I tesori sono nascosti proprio nella terra Pubblicato il 26 Ottobre, 2023
Come noi non avremo mai la possibilità di valutare l’abbondanza dei tesori naturali che si trovano nelle profondità della terra, così nessuno è in grado di figurarsi l’immensità dei tesori nascosti nel cuore dell’Ebreo.
“Alla tua discendenza Io ho dato questa terra” (Bereshìt 15, 18)
La promessa con la quale D-O destinò la Terra d’Israele ai discendenti del nostro patriarca Avraham, compare nella Torà nella parashà Lech Lechà: “Alla tua discendenza Io darò questa terra”. All’inizio è detto ‘darò’, al futuro, mentre dopo che Avraham ebbe percorso quella terra in lungo e in largo, D-O ripeté la Sua promessa, formulandola però questa volta in modo diverso: “Alla tua discendenza Io ho dato questa terra” – “ho dato”, al passato; ho già dato. Dall’istante stesso che D-O disse ciò, la Terra d’Israele, che fino ad allora era stata possesso delle nazioni, iniziò ad appartenere di fatto al popolo d’Israele. Anche durante l’esilio, la promessa – “alla tua discendenza ho dato questa terra” – si mantiene con tutta la sua forza e in tutta la sua completezza. Nonostante che ‘a causa dei nostri peccati siamo stati esiliati dal nostro paese e siamo stati allontanati dalla nostra terra’, essa resta tuttavia sempre il ‘nostro paese’ e la ‘nostra terra’.
La santità della materia
L’espressione ‘Terra d’Israele’ è composta dalla combinazione di due termini che, in apparenza, sono opposti. ‘Terra’ – esprime ciò che è terreno e materiale; ‘Israele’, invece, è il nome elevato del popolo Ebraico, espressione di superiorità ed elevatezza. Così, anche la combinazione dei termini ‘Terra – Santa’ presenta in sé il contrasto fra qualcosa di terreno e qualcosa di sacro. Ma è proprio in ciò che si esprime il compito del popolo Ebraico: elevare alla santità la materialità del mondo, fare della ‘terra di Canaàn’, la ‘Terra d’Israele’. Questo compito esiste anche dentro di noi, nella nostra anima: ogni Ebreo deve ‘conquistare’ il proprio intelletto, le proprie emozioni e le occupazioni naturali che lo impegnano, in quanto necessarie alla propria esistenza, santificandole e sottomettendole al suo servizio Divino. Egli deve fare in modo che anche la sua vita materiale e terrena venga santificata e divenga parte del servizio Divino.
I due opposti presenti nell’Ebreo.
Come è possibile realizzare ciò? Apparentemente vi è qui una contraddizione interna. La verità, però, è che anche l’Ebreo porta in sè questa stessa contrapposizione. D-O dice al Popolo d’Israele: “Ki tihiù atem erez chèfez” (“Poiché voi sarete una terra (del Mio) desiderio”). Anche qui noi incontriamo i due estremi contrapposti: “erez” (terra) – la cosa più bassa, che tutti calpestano, e “chèfez” (desiderio), che esprime invece piacere elevato e desiderio. Il nostro corpo fisico, nel paragone, corrisponde alla ‘terra’, mentre l’anima che è dentro di noi al ‘desiderio’: il desiderio del Santo, benedetto Egli sia. Attraverso questa combinazione di santità al suo livello più elevato e materialità al suo livello più basso, noi abbiamo la forza di elevare la materialità terrena ad un livello estremamente più alto. E come ogni uomo, dentro di sè, è in grado di sottomettere il corpo all’anima, così egli ha la forza di sottomettere il mondo fisico al potere della santità.
Bisogna cercare
Il Baal Shem Tov aggiunge un’interpretazione particolare all’espressione “erez chèfez”, che ne rivela un ulteriore aspetto: come noi non avremo mai la possibilità di valutare l’abbondanza dei tesori naturali che si trovano nelle profondità della terra, così nessuno è in grado di figurarsi l’immensità dei tesori nascosti nel cuore dell’Ebreo. Dall’esterno può sembrare “erez”, ma proprio per questo D-O nascose in essa i tesori più eccezionali. Un Ebreo potrebbe obiettare di non sentire niente di tutto ciò e che, anzi, gli sembra che nel mondo sia proprio la materialità ad avere il sopravvento. Ma ecco che viene il nostro patriarca Avraham ad insegnarci che, anche quando “a quel tempo nel paese si trovavano i Cananei”, e anche quando la terra sembra essere la ”terra di Canaàn”, non bisogna lasciarsi impressionare da ciò, ma piuttosto percorrere la terra, manifestando il dominio su di essa, ed allora si scoprirà che di fatto essa è già la “Terra d’Israele”: “Alla tua discendenza Io ho dato questa terra” – ‘(l’)ho già data’.
(Likutèi Sichòt, vol. 20, pag. 308)
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