Senza alcun calcolo Pubblicato il 9 Novembre, 2022
La vera disponibilità al sacrificio che Avraham Avìnu ci ha trasmesso in eredità, è un attaccamento totale a D-O, senza limiti, senza considerazioni né calcoli.
“Ti prego, prendi tuo figlio” (Bereshìt, 22:2)
Quando D-O ordinò a nostro padre Avraham di portare il suo stesso figlio in offerta, disse: “Ti prego, prendi tuo figlio”. Questa fu la decima prova alla quale fu sottoposto Avraham, come dice la Ghemarà: “Ti ho sottoposto a varie prove, e tu le hai superate tutte; ora supera per me questa prova, così che non dicano: le prime non furono vere e proprie prove”. Una simile affermazione suscita sorpresa: dopo che nostro padre Avraham ebbe superato nove prove, perché avrebbero dovuto dire che esse non erano state vere e proprie prove? Anzi, la prova di Ur-Kasdìm, dove Avraham fu gettato nella fornace ardente, sembrerebbe essere stata una prova ancora più grande di quella del legamento di Izchak, poiché quella prova non gli fu ordinata da D-O, ma Avraham stesso vi si sottopose di sua iniziativa, pronto a morire pur santificare il nome Divino e non inchinarsi all’idolatria. La prova del legamento, invece, fu per ordine Divino, e per Avraham era logico obbedire a D-O.
Un ‘affare’
Vediamo quindi di capire la particolarità di questa prova, che a tutt’oggi si erge a nostro merito davanti a D-O. Anche dopo Avraham, nel popolo d’Israele vi fu chi si sacrificò per la propria fede, e, con le dovute differenze, ciò lo si può trovare anche presso le nazioni del mondo. Tuttavia, la prova del legamento di Izchak resta speciale e unica. Il vero auto-sacrificio significa per l’uomo essere pronto a rinunciare completamente a se stesso e a dare tutto a D-O, compresa la sua vita. Non sempre, però, quando l’uomo sceglie la morte, ciò rappresenta un vero sacrificio di sé. Per esempio, un uomo che si uccide per divenire famoso, non si sacrifica, ma fa un ‘affare’ scegliendo ciò che più gli conviene: se per lui la fama vale più della vita, sceglie la fama e preferisce morire. Non dà quindi tutto se stesso, ma sceglie fra i suoi bisogni quello che preferisce.
Quando è meglio la propria morte che la propria vita
In questo modo, può accadere che anche un uomo che sceglie di morire per i propri ideali, di fatto lo faccia per un calcolo di perdita e guadagno. Può darsi che egli preferisca la vita nel Gan Eden a quella in questo mondo. Forse, quando viene costretto a rinnegare il suo credo, questa possibilità gli appare peggiore della morte. E così, un uomo che per tutta la vita ha predicato una certa fede, può darsi che preferisca morire che rinnegarla, poiché la fede che ha coltivato è essa la sua vera realtà. In questo caso, non si tratta qui di un sacrificio di tutta la propria realtà, ma la scelta fra una realtà che ha più valore e una realtà che ha meno valore. La prova di Ur-Kasdìm può essere vista in questo modo: Avraham aveva coltivato e diffuso la fede in D-O. Egli era conosciuto in tutto il mondo come colui che si era ribellato all’idolatria, innalzando la bandiera della fede nel D-O Unico. Rinnegare la propria fede era peggio ai suoi occhi della morte. Per questo, egli preferì essere gettato nella fornace piuttosto che servire gli idoli. Era quindi possibile dire che quello non fu un vero sacrificio e quindi una prova vera e propria.
Senza logica
La prova del legamento di Izchak, invece, fu completamente diversa. Mentre a Ur-Kasdìm il Nome di D-O fu santificato agli occhi del mondo tramite il sacrificio di Avraham, la prova del legamento di Izchak si svolse in un luogo in cui non vi era nessuno ed esso non causò alcuna santificazione del Nome di D-O. Non solo: Izchak era l’unico erede possibile per la continuazione della strada e della fede di Avraham. Se egli fosse stato offerto in sacrificio, la diffusione e la rivelazione della fede nel D-O Unico, che Avraham aveva operato fino ad allora, avrebbe avuto fine. Secondo qualsiasi considerazione logica, il sacrificio di Izchak sarebbe stato un atto completamente inutile. Accettando di offrire suo figlio in sacrificio, Avraham non agì quindi solo in opposizione al proprio amore naturale di padre, ma anche contro ogni logica e anche contro la sua stessa aspirazione di trasmettere in eredità al mondo la sua fede in D-O. Qui si rivelò la disponibilità vera, completa e incondizionata al sacrificio di Avraham, al di là di ogni logica. Qui risulta in modo palpabile l’adesione completa di Avraham a D-O, per la quale egli fu pronto a dare tutto, tutta la propria realtà, sia materiale che spirituale. Questa è la vera disponibilità al sacrificio che egli ci ha trasmesso in eredità, un attaccamento totale a D-O, senza limiti, senza considerazioni né calcoli. Per questo, la prova del legamento di Izchak si pone per noi come un merito, in ogni generazione.
(Da Likutèi Sichòt, vol. 20, pag. 73)