‘Luce’ e ‘Buio’ Pubblicato il 2 Giugno, 2023

Luce e spirito sembrano opposti a buio e materia ed infinitamente più elevati di essi. Sarà quindi una grande sorpresa, scoprire che, proprio il mondo materiale è quello più vicino a D-O!  

 Nella parashimages[48][1]à di Behaalotechà,  Aharòn haCohèn (il Sacerdote) viene istruito sull’accensione dei lumi della Menorà (candelabro). Il termine usato per ‘accendere’ (behaalotechà), contiene in sé il significato di ‘salire’, ‘elevarsi’. Da qui Rashi spiega, che l’opera di accensione di ogni lume, doveva durare fino a che la fiamma non fosse in grado di ‘elevarsi’ per conto suo. L’anima dell’Ebreo è paragonata ad una fiamma, e come una fiamma tende a salire, così in ogni Ebreo c’è un desiderio di elevarsi, per unirsi al Creatore. Il processo di discesa dell’anima in un corpo materiale, che vive ed agisce in un mondo materiale, viene, però, a nascondere la luce di questa fiamma. Il compito di Aharòn HaCohèn è quindi, quello di rivelare e rendere percepibile questo desiderio naturale, ma nascosto, dell’anima dell’Ebreo di collegarsi ad HaShem.

       Nelle ‘Massime dei Padri’, ci viene detto: “Sii discepolo di Aharòn, ama la pace, e perseguila, ama gli uomini e avvicinali alla Torà:” (Pirkè Avòt 1;12). Il compito, quindi, di “accendere” le anime, di avvicinarle al loro Creatore, riguarda tutti noi e, come dice la Mishnà, l’amore stesso per l’altro Ebreo, lo porta ad avvicinarsi alla Torà. I lumi della Menorà, che rappresentano le anime degli Ebrei, sono sette, come sette sono i tipi di Ebrei esistenti, derivanti dalle sette Middòt (Attributi Emotivi Divini, o ‘misure’), che caratterizzano anche l’uomo. Di questi sette Attributi, ognuno di noi ne possiede uno, come suo proprio tratto fondamentale, e dalla sua specifica combinazione con i rimanenti Attributi, deriva poi l’unicità che caratterizza ogni individuo, e che si esprime, poi, nel suo agire nel mondo e nel suo Servizio Divino. Il lavoro di avvicinamento alla Torà con amore, è ciò che permette il rivelarsi di queste diverse attitudini, sette luci diverse, in cui ognuno scopre il proprio modo unico, prezioso ed insostituibile di Servire HaShem.

     Se noi dobbiamo occuparci, allora, di avvicinare altri Ebrei alla Torà, come possiamo avere il tempo di trasformare ed elevare noi stessi? La Torà ci promette che, aiutando gli altri, le nostre stesse acquisizioni nello studio della Torà ed il nostro elevamento spirituale saranno molto più veloci. Investendo sugli altri ci si innalza. Si tratta, dunque, di un premio? No! Tutto ciò che sta più in alto, quando cade, cade più in basso. Quando noi incontriamo un Ebreo, che sembra completamente lontano dal proprio Ebraismo, scollegato da HaShem, sappiamo di trovarci davanti ad un’anima, che ha un’origine molto elevata, tanto che l’istinto del male (ièzer harà) deve lavorare con tutte le sue forze per catturarla e poterne ricavare vitalità per sé. Quando noi, quindi, avviciniamo questo Ebreo, ci colleghiamo alla sua anima, alla sua energia, alla sua particolare elevatezza. Ci colleghiamo alla radice stessa così elevata di quell’anima ed è questo che permette a noi stessi di elevarci.

