Il mistero dell’impasto, che non ebbe il tempo di lievitare Pubblicato il 4 Aprile, 2023

La Chassidùt viene a rivelarci l'esistenza di due tipi di pane azzimo nella storia del nostro popolo, entrambi collegati alla festa di Pèsach.  

 

Perché mangiamo la matzà?
Perché, a Pèsach, noi mangiamo matzà? È scritto nella Torà: “Essi fecero cuocere l’impasto, che avevano portato fuori dall’Egitto, (in forma di) focacce azzime, poiché non era lievitato. Essi infatti erano stati scacciati dall’Egitto e non avevano potuto aspettare.” Nell’Haggadà di Pèsach, poi, troviamo: “Questa matzà che noi mangiamo, perché la mangiamo? Per il fatto che l’impasto dei nostri antenati non ebbe il tempo di lievitare, poiché il Re dei re, HaShem, apparve loro e li redense.” Se noi, però, esaminiamo meglio il testo della Torà, vediamo che, quattro giorni prima dell’uscita dall’Egitto, D-O comandò di mangiare matzòt la notte di Pèsach: “Al quattordicesimo giorno del mese, alla sera, mangerete pane azzimo.” Se così, non fu per la fretta o per mancanza di tempo che l’impasto non lievitò, ma perché D-O aveva comandato di mangiare pane azzimo, e se anche vi fosse stato il tempo perché l’impasto lievitasse, gli Ebrei avrebbero comunque dovuto mangiare pane azzimo!

Essi mangiarono matzòt due volte
L’Admòr HaZakèn, fondatore della Chassidùt Chabad, dà questa spiegazione: gli Ebrei, allora, mangiarono due volte il pane azzimo: la prima volta, la sera, prima di mezzanotte, poiché D-O aveva comandato loro di mangiarlo, e la seconda volta, quando essi lasciarono l’Egitto, poiché il loro impasto non lievitò. Ma allora, se da generazioni la mizvà è di mangiare pane azzimo la sera di Pèsach, prima della mezzanotte, perché noi diciamo nell’Haggadà, che noi lo mangiamo poiché l’impasto dei nostri antenati non lievitò? Le matzòt che essi mangiarono prima di mezzanotte non erano lievitate perché così le avevano preparate, mentre furono le matzòt che mangiarono il giorno seguente, quelle che non ebbero la possibilità di lievitare!

Una piccola lettera
Vi è una piccola lettera, nell’alfabeto Ebraico, la vav (ו), che viene a risolvere il mistero dei tue tipi di matzòt. La parola matzà la si trova scritta nella Torà in due differenti maniere: con la vav e senza la vav. La matzà che venne mangiata la sera è scritta senza la vav, mentre la matzà che essi mangiarono quando lasciarono l’Egitto, compare scritta con la vav. La vav è una lettera che collega. La sua forma, una linea verticale, illustra il collegamento fra l’alto e il basso, fra D-O e l’Ebreo. La prima matzà fu mangiata in Egitto, prima della mezzanotte, prima della rivelazione Divina di quella notte. Per questo è scritta senza vav. La matzà che fu mangiata dopo la rivelazione Divina è scritta con una vav di collegamento, che rappresenta la rivelazione ed il legame fra D-O ed il popolo Ebraico.

Matzà – “Il sapore del grano”
I nostri Saggi dicono: “Un bambino non sa come chiamare suo padre e sua madre, finché non assapora il gusto del grano.” Il popolo Ebraico, in Egitto, era come un bambino che non sapeva come chiamare suo padre. Gli Ebrei erano immersi nell’impurità dell’idolatria e mancavano di fede in D-O. Per questo, D-O comandò loro di mangiare la matzà, che è fatta di grano, così che essi sarebbero stati in grado di chiamare il loro Padre, che è nei Cieli. Di fatto, non appena mangiarono la matzà, essi meritarono la rivelazione del loro Padre nei Cieli. Per questo, la prima matzà che essi mangiarono, prima della rivelazione Divina, è scritta senza vav, senza la rivelazione Divina. La seconda matzà, invece, che essi mangiarono dopo aver fatto esperienza della rivelazione Divina, è scritta con la vav, che rappresenta, appunto, la rivelazione Divina. Perché D-O comandò di mangiare pane azzimo, e non pane lievitato, che è fatto anch’esso di grano? Il lievitare, il gonfiarsi, è simbolo di arroganza, mentre il pane azzimo, nella sua sottigliezza, simbolizza sottomissione e umiltà, annullamento e modestia. Per meritare la rivelazione Divina, gli Ebrei dovettero arrivare al grado dell’umiltà, poiché: “La Presenza Divina non può risiedere là dove sta l’arrogante”. È questo, quindi, il significato della matzà che viene mangiata per il fatto che ” l’impasto dei nostri antenati non ebbe il tempo di lievitare, poiché il Re dei re, HaShem, apparve loro e li redense.” Secondo la Chassidùt, “esso non potè lievitare” significa che l’impasto non poté gonfiarsi poiché la rivelazione Divina ed il mangiare la matzà prima di mezzanotte, aveva reso gli Ebrei umili. Per questo il loro impasto non lievitò: poiché il gonfiarsi significa orgoglio ed essi erano ormai umili.

Quando le mizvòt saranno annullate
Nella Gheulà che si sta apprestando, nella seconda fase dei “giorni di Moshiach”, è detto che le mizvòt saranno annullate. D’altra parte noi sappiamo che le leggi che la Torà contiene sono eterne, che esse rappresentano la volontà Divina che è eterna ed immutabile. Quello che veramente verrà a mancare in quella seconda fase, sarà il comando e non la legge stessa. La mizvà (comando, collegamento) è ciò che unisce Chi comanda a chi è comandato, D-O e l’Ebreo. Con la rivelazione Divina, nella quale sarà appunto pienamente rivelato come D-O, la Torà e l’Ebreo siano una sola cosa, poiché tutto è Divinità, l’Ebreo non avrà più bisogno di comando, poiché la sua volontà e la volontà Divina saranno manifestamente una ed unica. Così per l’Ebreo e così per il mondo intero, che si comporterà naturalmente secondo la volontà Divina. Con la rivelazione in Egitto di D-O, Che venne ‘personalmente’ a liberare il Suo popolo con mano potente, Egli stesso e non un angelo o un inviato, la natura si adattò ‘automaticamente’ alla volontà Divina, e, senza bisogno di un comando, l’impasto semplicemente non poté lievitare, poiché il lievitare e l’orgoglio non rappresentano la volontà di D-O. Sono queste matzòt che noi ricordiamo nel sèder di Pèsach, che, con il loro significato, anticipano quello che sarà il mondo nei giorni di Moshiach, possa ciò essere subito!

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