La vera gioia della Torà Pubblicato il 6 Ottobre, 2023
È proprio a Simchàt Torà, la conclusione ed il culmine del Matàn Torà, con la trasmissione delle seconde Tavole e l’aspetto della conclusione della Torà come risultato del proprio sforzo e della propria fatica, che noi siamo in grado di rallegrarci e gioire veramente per la conclusione della Torà.
Perché non festeggiamo la Gioia della Torà a Shavuòt?
Il mese di Tishrei, così ricco di feste, si conclude con il giorno di Simchàt Torà, la Gioia della Torà e questo giorno rappresenta il culmine del mese di Tishrei, in cui tutti gli eventi del mese – comprese le seconde Tavole del Patto che ci furono date a Yom Kippùr – vengono assorbiti ed interiorizzati nel profondo, da ognuno di noi. La Chassidùt ci spiega che Simchàt Torà celebra proprio le seconde Tavole del Patto che abbiamo ricevuto (dopo la rottura delle prime, a causa del peccato del Vitello d’Oro), e che furono consegnate da D-O a Moshè a Yom Kippùr. La Chassidùt pone però qui una domanda: perché noi ci rallegriamo e festeggiamo la Torà proprio il giorno di Sheminì Azèret, al termine di Succòt, e non a Shavuòt, la festa che celebra il momento preciso in cui abbiamo ricevuto la Torà, il momento stesso che ci permette di gioirne?! Il Shulchàn Arùch ci fornisce la risposta apparentemente più ovvia: “In questo giorno noi terminiamo la Torà, ed è bene celebrare questa conclusione.” Ma se la spiegazione è così semplice e a portata di mano, come mai la Chassidùt chiede perché noi festeggiamo la Torà a Sheminì Azèret?
Il completamento della Torà
I nostri Saggi dicono che i Dieci Comandamenti contengono in sé tutti i 613 precetti. Per questo, nel momento stesso in cui D-O diede i Dieci Comandamenti, fu data anche l’intera Torà, con tutti i suoi precetti. Questo vorrebbe dire che già con i Dieci Comandamenti che furono dati la prima volta, a Shavuòt, la Torà fu apparentemente conclusa, nella sua interezza. Non dovrebbe quindi essere festeggiato con la massima gioia un giorno come questo, di ‘conclusione’ e completamento della Torà? In verità, tutta la Torà e tutti i precetti furono sì inclusi nei Dieci Comandamenti, ma solo in forma nascosta. Tuttavia, anche se furono solamente i Dieci Comandamenti a poter essere immediatamente percepiti da tutti, resta comunque il fatto che in essi fosse celata tutta la Torà. Non sarebbe questo un motivo sufficiente per celebrare un simile momento con grande gioia? In particolare, se si pensa che noi festeggiamo con grande gioia anche solo il completamento dello studio di un singolo trattato del Talmùd! Si rafforza quindi la domanda: perché a Shavuòt, quando furono dati i Dieci Comandamenti, e con essi tutta la Torà, cosa che rappresenta un’effettiva ‘conclusione’ della Torà, noi non festeggiamo con lo stesso grado di gioia di Sheminì Azèret?
Un dono dall’alto o una conquista dal basso?
Per capire, dobbiamo scoprire la differenza che c’è fra Sheminì Azèret e Shavuòt. Riguardo alle prime Tavole, quelle ricevute a Shavuòt, l’intera Torà ed i comandamenti celati in esse furono dati al popolo Ebraico come dono dall’alto. Non è così invece per quel che riguarda la conclusione della Torà a Sheminì Azèret. In questo caso, noi abbiamo studiato la Torà durante tutto l’anno, arrivando così nel giorno di Sheminì Azèret alla conclusione dell’intera Torà. Questo spiega perché la gioia della Torà sia maggiore nel giorno di Sheminì Azèret. Solo quando si lavora per qualcosa e ci si sforza grandemente per essa, si potrà provare poi una vera gioia, quando la si sarà conclusa. Così è per la gioia di Simchàt Torà: questa gioia così completa può essere raggiunta solo a Sheminì Azèret, alla conclusione della Torà che noi abbiamo studiato, Torà che abbiamo acquisito con il nostro sforzo. Shavuòt invece celebra il ‘completamento della Torà’ che abbiamo ottenuto come dono, senza fatica e sforzo da parte nostra. La nostra gioia, di conseguenza, non può essere totale e completa.
Le prime e le seconde Tavole
Questa spiegazione si combina anche con quella per cui la Gioia della Torà si celebra a Sheminì Azèret, come conseguenza delle seconde Tavole che furono date a Yom Kippùr. In generale, la differenza fra le prime e le seconde Tavole del Patto riguardano le Tavole stesse. Le prime furono sia ‘opera di D-O’ che ‘scrittura di D-O’, mentre le seconde furono solo ‘scrittura di D-O’, avendo Moshè stesso ricavato le Tavole dalla pietra. Questo è anche il motivo per il quale le prime e le seconde Tavole differirono riguardo alla loro influenza sul popolo Ebraico e sul mondo in generale. Riguardo alle prime, i nostri Saggi hanno detto: “Se le prime Tavole non fossero state rotte, la Torà non sarebbe stata mai dimenticata da Israele … né alcuna nazione ed alcun popolo avrebbero potuto esercitare un dominio su di loro.” Le seconde Tavole, però, introdussero un tema nuovo, quello dell’‘affaticarsi nella Torà’. Ciò significa che, con le prime Tavole, il popolo Ebraico ha ricevuto la Torà esattamente come essa è stata fatta scendere dall’alto. Per quanto riguarda il grado di rivelazione Divina, quindi, le prime Tavole sono molto più elevate delle seconde. Le seconde Tavole, però, realizzarono l’aspetto di impegnarsi e affaticarsi nella Torà con le proprie forze, cosa che porta a un risultato molto maggiore del semplice ricevere la Torà come un dono dall’alto. Questo è il motivo per cui è proprio a Simchàt Torà, la conclusione ed il culmine del Matàn Torà, con la trasmissione delle seconde Tavole e l’aspetto della conclusione della Torà come risultato del proprio sforzo e della propria fatica, che noi siamo in grado di rallegrarci e gioire veramente per la conclusione della Torà.
(Da Likutèi Sichòt, vol. 14, pag. 156-160)