, sentì un brivido: “Rebbe, i dolori che sento al cuore sono terribili! Non posso più sopportarli. Preghi per me, affinché io possa morire presto!” Conoscendolo, Shlomo pensò che sarebbe stato inutile cercare di convincere Eli a cambiare quello che aveva scritto. Spedì quindi la lettera, così come era. Qualche settimana dopo, Eli trovò nella cassetta delle lettere la risposta del Rebbe, in cui gli diceva di far controllare le mezuzòt del suo appartamento. Eli tolse dagli stipiti tutte le mezuzòt e, durante la sua passeggiata quotidiana, le portò a rav Kaplan, un rabbino che conosceva bene e di cui si fidava, in modo che le controllasse. La reazione di rav Kaplan alla vista delle mezuzòt stupì Eli. Rav Kaplan semplicemente sorrise. “Perché sorride?”, chiese Eli, senza capire. Rav Kaplan, che conosceva Eli e la sua storia, disse: “Tu ed una delle tue mezuzòt soffrite della stessa malattia.” La risposta stupì ancora di più Eli. Rav Kaplan chiarì subito cosa intendesse. “Tu soffri di una malattia al cuore, e nella tua mezuzà, la parola ‘il tuo cuore’ è cancellata. Anche la mezuzà è malata di cuore”… Quello stesso giorno, Eli comprò una mezuzà nuova e di buona qualità e la affisse al posto dell’altra. L’indomani mattina, Eli si svegliò pieno di energia, come da tempo non ricordava. La moglie lo guardò sconcertata e preoccupata. Gli avvertimenti del medico risuonavano sempre nelle sue orecchie, mentre il comportamento del marito sembrava all’improvviso non tenerne più in alcun conto. Pareva tornato ad essere la persona di prima della malattia. “Eli, che succede? Dove vai? Esci di mattina, con questo sole? Sei malato di cuore. Non ti ricordi?” Eli le raccontò della risposta del Rebbe e della mezuzà che aveva sostituito, ma tutto ciò non smosse sua moglie di un millimetro. “Non dirmi che quel tuo amico Chabad è riuscito a convincerti di tutte queste stupidaggini… basta! Devi rimetterti a letto.” Ma non ci fu verso. Alla fine, Eli convinse sua moglie ad accompagnarlo dal medico per un controllo. Il medico non amava eseguire analisi senza che ce ne fosse motivo. “Pagheremo quel che sarà necessario”, insistette Eli. Sulla via del ritorno, la moglie di Eli non ebbe ormai più nulla da ridire sulle ‘stupidaggini’ dell’amico. Aveva potuto vedere con i suoi stessi occhi il collegamento diretto che c’è fra una mezuzà ‘sana’ e un cuore sano!