La gioia dellaTorà Pubblicato il 4 Ottobre, 2023
Simchàt Torà ha la forza di rivelare come ogni Ebreo sia completamente unito a D-O, e tutto ciò proprio tramite il danzare dell'Ebreo con i rotoli della Torà. È un momento questo in cui emerge come la vera Essenza di D-O e quella dell'Ebreo siano una cosa sola.
Simchàt Torà segna il culmine del mese di Tishrèi, le cui feste possiedono un significato generale, che riguardano l’intero anno. Simchàt Torà ci aiuta a portare l’influenza e l’effetto di queste feste nel nostro servizio Divino quotidiano, durante l’anno. Il tema fondamentale di questa festa è quello della gioia, ed in particolare quella del danzare con i Rotoli della Torà. Questo danzare è preceduto dalla recita di 17 versi, che “forniscono delle ragioni per questa gioia”. Ciò suscita alcune domande. Innanzitutto, come, questi versi, spiegano questa gioia? In secondo luogo, perché noi dovremmo avere bisogno di una qualsiasi motivazione o spiegazione? Nel momento in cui abbiamo appena terminato tutta la Torà e, immediatamente, la iniziamo di nuovo, è semplicemente naturale provare un’enorme gioia. Noi dobbiamo concludere, quindi, che questi versi non vengono a giustificare la gioia di Simchàt Torà (che, come abbiamo detto, non necessita di essere spiegata); essi spiegano, piuttosto, un apparente paradosso, associato a questa gioia.
Due aspetti completamente opposti
La Torà è la Saggezza Divina, per cui ci si aspetterebbe che la gioia, che noi proviamo in essa, si esprimesse con lo studiarla; ed in particolar modo, col chiarificarne i punti difficili, dato che “non c’è gioia come quella che deriva dal liberarsi dal dubbio”. La gioia principale di Simchàt Torà, invece, non sta nello studiare la Torà, ma nel danzare con essa. Non solo, noi danziamo col Rotolo della Torà, proprio quando esso è rivestito dalla sua copertura, in modo tale che, anche volendo, non potremmo studiarla. Il motivo è che la gioia di Simchàt Torà ha a che fare con due aspetti, completamente opposti. Da un lato, la nostra gioia, a Simchàt Torà, è dovuta al nostro legame con D-O, che trascende completamente il livello della ragione e della comprensione. A questo lo Zohar si riferisce come al “Kèter Torà” di Simchàt Torà, proprio come la corona (“Kèter”) viene posta sopra la testa (che corrisponde all’intelletto). Dall’altro lato, la gioia di Simchàt Torà permea e cattura l’intera persona, fino ai suoi piedi, cosa che emerge, in particolare, dal suo danzare, che viene fatto, per l’appunto, con i piedi. Anche la lettura della Torà, relativa a Simchàt Torà, contiene questa stessa contrapposizione. Gli ultimi versi della Torà parlano di “tutti i prodigi e miracoli…. che Moshè operò di fronte a tutto Israele”, prodigi e miracoli, cioè, che trascendono l’ordine naturale delle cose. Immediatamente dopo, noi iniziamo la lettura della Torà, dall’inizio, leggendo della creazione e della rivelazione del Divino in questo particolare mondo.
La gioia viene dall’unione degli opposti
Si tratta della combinazione di opposti: il livello di Divinità, pur trascendendo il mondo, dev’essere fatto discendere, in modo da permeare il mondo. Questa idea, di collegare gli opposti, torna nei versi, che precedono le hakafòt. Il primo dice: “Tu hai imparato a conoscere che il Signore è D-O (Havàye hu HaElokìm); che non vi è nessun altro all’infuori di Lui”. Dall’interpretazione dell’Admòr HaZakèn di questo verso, emerge come persino la forma più elevata e trascendente di Santità (Havàye), viene fatta discendere al livello della conoscenza, fino al punto che la Divinità, che si cela dentro la natura (Elokìm), viene a rivelarsi a noi, che la riconosciamo, così, come più alta della natura. Nel secondo verso, noi leggiamo: “(Celebrate) Colui che da solo compie grandi prodigi, poiché la sua bontà dura in eterno (leolàm, ‘eterno’, significa anche – ‘per il mondo’)”. Questi grandi prodigi hanno la loro origine nell’Essenza di D-O e sono così elevati, da essere riconosciuti solamente come miracoli da D-O Stesso (“solo”). E perché Egli porta simili prodigi? “Poiché la Sua bontà è leolàm”, Egli desidera, cioè, che la Divinità (“la Sua bontà”) si riveli qui giù, in questo mondo (olàm). La stessa idea ritorna negli altri versi, che precedono le hakafòt. Essi vengono a spiegare quale sia la vera gioia delle hakafòt, la gioia del fatto che noi siamo uniti a D-O, in un modo che trascende l’intelletto, e che questa sublime unità permea la nostra esistenza, fino al livello dei nostri piedi. Questa combinazione di opposti assomiglia a quella dell’Era Messianica, nella quale l’Essenza Divina verrà rivelata in ogni tratto del mondo fisico.
Due opposti apparenti
Secondo questa spiegazione, questi due estremi, da un lato sono degli opposti, che non si combinano mai, mentre dall’altro, ad un livello più profondo, si tratta di un’opposizione solo in apparenza, poiché, in realtà, gli opposti coincidono. I nostri Saggi dicono che il mondo fu creato, originariamente, avendo in mente l’Era Messianica. La perfezione dei Giorni di Moshiach era presente già al momento della creazione, sebbene in forma celata. All’arrivo di Moshiach, non vi sarà una vera “innovazione” nella creazione, dato che tutto era già presente, fin dall’inizio. Sarà solo necessario rivelare D-O nella creazione, nella Sua vera Essenza. Questa stessa Essenza, questa stessa santità si trova nascosta anche dentro l’Ebreo. Ogni Ebreo è già legato all’Essenza di D-O, ancor prima che divenga manifesta la sua capacità di servirLo. Per questo, il danzare a Simchàt Torà non comporta solo la combinazione di due opposti: la rivelazione più elevata e sublime e ‘i piedi’. Di fatto, non esistono due opposti, poiché ogni Ebreo è completamente unito a D-O, e la danza viene solo a rivelare ciò.
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