Sapere quando annullarsi Pubblicato il 12 Dicembre, 2023

Nel momento in cui fuori imperversa la ‘carestia’ e anime Ebree sono affamate del cibo della Torà, l’Ebreo deve trovare in sé il coraggio e la forza di uscire per strada, di divulgare la luce della Torà.

“Mise in ogni città il cibo della campagna circostante” (Bereshìt 41:48)
Nella parashà Mikkèz, la Torà racconta di come Yosèf immagazzinò l’abbondante raccolto che era spuntato in Egitto durante i sette anni di opulenza, così da potere successivamente sfamare con esso tutti gli abitanti, negli anni della carestia. In che modo Yosèf immagazzinò il cibo? La Torà dice: “Mise in ogni città il cibo della campagna circostante” (Bereshìt 41:48). Rashi spiega che Yosèf metteva nel raccolto, della polvere del luogo in cui era cresciuto, ed essa conservava i prodotti agricoli, impedendo che marcissero. Le azioni di Yosèf il Giusto rappresentano un insegnamento eterno per il servizio Divino. Questo anche e soprattutto in considerazione del fatto che il popolo di Israele è chiamato col nome di Yosèf: “Tu che guidi Yosèf come un gregge” (Salmi 80:2). Ogni Ebreo deve seguire la via di Yosèf: immagazzinare ‘cibo’ e soddisfare con esso la fame di chi è intorno a lui. Yosèf ci insegna che, per immagazzinare il cibo, è necessario mettere con esso un po’ della polvere del posto.

La mia anima è come polvere
Il cibo dell’Ebreo è la Torà, poiché essa è la nostra vita. La Torà è chiamata cibo, anche per il fatto che essa penetra fin nel più profondo dell’uomo, tanto da diventare una sola cosa con lui, proprio come il cibo viene assorbito dal corpo. Il dovere dell’Ebreo nel corso della sua vita è quello di ‘immagazzinare cibo’: studiare Torà quanto più possibile. Bisogna però fare attenzione che la Torà che si studia non ‘marcisca’. I nostri Saggi dicono che lo studio della Tora in modo improprio può portare a conseguenze negative. Come possiamo garantire la conservazione della Torà? Introducendovi un po’ ‘della polvere del posto’. La polvere rappresenta l’annullamento, come è detto: “E la mia anima sarà davanti a tutti come polvere” (dalla preghiera delle 18 benedizioni). Tramite la sensazione di annullamento del proprio ‘ego’, del proprio orgoglio, ci garantiamo che la Torà si conserverà nel modo giusto.

Umiltà al suo posto
E qui continua l’insegnamento di Yosèf, sottolineando che la ‘polvere’ deve venire “dalla polvere del posto”. L’annullarsi deve venire dal posto dove cresce il cibo, e non da un altro luogo. La sensazione di annullamento deve provenire dallo studio stesso della Torà, e non da altre cose. Può succedere che un Ebreo senta la propria nullità, ma che questa gli derivi dall’ambiente che lo circonda. Proprio quando bisogna diffondere la Torà con orgoglio e con forza, egli si ‘riempie’ di annullamento e umiltà, come a dire ‘chi sono io, per poter dire qualcosa?’, mentre poi, nell’ambito della sua stretta cerchia di Torà, è capace di pretendere rispetto ed onori. Questa non è la via giusta per conservare la Torà.

Diffondere con orgoglio
L’annullamento di sé che ha il potere di conservare la Torà è nello studio della Torà stessa. L’Ebreo deve sentire che la Torà è sapienza Divina e che, come D-O è infinito, così la Sua Torà è infinita. Tutto ciò che un uomo, sia pure egli un grande fra i grandi, riesce ad afferrare della Torà non è che una goccia nel mare. Questo lo farà sentire una nullità ed egli si riempirà di umiltà davanti all’infinitezza e santità della Torà. Nonostante ciò, nel momento in cui fuori imperversa la ‘carestia’ e anime Ebree sono affamate del cibo della Torà, l’Ebreo deve trovare in sé il coraggio e la forza di uscire per strada, di divulgare la luce della Torà. Questo è comportarsi secondo la via che ci ha insegnato Yosèf, che salvò il mondo intero dalla fame: dare all’Ebreo una porzione di cibo tale, che garantisca la sua esistenza spirituale per tutti i giorni della sua vita.

(Da Likutèi Sichòt, vol. 45, pag. 220)

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