L’arcobaleno che annuncia Moshiach Pubblicato il 18 Maggio, 2022

Vi è un uso Ebraico secondo il quale i bambini escono a Lag BaOmer nei campi a giocare con archi e frecce. Dice lo Zohar: “Non aspettarti l’arrivo di Moshiach fino a che non vedi l’arcobaleno. ” Per questo, si gioca con l’arco in questo giorno, come allusione all’arcobaleno che annuncia l’avvento di Moshaich.

arcobaleno sul mareArchi e frecce
Vi è un uso Ebraico secondo il quale i bambini escono a Lag BaOmer nei campi a giocare con archi e frecce. Dice lo Zohar: “Non aspettarti l’arrivo di Moshiach fino a che non vedi l’arcobaleno.” In altre parole, l’arcobaleno è un segno dell’avvento di Moshiach. Lag BaOmer, il 33° giorno del Conto dell’Omer, è l’anniversario della scomparsa del grande giusto Rabbi Shimon BarYochài, detto il Rashbi, per merito del quale abbiamo ricevuto gli inizi e le basi di tutto lo studio dei segreti mistici della Torà. Rashbi ha aperto il canale per la rivelazione della dimensione interiore e nascosta della Torà (Cabala), ed è proprio questa rivelazione che precederà e consentirà l’arrivo di Moshiach. Per questo, si gioca con l’arco in questo giorno, come allusione all’arcobaleno che annuncia l’avvento di Moshaich.

La morte degli allievi di Rabbi Akiva
A spiegare questo uso vi è però anche un’altra ragione. Come è noto, un secondo importante evento è legato al giorno di Lag BaOmer: la fine dell’epidemia che portò alla morte di 24.000 fra gli allievi di Rabbi Akìva. Essi morirono durante il Conto dell’Omer, periodo che va da Pèsach a Shavuòt, e la ragione spirituale che il Talmud riporta per questo flagello è che “essi non portarono rispetto l’uno verso l’altro”. Il giorno della cessazione di questa piaga quindi, Lag BaOmer, fu stabilito come giorno di grande gioia e commemorazione, in particolare fra coloro che studiano Torà, allo scopo di sapere e ricordare che la Torà deve essere studiata propriamente, con rispetto dell’uno per l’altro. È proprio questa infatti la condotta grazie alla quale l’accusa celeste, che aveva prodotto la morte di così tanti allievi, cessò, e con essa la loro morte. Questi due tipi di comportamento, derivano da due diversi modi di porsi di fronte allo studio della Torà. Quando la persona si volge allo studio della Torà con la sensazione, la conoscenza e la consapevolezza che la Torà è sapienza Divina, allora il suo entusiasmo per lo studio deriverà dal fatto stesso di studiare e comprendere la Torà di D-O, e non, D-O non voglia, dal proprio ‘ego’. Come conseguenza, egli non avrà alcun motivo di infastidirsi per il fatto che un altro comprenda le cose in modo differente. Non solo, se il suo compagno di studio proverà di avere ragione e che è lui ad essere in errore, egli gli sarà grato per averlo corretto. All’opposto, quando lo studio si basa sul senso di ‘ego’, la persona si sentirà irritata se il suo compagno ‘oserà’ correggerlo. Ed è da ciò, che derivò il fenomeno descritto dai nostri saggi per cui “essi non portarono rispetto l’uno verso l’altro.”

Liberarsi dell’‘ego’
La via per raggiungere un livello di studio non fondato sull’‘ego’ è rappresentato dall’idea dell’arcobaleno. La Chassidùt spiega che le armi possono essere divise in due categorie: la spada e l’arco. La differenza fra di essi è che la spada può essere usata solo in prossimità del nemico, mentre l’arco può essere usato anche a distanza. Quest’idea, riferita al nostro servizio Divino, ci indica che non è sufficiente combattere i nemici che sono vicini a noi, e cioè quelli che possono essere riconosciuti immediatamente come nemici, ostacoli per il nostro studio e per il nostro servizio. Noi dobbiamo divenire invece anche consapevoli di quelle cose che sono più distanti, che apparentemente non sembrano avere nulla a che fare con lo studio della Torà (imparando a porci senza superbia in ogni aspetto e ambito della nostra vita). È quando ci preoccupiamo anche di queste cose, che noi possiamo essere certi che il nostro studio sarà fatto nel modo giusto, senza ‘ego’ e quindi senza la conseguenza di “essi non portarono rispetto l’uno verso l’altro.”
(Da un discorso di Lag baOmer 5711)

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