La forza della sottomissione Pubblicato il 28 Settembre, 2023
Proprio grazie alla fede semplice e all’accettazione del giogo, il popolo d’Israele può resistere alle sfide che incontra in tutte le generazioni e meritare infine la Redenzione vera e completa.
“E tutto il popolo lo lapidò con i propri etroghìm” (Succà, 48, 29)
Nella festa di Succòt esiste il precetto del versamento dell’acqua nel Tempio, ed esso è alla base di una grandissima celebrazione di gioia, chiamata Simchàt Beit-HaShoevà, della quale è detto che chi non l’ha vista, è come se non avesse mai visto la vera gioia in tutta la sua vita. Questa era la gioia che accompagnava l’atto di attingere l’acqua per poi versarla sull’altare. La Ghemarà racconta di un episodio non piacevole, che si verificò in uno dei giorni della festa di Succòt. Il sacerdote che versava l’acqua era un sadduceo (appartenente ad una setta che accettava come sacra solo la Torà scritta, mentre rinnegava la Torà orale). Quel sacerdote, non volendo compiere il precetto del versamento dell’acqua, che non appare in modo manifesto nella Torà scritta, ma vi è solo alluso, invece di versare l’acqua sull’altare, la versò sui propri piedi. Questa azione sollevò grande fermento nel pubblico, che “lo lapidò con i loro etroghìm (cedri)”.
Il metodo dei sadducei
Questa storia, come ogni cosa nella Torà, contiene un insegnamento eterno, e per comprenderlo occorre riflettere sui particolari della storia stessa. Il sadduceo avrebbe potuto evitare del tutto di versare l’acqua, ma egli scelse invece proprio di versarla sui propri piedi. Un altro particolare degno di nota è il fatto che la punizione del sadduceo non venne ad opera del tribunale, ma dal pubblico stesso. Alla base del metodo dei sadducei vi era il presupposto secondo il quale si deve considerare la Torà solamente in base a concetti razionali. I sadducei rifiutavano il fondamento della fede e dell’accettazione del giogo nella Torà. Per questo, essi accettavano solo ciò che era scritto esplicitamente nella Torà, e si opponevano al fatto di accettare cose che dipendono dalla fede – la fede nella tradizione trasmessa dai nostri Saggi – e cioè la Torà orale.
Tutti “interpreti”
È questo il significato simbolico del fatto che i sadducei osservassero il precetto della libazione del vino, negando invece quella dell’acqua: il vino ha sapore ed esso rappresenta l’osservanza dei precetti che possono essere compresi e sentiti. L’acqua, invece, non ha sapore e per questo essa rappresenta la sottomissione e la fede. I sadducei accettavano solo ciò che è possibile capire e riconoscere, e respingevano gli aspetti della Torà, che vanno oltre la logica. I sadducei, inoltre, negavano che i Saggi della Torà avessero l’autorità di decretare leggi halachiche valide per le generazioni, sostenendo di potere interpretare anche loro la Torà, in base alla propria comprensione. Tuttavia, essendo chiaro anche a loro che non è possibile che ognuno interpreti la Torà come gli pare, essi sostennero che il popolo, di fatto, dovesse obbedire alle istruzioni dei capi, ma che i capi e le guide del popolo potessero invece interpretare la Torà secondo la propria opinione.
La reazione dell’Ebreo semplice
Fu a questo che il sadduceo volle alludere, quando fece la libazione dell’acqua sui propri piedi: i “piedi”, le persone semplici, sono quelli che hanno bisogno di sottomettersi e di annullarsi, ma lui, un sacerdote, può afferrare la Torà col proprio intelletto e la propria comprensione. Di fronte a ciò, ecco la reazione appropriata: quando ci si trova a dover affrontare le affermazioni di un sadduceo, non bisogna entrare con lui in discussioni razionali (‘testa’ ‘capo’), ma dimostrare piuttosto tutta la forza e la decisione dell’Ebreo semplice (‘tutto il popolo’). Proprio grazie alla fede semplice e all’accettazione del giogo, il popolo d’Israele può resistere alle sfide che incontra in tutte le generazioni e meritare infine la Redenzione vera e completa.
(Da Likutèi Sichòt, vol. 2, pag. 429)