Parole egiziane nei dieci Comandamenti?! Pubblicato il 1 Febbraio, 2018

Non è sufficiente che l’Ebreo si impegni nella Torà, nella preghiera e nell’adempimento dei precetti. Egli deve santificare anche la sua vita materiale quotidiana, così che anche in essa si possa rivelare la santità. In ciò si esprime lo scopo di tutta la Torà.

Anochi“Io (Anochì) sono l’Eterno tuo Signore” (Shemòt 20:2)
Quando l’Eterno si manifestò agli occhi di tutto il Popolo d’Israele al Monte Sinai per dare loro la Torà, iniziò a pronunciare i Dieci Comandamenti dicendo: “Io (Anochì) sono l’Eterno tuo Signore…”. In riferimento a ciò, il midràsh dice: “Anochì (Io) – è un termine egiziano”. Ciò suscita un grandissimo stupore, dato che i Dieci Comandamenti sono il fondamento centrale, che rappresenta il compendio di tutta la Torà. I primi due comandamenti, poi, sono ancora più santi degli altri, poiché “Io sono” e “Non avrai altri dei” noi li abbiamo uditi direttamente dalla bocca dell’Onnipotente. E dei due, il primo è ancora più elevato, e la parola Anochì, con la quale esso inizia, si riferisce all’Essenza Stessa di D-O, come fa intendere la Ghemarà, quando dice che Anochì è l’acronimo di un verso che, in riferimento alla Torà, significa che, in essa, ‘Io ho scritto e dato Me Stesso’. Data l’importanza e l’elevatezza eccezionale di questo termine, come è possibile che esso sia una parola egiziana?!

Lo scopo lo richiede
Per comprendere ciò, è necessario prima approfondire il significato e lo scopo della rivelazione stessa di D-O sul Monte Sinai. La Torà non è stata data solo per conservare e tutelare la santità della ‘lingua sacra’. Se fosse stato unicamente per un simile scopo, non ci sarebbe stato bisogno della forza prodigiosa che si rivelò negli eventi del Monte Sinai. Il Santo, benedetto Egli sia, scese sul Monte Sinai per rendere possibile la santificazione e l’elevazione delle cose più basse e inferiori, come la lingua egiziana. La Torà veniva studiata anche prima del Matàn Torà, la santità esisteva anche prima del Matàn Torà. Lo scopo degli avvenimenti del Monte Sinai fu quello di permettere alla realtà materiale di collegarsi alla santità: santificare ed elevare anche le cose più lontane dal mondo della Torà e della santità. Essendo questo il fine e lo scopo, esso si esprime immediatamente nella prima parola dei Dieci Comandamenti, in modo da conferire la forza di collegare la lingua egiziana, che rappresenta ciò che c’è di più profano, con il massimo grado della santità, con D-O Stesso.

Per arrivare a D-O benedetto
Il rivestirsi di D-O Stesso della lingua egiziana viene ad insegnarci che la via che conduce a Lui passa proprio per le cose basse e inferiori. Per quanto il nostro impegno nella Torà e nella preghiera (la ‘lingua santa’) sia grande ed importante, tramite esso noi possiamo arrivare solo ad un grado di santità limitata. A D-O Stesso si arriva invece proprio attraverso la ‘discesa nell’Egitto’, che permette l’elevazione alla santità della realtà bassa e materiale. Proprio quando l’Ebreo esce dai suoi quattro cubiti di Torà e di preghiera e si occupa di cose materiali secondo i dettami della Torà, egli arriva a D-O Stesso e adempie alla Sua volontà ed allo scopo essenziale della creazione e del Matàn Torà.

Elevare la materialità
Non è sufficiente che l’Ebreo si impegni nella Torà, nella preghiera e nell’adempimento dei precetti. Egli deve arrivare a mettere in atto ciò che è detto nei Proverbi: “ConosciLo in tutte le tue vie” (Proverbi 3:6), santificare cioè anche la sua vita materiale quotidiana, così che anche in essa si possa rivelare la santità. Bisogna sapere che questo non è un tratto marginale e secondario, ma che in esso si esprime lo scopo di tutta la Torà, e proprio così l’uomo può collegarsi a D-O Stesso – ‘Anochì’.
(Da Likutèi Sichòt, vol. 3, pag. 892)

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