Aiutare il nostro prossimo Pubblicato il 27 Aprile, 2023

Vi sono molti Ebrei che non sono consapevoli del proprio Ebraismo, e sono molto lontani dalla Torà e dai precetti. Il comando “Non rimarrai inerte davanti al sangue del tuo prossimo” comprende anche il pericolo di morte spirituale. È un dovere di ogni Ebreo quello di fare tutto ciò che gli è possibile, rianimando così lo spirito di coloro che sono ancora lontani e avvicinandoli al nostro Padre che è nei Cieli. .

annega“Non rimarrai inerte davanti al sangue del tuo prossimo” (Vaikrà 19:16)
Riguardo al verso che compare nella parashà Kedoshìm “Non rimarrai inerte davanti al sangue del tuo prossimo”, Rashi spiega che la Torà si riferisce qui al caso in cui tu veda un Ebreo che si trova in pericolo, come ad esempio qualcuno che stia affogando in un fiume, e tu abbia la possibilità di salvarlo. La Torà impone in questo caso l’obbligo di salvarlo, di non “essere spettatore della sua morte, mentre puoi salvarlo”. È noto il detto del Baal Shem Tov: “Da tutto ciò che un Ebreo vede o sente, egli deve trarre un insegnamento per il proprio servizio Divino”. I nostri Saggi, di benedetta memoria, hanno detto anche: “Di tutto ciò che il Santo, benedetto Egli sia, ha creato nel suo mondo, non vi è nulla che Egli abbia creato invano.” È chiaro quindi che, se accade ad un uomo di vedere il suo prossimo in pericolo, in ciò vi è uno scopo, e non è possibile che gli venga fatto vedere ciò senza un fine. Rashi dice “… e tu abbia la possibilità di salvarlo”: se ti è stato fatto vedere che un Ebreo ha bisogno di aiuto, è evidente in questo caso che tu hai le forze e la facoltà di salvarlo, e per questo ti viene anche ordinato di farlo. Se non fosse così, infatti, perché ti sarebbe stato fatto vedere ciò?

Esiste anche un pericolo di morte spirituale
Dal verso “Non rimarrai inerte davanti al sangue del tuo prossimo”, noi apprendiamo un insegnamento per la nostra generazione, nella quale molti dei nostri fratelli Ebrei si trovano nel pericolo di annegare, anche se si tratta qui di un ‘annegamento’ spirituale, ma non per questo meno concreto e grave. È un Vi sono molti Ebrei che non sono consapevoli del proprio Ebraismo, e sono molto lontani dalla Torà e dai precetti. Il comando “Non rimarrai inerte davanti al sangue del tuo prossimo” comprende anche il pericolo di morte spirituale. È un dovere di ogni Ebreo quello di fare tutto ciò che gli è possibile per salvare coloro sui quali aleggia il pericolo di un ‘annegamento spirituale’. Egli dovrà agire prontamente e diffondere la fonte di vita di ogni Ebreo, la Torà e la sua parte più interiore, la Chassidùt, rianimando così lo spirito di coloro che sono ancora lontani e avvicinandoli al nostro Padre che è nei Cieli.

Come sconfiggere lo Yèzer Harà
Se poi nell’uomo si leverà il suo yèzer harà, la sua inclinazione al male, cercando di opporsi e di dirgli: “Ma chi sono io, cosa sono io, per poter fare qualcosa? Da dove mai potrei avere la forza di salvare delle anime? Come potrei riuscire a tirar fuori dalle acque anime che annegano? Io certo non sono in grado di fare una cosa simile!”, ecco che gli viene in aiuto la risposta di Rashi, che afferma che non devi essere “spettatore della sua morte, mentre puoi salvarlo”. Se sei spettatore di un evento, se ti accade di vedere qualcuno in pericolo di vita, che D-O non voglia, è evidente che sei in grado di salvarlo. Il fatto stesso che tu sia venuto a sapere della condizione di quell’Ebreo prova già di per sé che tu hai la capacità di salvarlo e di rianimarlo, dato che nulla avviene senza uno scopo, e se ne sei venuto a conoscenza è perché puoi essergli di aiuto. La cosa dipende solo da te! Con azioni che aiutino ad avvicinare il cuore degli Ebrei al loro Padre Che è nei Cieli, noi avviciniamo anche l’avvento di Moshiach, del quale è detto: “e convincerà tutto Israele a camminare nelle vie della Torà” (Ràmbam Hilchòt Melachìm, cap. 11). E che ciò possa aver luogo ai nostri giorni, al più presto.

(Da Likutèi Sichòt, vol. 32, pag. 125-126)

I commenti sono chiusi.