Una dimora tra i mortali Pubblicato il 7 Febbraio, 2019
Lo scopo del Tempio non fu quello di essere un angolo isolato di santità. La funzione della santità del Tempio era quella di diffondersi nel mondo intero. Fare delle nostre case e del nostro circondario dei ‘santuari in microcosmo’ farà sì che D-O riveli la Sua Presenza apertamente nel mondo, e non solo in microcosmo.
Una contraddizione in termini
Re Shlomò, dopo aver costruito il Tempio ed averlo consacrato, esclamò con meraviglia: “Ma è dunque vero che D-O risiede sulla terra? Ecco, i cieli ed i cieli dei cieli non Ti possono contenere, quanto meno questa casa che io Ti ho costruito!” (Re, 8:27) Il Tempio, infatti, non fu solo un luogo particolare, destinato al servizio Divino; il Tempio era il luogo dove risiedeva e si rivelava la Presenza Divina. Pur essendo “tutta la terra piena della Sua gloria” (Isaia, 6:3), la Presenza Divina non viene percepita in modo tangibile. Essa permea l’esistenza, ma resta celata. Il Tempio, invece, era “il luogo che l’Eterno, il vostro Signore, avrà prescelto per far dimorare il Suo Nome.” (Devarìm, 12:11) Lì non vi era occultamento; la Sua Presenza era apertamente manifesta. Apparentemente, si tratta di un qualcosa di impossibile: non si vede infatti in alcun modo come la dimensione spirituale si possa rivelare apertamente nel nostro mondo materiale. Per dare esistenza alla materialità, D-O ha condensato e contratto la Sua luce e la Sua energia vitale, così da permetterle di rivestirsi di entità materiali. Si tratta di un processo indispensabile. Se infatti la luce Divina si rivelasse senza alcun velo, essa annullerebbe ogni possibilità di esistenza per la materialità. Per permettere al mondo di continuare ad esistere in modo stabile, D-O ha strutturato questo processo di auto-contenimento in un modello di leggi e principi vincolanti, che governano la natura del nostro mondo. Egli ha dato esistenza ad un intero sistema di mondi spirituali, il cui scopo è quello di convogliare l’energia Divina, facendola discendere, di livello in livello, in un processo di successive contrazioni, così da permetterle infine di rivestirsi di una forma materiale. Una manifesta rivelazione Divina si contrappone completamente a questo modello, contravvenendo ai limiti stabiliti da D-O Stesso. Ma è anche vero che, pur avendo D-O limitato l’estensione della sua rivelazione nella Sua strutturazione di questo nostro mondo materiale, Egli non ha limitato Se Stesso. Egli ha creato un mondo con dei limiti, ma non ha confinato in essi Se Stesso, ed Egli li può cambiare a Suo piacimento. Egli può insediare la Propria Presenza nel nostro mondo materiale, ed è proprio quello che fece nel Santuario e nel Tempio.
Nella ‘stanza’ più interna di D-O
La Divina Presenza si rivelava nel Santo dei Santi. Lì si manifestava un miracolo permanente, che rifletteva la natura della rivelazione nel Tempio. La dimensione del Santo dei Santi era di venti cubiti, e l’Arca, posizionata nel suo centro, misurava due cubiti e mezzo, mentre la sua distanza dalle pareti, ai due lati, era di… dieci cubiti! Il posto occupato dall’Arca non era incluso nella misura dell’estensione della stanza! Ciò che è più significativo è che ciò non fu un semplice manifestarsi dell’infinito. Nel Tempio, la precisione delle misure era una necessità fondamentale. Anche una minima deviazione dalla misura richiesta, rendeva un oggetto o una costruzione invalidi. Il fatto che il luogo dell’Arca trascendesse i limiti dello spazio, rappresentava una fusione di finito ed infinito. Ciò esprimeva la natura Divina. Egli infatti trascende sia il finito che l’infinito, e tuttavia Si manifesta in entrambe le dimensioni. Questo è l’intento della Torà, quando parla della scelta di D-O di un “luogo per far dimorare il Suo Nome”: che i limiti del nostro mondo non vengano annullati e tuttavia la dimensione spirituale si riveli. E la fusione degli opposti ci consentirà di divenire coscienti della Sua essenza, che trascende – e comprende – sia la materia che lo spirito.
