La capacità di sacrificarsi che porta Moshiach Pubblicato il 1 Novembre, 2023
Il vero auto-sacrificio lo si fa senza calcolo. L’unica considerazione, l’unico pensiero è cosa D-O vuole e richiede da me in questo momento. In questo senso, l’Akedà fu il primo esempio di auto-sacrificio.
Il ‘legamento di Izchak’
Dei vari eventi riportati nella Torà che sono chiaramente connessi a Moshiach, certamente l’Akedà, il ‘legamento di Izchak’, è uno dei più incisivi. I Saggi, infatti, citano diversi aspetti dell’Akedà che presagiscono la Redenzione. Il Grande Shofàr, per esempio, che segnala l’arrivo di Moshiach, sarà fatto con l’ariete che fu sacrificato al posto di Izchak. Il ‘legamento di Izchak’ fu anche la decima ed ultima prova cui Avraham fu sottoposto da D-O. Siccome anche questi nostri giorni d’oggi costituiscono un’ ‘ultima prova’, prima dell’arrivo di Moshiach, è di particolare importanza per noi la lezione pratica che possiamo imparare dall’Akedà, una lezione che riguarda l’auto-sacrificio. La nostra generazione, infatti, meriterà di accogliere Moshiach, proprio per aver dimostrato una capacità di auto-sacrificio maggiore di qualsiasi altra generazione. Vediamo ora di comprendere più a fondo che cosa definisce il vero auto-sacrificio e come, proprio tramite l’Akedà, questa capacità che ci sia stata trasmessa in eredità dal nostro patriarca Avraham.
Una preghiera o un comando?
Quando D-O comandò ad Avraham di sacrificare suo figlio, Izchak, Egli usò un’espressione particolare, che sta ad indicare più una preghiera che un comando: “Ti prego, prendi tuo figlio…” (Bereshìt 22:2) Non c’è dubbio, d’altra parte, che questo fu comunque un comando. Perchè D-O usò allora una tale formula? Il Talmùd spiega questa frase come se D-O dicesse ad Avraham: “Tu hai sostenuto molte prove; accetta per me anche questa, così che non si dirà che le prove precedenti non abbiano avuto valore.” Quest’interpretazione richiede essa stessa una spiegazione. Se Avraham non fosse riuscito a dimostrare l’auto-sacrificio necessario alla prova dell’Akedà, ciò avrebbe invalidato tutte le prove precedenti, che egli aveva sostenuto con successo? Come è possibile dire che l’auto-sacrificio dimostrato fino ad allora, nel caso di un fallimento dell’ultima prova, sarebbe stato considerato nullo?! E ancora più in particolare, perchè proprio il sacrificio di Izchak viene considerato il paradigma dell’auto-sacrificio, quando noi abbiamo innumerevoli esempi di uomini giusti e santi che, nel corso delle generazioni, hanno sacrificato con gioia la loro vita per santificare il nome di D-O? D-O, inoltre, si rivolse ad Avraham direttamente, privilegio che molti martiri successivi non ebbero.
Avraham aprì una nuova strada nel Servizio Divino
La differenza basilare fra Avraham ed i martiri successivi sta nel fatto che Avraham fu il primo Ebreo che fu disposto all’auto-sacrificio, ad accettare le prove e le sofferenze, siano esse fisiche, emozionali o spirituali, necessarie a santificare il nome di D-O. “Ogni inizio è difficile”. Iniziare, aprire una strada nuova è la parte più difficile di ogni impresa. Essere capace di mettere da parte la propria volontà, i propri bisogni, i propri desideri e sentimenti, essere capaci di rinunciare a se stessi per portare il Divino nel mondo, tutto ciò era una cosa impossibile prima di Avraham. Adempiendo alla richiesta di D-O “Ti prego, prendi tuo figlio..”, Avraham aprì il canale dell’auto-sacrificio, portando in questo mondo la capacità di sacrificarsi per D-O. I giusti ed i martiri che seguirono le sue orme, ebbero un compito ben più facile di quello di tradurre in azione ciò che è ancora solo potenziale. Per una comprensione più profonda, conviene dare uno sguardo anche alla prima prova subita da Avraham, a Ur Kasdìm, la sua città natale. Anche allora Avraham dimostrò auto-sacrificio, quando fu gettato in una fornace ardente, per aver cercato di combattere ed eliminare l’idolatria, pubblicizzando l’esistenza del D-O Unico. Apparentemente, delle due questa prova sembrerebbe più difficile da affrontare, in quanto all’Akedà D-O parlò direttamente ad Avraham, dicendogli di sacrificare Izchak, mentre a Ur Kasdìm Avraham non ricevette un comando diretto. A quel tempo Avraham era arrivato a realizzare l’esistenza del D-O Unico da solo, attraverso il proprio ragionamento. Solo più tardi egli ebbe un’esperienza diretta del Divino, quando D-O gli comandò di lasciare la sua casa e la sua terra per andare nel paese di Canaàn. Perchè allora quest’enfasi sulla prova dell’Akedà, al punto tale che, senza di essa, tutto l’auto-sacrificio dimostrato precedentemente avrebbe perso di valore?
