Amore, pace ed unità Pubblicato il 27 Giugno, 2018
D-O è il Padre in Cielo di tutti gli Ebrei, giovani o vecchi, uomini o donne. Quando si sottopone una richiesta ad un padre, si dovrebbe prima fare qualcosa per compiacerlo. E non vi è piacere più grande per un padre, che vedere i propri figli comportarsi gli uni con gli altri armoniosamente, con amore fraterno.
‘Ama il tuo prossimo come te stesso’
Yud Bet Tamùz (il 12 Tamùz) è la ricorrenza chassidica che segna la liberazione del Rebbe Rayàz (il precedente Rebbe di Lubavich) dall’imprigionamento sovietico, volto ad stroncare la vasta opera, da lui condotta, per la salvezza e la diffusione dell’Ebraismo, che la ferrea opposizione del governo comunista cercava in tutti i modi di far estinguere, con uno stato di vero e proprio terrore. Quando il Rebbe Rayàz arrivò al suo bar–mizva, al compimento cioè del suo tredicesimo anno (che per ogni giovane Ebreo segna il raggiungimento della suo maturità religiosa, con cui egli diviene responsabile dei propri doveri nei confronti della Torà e dei suoi precetti), suo padre, che era anche il suo mentore, gli disse di porre qualche domanda (come era uso presso i Rebbe, fin dall’Admòr HaZakèn). Il Rayàz chiese allora perché, nel siddùr (libro di preghiera) dell’Admòr HaZakèn, fosse detto che, prima della preghiera, si deve dichiarare: “Io prendo su di me il precetto positivo ‘Ama il tuo prossimo come te stesso’”? Qual’è il collegamento fra questo precetto e la preghiera? Se è per insegnarci che la prima cosa da fare ogni giorno è collegarsi al nostro prossimo, ai nostri fratelli Ebrei, questa dichiarazione dovrebbe allora essere fatta più presto, insieme alle benedizioni del mattino, senza aspettare fino al momento dell’inizio della preghiera stessa! La spiegazione di suo padre fu che, durante la preghiera, si fanno richieste per ogni tipo di bisogno. D-O è il Padre in Cielo di tutti gli Ebrei, giovani o vecchi, uomini o donne. Quando si sottopone una richiesta ad un padre, si dovrebbe prima fare qualcosa per compiacerlo. E non vi è piacere più grande per un padre, che vedere i propri figli comportarsi gli uni con gli altri armoniosamente, con amore fraterno. Nonostante i figli siano molti, ed ognuno sia diverso dall’altro, ciascuno ama l’altro come se stesso – “ama il tuo prossimo come te stesso”. Questo è il motivo per il quale bisogna affermare questo precetto, proprio prima della preghiera. Questo episodio segnò l’inizio stesso della vita del Rebbe Rayàz come Ebreo maturo e servì da preparazione per il suo futuro di leader del popolo Ebraico.
Un insegnamento valido per tutti
Il fatto che il Rebbe Rayàz ci abbia raccontato questo episodio, dimostra senza dubbio che esso offre un insegnamento anche ad ognuno di noi. Ognuno di noi ha una qualche influenza su determinati ambiti, si tratti anche solo della propria famiglia o, comunque, perlomeno di se stesso. Per questo, all’inizio del lavoro personale di ognuno su se stesso, e come introduzione alla sua particolare forma di ‘leadership’, l’Ebreo deve sapere che, volendo chiedere una benedizione di riuscita a D-O, il primo passo da compiere e la preparazione più adatta è proprio il legame d’amore con ogni Ebreo. Ciò sarà una preparazione e uno strumento perchè l’Onnipotente esaudisca le sue richieste, poiché la pace è ciò che è in grado di contenere in sè entrambe le benedizioni, sia quella spirituale che quella materiale.
Con l’amore disinteressato si porta Moshiach
Questo principio riguarda in particolare questi giorni. Noi ci troviamo nel periodo delle ‘Tre Settimane’, durante le quali ricordiamo la distruzione del Tempio e gli altri eventi occorsi in questo periodo (il 17 di Tamùz fu aperta una breccia nelle mura di Gerusalemme, la città fu invasa e, tre settimane dopo, il 9 di Av, il Tempio fu distrutto). Il nostro obbligo di ricordare ciò non è ovviamente in funzione di un puro atto di memoria, ma serve a derivarne un insegnamento per la nostra condotta presente. Cosa impariamo dal ricordare la distruzione del Tempio e portarne il lutto? Fondamentalmente, la necessità di annullare la causa stessa della distruzione. I nostri saggi ci dicono che la distruzione fu causata dall’odio gratuito. Per questo, noi dobbiamo eliminare quella causa: l’odio gratuito lo si annulla con l’amore gratuito, disinteressato. Deve esservi amore per ogni Ebreo, indipendentemente dalle sue qualità. Va amato, quindi, anche chi non ci ha mai fatto alcun favore e anche colui dal quale non avremo mai bisogno di alcun favore. Va amato anche l’Ebreo che non si è mai incontrato né visto, ed anche quello per il quale non si può trovare alcuna ragione, alcuna qualità positiva, che possa giustificare sentimenti d’amore; anch’egli va amato. Questo amore, questa pace ed unità è lo strumento per la benedizione, compresa la benedizione più grande: che D-O ci mandi subito il nostro giusto Moshiach (Messia) a redimerci con la Redenzione completa e finale.
(21 Tamùz 5721)