Hakèl Pubblicato il 11 Settembre, 2023

Hakèl: “Raduna il popolo, uomini, donne, bambini e il tuo forestiero, che si trova nella città” - la Torà fu data al fine di infondere vitalità in ogni singolo Ebreo, senza alcuna eccezione - uomo, donna, bambino e ghèr.

Un precetto speciale
Oltre alle qualità intrinseche e perenni che ogni festa, Rosh HaShana compresa, porta con sé ogni anno (ed anche queste devono comunque essere considerate e vissute come nuove, come ogni aspetto della Torà che costituisce la vita e la vitalità stessa dell’Ebreo – come è scritto “poiché questi sono la nostra vita ed il prolungamento dei nostri giorni” – essendo la vita stessa qualcosa si sempre nuovo e fresco, anche per chi ha già vissuto per molti anni), vi sono alcune qualità che sono associate a determinati anni, e che rivestono perciò una particolare importanza nell’anno della loro ricorrenza. L’anno che sta iniziando, il 5727 (al tempo in cui questa lettera fu scritta dal Rebbe, e che ha le stesse caratteristiche dell’anno corrente) – possa esso portare bene e benedizioni a tutti noi e a tutto il nostro popolo d’Israele – si distingue per essere un anno “post – Sabbatico”. In quanto tale, esso è caratterizzato dal precetto aggiuntivo dell’hakèl (“radunare insieme”), che è descritto come un “solido pilastro ed un grande onore per la nostra fede” (Sefer ha Chinuch). Ai tempi del Beit HaMikdàsh (il Sacro Tempio) vi era il comando Divino di radunare il popolo – uomini, donne e bambini, inclusi i neonati – nel Tempio, per sentire alcuni brani selezionati della Torà, che venivano letti dal re. Questo evento doveva aver luogo alla prima opportunità nell’anno nuovo (e cioè a Succòt, quando gli Ebrei venivano a Gerusalemme in pellegrinaggio). Questo precetto, invero, non è più praticato da quando il Tempio è stato distrutto, e non lo sarà fino a quando il Tempio non verrà ricostruito – possa ciò avvenire ai nostri giorni. La Torà, tuttavia, è eterna e così lo sono i suoi precetti, tanto che anche quelli che potevano essere osservati solo ai tempi del Beit HaMikdàsh, in virtù del loro contenuto spirituale eterno, hanno una speciale rilevanza nel particolare giorno o anno cui sono collegati, che va espressa e messa in atto nel modo appropriato (per esempio: le preghiere, nella parte del giorno in cui venivano offerti i sacrifici nel Tempio, ecc.).

Lo scopo della Torà
Il precetto dell’hakèl ha due aspetti che, a prima vista, possono sembrare contradditori: da un lato era comandato “raduna il popolo, uomini, donne, bambini e il tuo forestiero, che si trova nella città” (Devarìm 31: 12) – indicando con ciò che ognuno, a prescindere dalla propria posizione nella vita e dalla propria intelligenza, poteva e doveva partecipare all’evento; dall’altro lato, il precetto esigeva che i brani della Torà fossero loro letti dalla persona più insigne del popolo, il re. Una spiegazione è la seguente: la Torà fu data al fine di infondere vitalità in ogni singolo Ebreo, senza alcuna eccezione – uomo, donna, bambino e gher (forestiero, convertito) – così a fondo e a tal punto, che tutta la persona, in tutti i suoi aspetti, sensazioni ed emozioni, divenga un essere di Torà e mizvòt. Per ottenere questo scopo nel modo più profondo e completo, la Torà veniva letta in quelle occasioni dal Re, la cui maestà era in grado di infondere nel popolo che lo ascoltava un senso soverchiante di timore e sottomissione, fino ad una completa abnegazione.

Timore di D-O con gioia del cuore
Il significato e l’insegnamento del precetto dell’hakèl, per ognuno di noi, è l’invito ad avvalerci dell’opportunità che il mese di Tishrei ci offre di ispirarci timore e reverenza, per radunare altri Ebrei – uomini, donne e bambini, compresi i più piccoli – nei sacri luoghi di preghiera, in un’atmosfera di santità e di devozione; di radunarli allo scopo che rappresentava l’essenza stessa del precetto dell’hakèl, come è detto nella Torà: “affinché sentano, imparino, abbiano timore dell’Eterno, il vostro Signore, e facciano attenzione a mettere in pratica tutte le parole di questa Torà” (Devarìm 31: 12). Questo è in particolare il dovere di ognuno che sia un “re”, un leader nella sua cerchia – la guida spirituale nella propria congregazione, il maestro nella propria classe, il padre nella propria famiglia – di far sentire la voce della Torà e dei precetti, con forza e sincerità, così da produrre in quelli che lo ascoltano un’impressione così forte ed un’influenza tanto permanente, da poter essere sentita non solo durante il mese di Tishrei, non solo durante tutto l’anno, ma anche durante i sette anni, dall’attuale hakèl fino al prossimo; un’influenza che deve venire tradotta nella vita quotidiana in una condotta governata dalla Torà e dai precetti, con timore del Cielo e, allo stesso tempo, con gioia del cuore. Voglia D-O Che sta nei Cieli e Che gli Ebrei incoronano a Rosh HaShanà quale “Re d’Israele” e “Sovrano su tutta la terra”, benedire ogni uomo e donna nello svolgimento di tale compito, nella maniera più completa, cosa che anche affretterà ed avvicinerà il tempo in cui il precetto dell’hakèl verrà compiuto in tutti i suoi dettagli, nel Tempio, con la comparsa del nostro giusto Moshaich, presto ai nostri giorni.
(Da una lettera del Rebbe di Lubavich dell’anno 5726)

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