Che cos’è veramente l’auto-sacrificio?
La risposta sta nella definizione stessa di auto-sacrificio in quanto semplice annullamento del proprio ego e della propria esistenza. Le proprie azioni, il proprio essere stesso vengono diretti non verso l’autogratificazione, ma verso l’adempimento delle direttive Divine. Eppure, l’essere umano è creato in modo tale da avere dentro di sè un ego e la sensazione della propria esistenza. Anche le azioni più generose ed altruistiche hanno bisogno di trovare un motivo, una giustificazione, fosse anche solo quella di sentire di aver fatto una cosa giusta, un gesto nobile. Un vero auto-sacrificio non può essere raggiunto da soli. Da qui la necessità per Avraham di aprire questo nuovo ‘canale’, portando il vero auto-sacrificio nel mondo. Non ogni auto-sacrificio è autentico. Vi sono diversi livelli. Vi è un livello alla portata di tutti. Una persona può considerare il possibile risultato del proprio sacrificio ed arrivare alla logica conclusione che, in quel caso, otterrà un maggiore beneficio, per lo meno spiritualmente, sacrificando la propria vita. Questo approccio razionale all’auto-sacrificio, questo senso che vi è perlomeno una ricompensa per esso, è espresso dalla frase “senza x, la vita non ha valore”. X in questo caso può essere qualsiasi cosa che abbia un peso più importante della vita. Determinare tuttavia esattamente cosa abbia più valore, richiede analisi e ragionamento. Il vero auto-sacrificio lo si fa senza calcolo. La persona dedica la sua stessa essenza a D-O, senza alcuna valutazione precedente, o ispirazione improvvisa. L’unica considerazione, l’unico pensiero è cosa D-O vuole e richiede da me in questo momento. In questo senso, l’Akedà fu il primo esempio di auto-sacrificio. Vi erano coinvolti solo Avraham e Izchak. La prova ed il sacrificio non comprendevano nè una pubblica dichiarazione del dominio Divino nè un’aperta dimostrazione della presenza Divina. La richiesta ed il desiderio di D-O non avevano alcuno scopo logico, anzi, contraddicevano in diversi modi il senso comune e la logica, poichè sembravano annullare la missione della vita di Avraham. Superando questa prova, Avraham annullò completamente la percezione della propria esistenza e del proprio ego; l’unica cosa che aveva esistenza era la Volontà Divina.
Il nostro compito
Qual’è l’effetto pratico e l’insegnamento per noi, oggi? Dal momento che Avraham ha aperto il ‘canale’, ogni Ebreo è capace di auto-sacrificio. Ogni Ebreo può sottomettere le proprie inclinazioni, annullare i propri desideri e dedicare se stesso a compiere la Volontà Divina. Ogni Ebreo può raggiungere il livello della “conoscenza di D-O”, non fondata sull’intelletto e sulla logica, ma come esperienza della massima intensità, come dice il profeta: “il mondo intero sarà pieno della conoscenza di D-O, così come le acque coprono il mare”. Così come Avraham raggiunse il livello dove tutta la sua esistenza non era altro che consapevolezza del Divino e adempimento della Sua Volontà, anche ogni Ebreo è in grado di raggiungere questo livello di auto-sacrificio. E questo è il livello di esistenza del “Moshiach”. E come Avraham conferì valore e realtà retroattivi alle sue prove precedenti con il suo auto-sacrificio all’Akedà, così noi, seguendo le orme di Avraham, possiamo rivelare la realtà di Moshiach.
(Basato su Likutèi Sichòt, vol. 20, pag. 73 – 78)
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