Non restare mai senza fuoco Pubblicato il 25 Marzo, 2024

L’altare, sul quale deve ardere un fuoco perpetuo, allude al cuore dell’uomo. L’uomo deve far sì che il fuoco dell’amore per D-O e l’entusiasmo per la Torà ed i precetti ardano sempre nel suo cuore e non si spenga mai.

mizbeach esh“Sull’altare dovrà ardere un fuoco perpetuo e non si dovrà lasciarlo spegnere” (Vaikrà 6:6)
Nella parashà Tzàv si trova il comando: “Sull’altare dovrà ardere un fuoco perpetuo e non si dovrà lasciarlo spegnere”. Questo significa che il fuoco che arde sull’altare, deve ardere in ogni momento ed in ogni condizione, senza interruzione. Si sa che l’altare allude al cuore dell’uomo. Come l’altare è un luogo dove arde il fuoco, così anche per l’uomo il cuore è il luogo dove arde il fuoco delle emozioni. Da questo punto di vista si può comprendere il significato spirituale che assume il comando della nostra parashà: l’uomo deve far sì che il fuoco dell’amore per D-O e l’entusiasmo per la Torà ed i precetti ardano sempre nel suo cuore e non si spenga mai.

Una condizione indispensabile
Nel Talmùd Yerushàlmi è detto: “Sempre – persino di Shabàt; sempre – persino in caso di impurità”. Anche questa halachà, nelle sue due parti, ci fornisce un insegnamento riguardo al fuoco d’amore per D-O, che deve ardere dentro di noi. L’essenza dello Shabàt è il distacco dalle cose di tutti i giorni. In questo giorno, la persona si occupa delle cose dello spirito, delle cose Divine e di conseguenza è completamente staccata dalle cose di tutti i giorni. In questa condizione, essa potrebbe pensare di non aver bisogno di porre entusiasmo nel suo servizio Divino, essendo già immerso in cose elevate e spirituali. Proprio a questo proposito la Ghemarà viene a dirci: “Sempre – persino di Shabàt”. Il fuoco dell’entusiasmo nel servizio Divino è una condizione indispensabile ad ogni livello ed in ogni situazione, per quanto elevata essa possa essere.

Un fuoco sacro
D’altra parte, può verificarsi una situazione opposta. Persone la cui bassa condizione spirituale li fa considerare come ‘impuri’, potrebbero pensare di non avere nulla a che fare con il ‘fuoco perpetuo’, con l’amore e l’entusiasmo nel servire il Creatore. Ad essi si rivolge la Ghemarà, dicendo: “Sempre – persino in caso di impurità”. Anche in una condizione spirituale bassa bisogna mantenere il fuoco perpetuo. Anzi, è proprio quel calore ebraico, quell’amore fondamentale per D-O, che alla fine accenderanno la fiamma che trarrà la persona fuori dalla condizione degradata e la eleverà. Solo il fuoco sacro ha la forza di scacciare ed eliminare il fuoco estraneo dei piaceri di questo mondo. Come ha commentato il Magghid di Mezeritsh, quando ‘il fuoco perpetuo arderà sull’altare’, all’uomo è assicurato che il ‘non’ – ‘si spegnerà’; che cioè tutte le cose negative si disperderanno davanti al fuoco perpetuo.

Non un entusiasmo momentaneo
Questa affermazione del Magghid di Mezeritsh aggiunge un’ulteriore spiegazione alla necessità del ‘fuoco perpetuo’ in ogni tempo ed in ogni condizione. Solo un entusiasmo continuo e stabile per la Torà ed i precetti può annullare i pensieri, le parole e le azioni indesiderabili. Un entusiasmo momentaneo e passeggero non può difendere la persona dagli espedienti dell’istinto del male. Se essa ha acceso il ‘fuoco perpetuo’, ma solo per un tempo molto breve, subito si faranno strada nel suo animo tutte le emozioni e i desideri dai quali ci si deve guardare. Ognuno deve esaminare l’intensità del ‘fuoco perpetuo’ nel proprio ‘santuario’ interiore. Ci impegniamo nella Torà e nei precetti con vitalità e fuoco interiore o facciamo le cose solo in modo meccanico e pro forma? Il banco di prova è verificare il modo in cui compiamo i precetti, se ci accontentiamo solo di adempiere all’obbligo, o cerchiamo di abbondare nei precetti e di compierli nella loro forma più completa e bella. Il compimento dei precetti nella loro forma più completa e bella rivela il collegamento spirituale interiore ed esprime il ‘fuoco perpetuo’ che esiste nell’anima.
(Da Likutèi Sichòt, vol. 1, pag. 217)

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