Il particolare si collega al generale Pubblicato il 16 Maggio, 2023

Nella parashà Bemidbàr si contano i Figli d'Israele. Da questo conto si riceve un insegnamento sull'importanza di ogni Ebreo  

 

“Questi erano i convocati dalla comunità, i capi delle tribù paterne; coloro che erano a capo delle migliaia d’Israele.”
     All’inizio della parashà Bemidbàr, il Santo, benedetto Egli sia, comanda a Moshè di contare i Figli d’Israele. Al fine di effettuare questo conteggio,  viene comandato a Moshè di prendere con sé suo fratello Aharòn ed i capi delle dodici tribù, persone che la Torà definisce come: “i capi delle tribù paterne, coloro che erano a capo delle migliaia d’Israele.” (Bemidbàr 1,16) Si sarebbe potuto pensare che il compito di ognuno dei capi fosse quello di aiutare Moshè a contare i componenti della propria tribù. D-O, invece, comandò che i capi collaborassero con Moshè nel conto di tutte le tribù. I dodici capi, cioè, dovevano essere presenti al momento del conto di ognuna delle dodici tribù.

Il compito dei capi
Fu dato qui, di fatto,  un nuovo compito ai capi delle tribù. Un compito che non si limita più solo all’influenza che ognuno di essi esercita sulla propria tribù, ma l’obbligo, piuttosto, di ognuno di essi verso il popolo intero. Vi è un’allusione a ciò nel verso che dice: “Questi erano convocati dalla comunità”. Essi, cioè, come spiega Rashi: ” venivano convocati per tutto ciò che vi è di importante nella comunità”. I dodici capi delle tribù, quindi, venivano convocati per qualsiasi cosa avesse rilevanza, rispetto all’intero popolo d’Israele. Noi dobbiamo capire il motivo di ciò. La ragione per cui Moshè ed Aharòn dovessero essere coinvolti nel conteggio di tutto il popolo risulta evidente, essendo essi le guide di tutto il popolo (Moshè, il liberatore e la guida, ed Aharòn, il Sommo Sacerdote); ma che legame c’è fra il capo di una tribù ed il resto dei Figli d’Israele, che non appartengono a quella tribù?

Dodici vie
La spiegazione di ciò è collegata alla particolarità di questo conteggio, rispetto ai precedenti. Nei censimenti precedenti, i Figli d’Israele furono contati come una collettività unica, senza che venisse rilevata la divisione secondo tribù. Questo tipo di conteggio esprime la qualità del popolo Ebraico rispetto all’essenza dell’anima, livello al quale non esistono differenze o distinzioni fra un Ebreo e l’altro. Nel censimento di cui si racconta in questa parashà, invece, ogni tribù fu censita separatamente, cosa che viene ad esprimere la sua qualità unica e particolare. Le dodici tribù rappresentano dodici vie diverse (Ruben: il servizio Divino improntato sulla vista; Shimòn, quello improntato sull’udito; Issachàr, l’occuparsi della Torà; Zevulùn, l’occuparsi del commercio per sostenere quelli che studiano la Torà, ecc.), così come risulta dalle benedizioni, che Yacov impartì ai suoi figli. Il censimento relativo a questa parashà, quindi, esprime le qualità particolari relative alle tribù stesse.

Una cosa ed il suo opposto
In questo censimento coesistono due opposti: da un lato, vengono prese in considerazione le qualità particolari di ogni tribù, mentre, dall’altro lato, gli Ebrei vengono contati senza distinzioni, dal momento che il grande fra i grandi non vale più di uno nel conteggio, così come il più infimo degli infimi, non conta meno di uno. Ma è proprio la convivenza di entrambi questi fattori, che forma la completezza del popolo d’Israele. Anche le qualità particolari di ogni tribù ed anche quelle di ogni individuo d’Israele rappresentano una delle parti che costruiscono il popolo Ebraico nella sua interezza. Tutte insieme, esse formano un unico intero. Questa integrazione si esprime nella partecipazione di ogni capo tribù nel censimento dei Figli d’Israele, per evidenziare il fatto che anche le qualità particolari di ogni tribù, non sono altro che una parte della completezza del popolo d’Israele.
(Likutèi sichòt vol. 23, pag. 1)

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