Qual’è il contributo dell’uomo
D-O non vuole che questa rivelazione dipenda solo da Lui. Come dice il verso: “E Mi faranno un Santuario ed io dimorerò in essi” (Shemòt, 25:8), Egli scelse di far dipendere la rivelazione della Sua Presenza dall’azione dell’uomo. Perchè è necessaria un’iniziativa da parte dell’uomo? Lo scopo Divino è che la rivelazione della Sua Presenza venga acquisita dal mondo, fino a diventare parte stessa della sua esistenza. Davanti ad una rivelazione che venga solo dall’Alto, la materialità del mondo si annullerebbe. Vediamo un esempio di ciò. Quando D-O Si rivelò sul Monte Sinai, tutto il mondo si ammutolì, restando immobile: nessuna creatura emise versi, il mare cessò il suo moto e gli angeli interruppero le loro lodi a D-O. Nonostante la rivelazione Divina nel mondo, gli elementi che costituiscono l’esistenza materiale del mondo non ebbero alcun ruolo in questa rivelazione. Quando, invece, è l’uomo, che è parte integrante della realtà materiale del nostro mondo, a costruire la dimora per D-O, egli eleva in questo modo la natura stessa delle entità materiali di cui si serve per creare la dimora per D-O. Ciò permette alla Presenza Divina di rivelarsi in queste entità, così come esse sono, nel loro proprio contesto. Ciò ci porta a vedere un’ulteriore distinzione. Quando la rivelazione Divina viene dall’Alto, dipende dalla Sua influenza, ed è quindi temporanea. Quando infatti, per esempio, D-O scese sul Monte Sinai, la montagna divenne sacra e tutti quelli che vi fossero saliti, sarebbero morti, come dice il verso: “Badate a voi nel salire sul monte e nel toccarne le falde, chiunque tocchi il monte, morrà” (Shemòt 19:12). Quando però la Presenza Divina lasciò il monte, gli Ebrei ebbero il permesso di salirvi, poichè la natura stessa del monte non era cambiata: esso continuò ad essere una montagna come tutte le altre. Riguardo al Santuario, invece, ed a maggior ragione al Tempio, essendo stata la santità interiorizzata dagli elementi materiali che lo componevano, essa divenne parte integrante della loro esistenza. Per questo, a proposito del verso “Io devasterò i vostri Santuari” (Vaikrà 26:12), i nostri Saggi hanno commentato: “Anche se sono stati devastati, la loro santità rimane.” Ed è questo il motivo della proibizione di accedere al luogo del Tempio ai nostri giorni.
Non un’isola
Lo scopo del Tempio non fu quello di essere un angolo isolato di santità. Le sue stesse finestre erano strutturate in modo tale che la luce ne uscisse, piuttosto che vi entrasse. La funzione della santità del Tempio era quella di diffondersi nel mondo intero. L’espressione più completa di ciò la si avrà nell’Era della Redenzione, quando il monte della casa di D-O diffonderà luce e santità tali da motivare i popoli a imparare le vie del Signore, così da “procedere nei Suoi sentieri” (Isaia 2:3). Queste rivelazioni dipendono dai nostri sforzi atti a favorire la manifestazione della Presenza Divina. Fare delle nostre case e del nostro circondario dei ‘santuari in microcosmo’ farà sì che D-O riveli la Sua Presenza apertamente nel mondo, e non solo in microcosmo.
(Adattato da Likutèi Sichòt, vol. 3, pag. 902; vol. 16, pag. 286; vol. 21, pag. 146)
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