     Dietro tutto ciò, c’è un’interessante spiegazione, che prende il via da un confronto fra la ‘luce’ ed il ‘buio’. Se noi ci rivolgessimo ad un qualunque punto della luce, che illumina la stanza in cui ci troviamo e gli chiedessimo se esso ha un’origine, sicuramente ci rimanderebbe al punto di luce che lo precede, e così via, fino ad arrivare alla fonte prima, al sole o alla lampada. La luce ha un’origine e la riconosce. Rivolgendo la stessa domanda al buio, la sua risposta sarebbe negativa. Il buio non sente e non riconosce di avere un’origine, crede di esistere di per sé. Non c’è una pila che diffonde buio, non c’è un “padre” del buio. Il buio viene normalmente collegato alla materialità e la luce alla spiritualità. Quando guardo un oggetto materiale, infatti, non vedo l’energia Divina che lo fa esistere. Vedo solo l’oggetto, oltre al quale non esiste niente. Ogni ‘punto’ di spiritualità, invece, trasmette l’esistenza di un’origine. Nello studio, ad esempio, da ogni comprensione alla quale si arriva, emerge qualcos’altro che vi sta dietro, e così via. La spiritualità rivela un legame con una radice.

      Se chiediamo quindi cosa sia la ‘luce’ e cosa sia il ‘buio’, arriviamo a due definizioni. La ‘luce’ è spiritualità, ha un origine e la riconosce; il ‘buio’ è materialità che ‘esiste di per sé’, non sente di avere un’origine e non la riconosce. Chiediamoci ora, se esiste qualcosa di spirituale, che può essere definito  ‘buio’. La risposta è: sì! L’Essenza di HaShem, ai nostri occhi è ‘buio’! Essa infatti, come il buio, non prende origine da qualcosa di più elevato che la precede e riconosce solo Se Stessa. Nella definizione di buio, quindi, rientra sia la materialità, sia l’Essenza di HaShem. Ora, noi sappiamo che ognuno può dare solo quello che ha, e non quello che non ha. A livello spirituale, infatti, ogni livello riceve da quello superiore, che a sua volta si annulla alla luce di ciò che è più in alto. Ciò, però, non sembra verificarsi nel mondo materiale, che non si annulla davanti a ciò che gli è superiore. Un tavolo, infatti, esiste e non sente di essere stato creato, né lui, né il legno di cui è fatto. Anche noi, quando non siamo collegati allo studio della Torà, ed in particolare della sua parte più interiore, pensiamo di esistere, senza riconoscere una nostra origine, e crediamo di ottenere tutto ciò che abbiamo, solo grazie ai nostri sforzi. Ci riteniamo come dei piccoli ‘Creatori’. Ma chi ha messo dentro di noi questa sensazione di esistenza assoluta? Questa sensazione di ‘esistenza’ può venire solo dall’Essenza vera, unica e prima dell’esistenza: HaShem. Se così, veniamo a scoprire che il mondo materiale è quello più vicino ad HaShem! La Forza dell’Essenza Divina si rivela, infatti, proprio nel mondo materiale, attraverso la Torà e le mizvòt, che si possono compiere solo nel mondo materiale.

     Se torniamo ora al confronto fra la ‘luce’ ed il ‘buio’, vedremo che la ‘luce’ viene da una fonte meno elevata del ‘buio’, ma ha il vantaggio di riconoscere la propria origine, mentre il ‘buio’, pur venendo dal livello più elevato, l’Essenza stessa di HaShem, non è in grado di riconoscere la propria origine. In termini pratici, un Ebreo osservante (luce), apparentemente sembra più elevato di chi, lontano dalla Torà, sente e riconosce solo se stesso (buio), mentre è proprio l’anima di quest’ultimo, che ha un’origine più elevata, per quanto egli non lo senta. Quando, allora, l’Ebreo osservante riesce ad avvicinare chi è ancora lontano, rivelandogli così la sua origine elevata e la possibilità di collegarsi ad essa, egli stesso riceve questa possibilità, di elevarsi ed unirsi a quella stessa radice. Ed è così che il buio stesso rivelerà la sua vera essenza, trasformandosi nella luce più elevata, la luce della Gheulà vera e completa, oggi, subito!

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