Quando scende l’oscurità, ci si mette in cammino Pubblicato il 10 Marzo, 2024

In quest’epoca, quando il popolo d’Israele si trova immerso nell’esilio, noi non dobbiamo lasciarci scoraggiare dal buio dell’esilio, poiché proprio questo è il fine e lo scopo: illuminare con la luce della Torà proprio il buio.

nube Divina“Quando la nube si alzava al di sopra del Mishkàn, i figli d’Israele si mettevano in viaggio” (Shemòt 40,36)

Con la parashà Pekudè si conclude la lettura del secondo Libro della Torà, Shemòt, anche chiamato il ‘Libro della Redenzione’, trovandosi proprio in esso tutto il racconto della liberazione del popolo Ebraico dall’Egitto. Il Libro si conclude con la descrizione dell’erezione del Mishkàn (Tabernacolo) e della rivelazione della Presenza Divina che si compì in esso. Fra gli ultimi versi, si trova quello che dice: “In tutti i loro spostamenti, i figli d’Israele si mettevano in viaggio quando la nube si alzava al di sopra del Mishkàn”. Sorge qui un duplice interrogativo: 1) Qual è il nesso fra il mettersi in cammino del popolo Ebraico e l’erezione del Mishkàn? Apparentemente, la descrizione della partenza dei figli d’Israele per ognuna delle loro tappe dovrebbe riguardare solo la parte della Torà che si occupa dell’ordine di marcia seguito dagli Ebrei nel deserto, secondo i segnali ricevuti da D-O (Bemidbàr 9, 15 e seguenti). 2) Da ciò che si legge, risulta che il cammino che avvicinava il popolo alla Terra d’Israele era strettamente collegato all’allontanarsi della Presenza Divina: proprio quando “la nube si alzava” “i figli d’Israele si mettevano in cammino”. Come mai?

“Una dimora nei mondi inferiori”
Ad entrambi gli interrogativi vi è un’unica risposta: lo scopo di tutto, sia del Tabernacolo che di tutta la creazione, può realizzarsi solo grazie al fatto che i figli d’Israele ‘si mettono in viaggio’ proprio ‘quando la nube si alza’. Non è una novità fare la volontà di D-O, quando la Sua Presenza è qui, rivelata. Lo scopo è quello di arrivare alla santità anche quando questa è celata e nascosta, quando da quello che appare, sembra che la nube di D-O, la Sua Presenza, ‘si sia alzata’ e non si trovi qui. Il Midràsh dice: “Il Santo, benedetto Egli sia, ebbe il desiderio di avere una dimora nei mondi inferiori”. Ma rispetto a D-O esistono forse mondi superiori e mondi inferiori?! Per ‘mondi inferiori’ si intende qui la condizione in cui la santità, ai nostri occhi, non risplende in modo manifesto, cosa che porta con sé un grande svantaggio spirituale. Ed è questo lo scopo della creazione: che questo mondo inferiore, dove la Presenza Divina non è rivelata, divenga una dimora per il Santo, benedetto Egli sia; che anche se la santità non si rivela qui da parte Sua, i figli d’Israele riescano a farla risiedere per mezzo della Torà e delle mizvòt.

Quando la nube si alza
Alla luce di ciò, è chiaro che quando la nube di D-O si trova qui, in basso, e tutti vedono la rivelazione della Presenza Divina, questo mondo non può essere considerato ‘inferiore’, e di conseguenza non si può realizzare lo scopo della creazione. Solo quando la nube di D-O si alza, e la sua luce non può illuminare qui, in modo manifesto, allora inizia il cammino dei figli d’Israele verso la realizzazione della volontà Divina. Tutta la funzione del Mishkàn è quella di fornire al popolo d’Israele la forza di portare la santità nel mondo, proprio quando “la nube si alza”. Per questo, il racconto dell’erezione del Mishkàn si conclude con il verso che parla di quando “la nube si alza”, poiché è questo tutto lo scopo del Mishkàn.

Non scoraggiarsi
In ciò vi è anche un’indicazione eterna, valida per tutti noi: in quest’epoca, quando il popolo d’Israele si trova immerso nell’esilio, quando l’oscurità spirituale regna nel mondo, è il momento in cui occorre che noi poniamo un maggiore sforzo nel nostro occuparci della Torà e delle mizvòt. Noi non dobbiamo lasciarci scoraggiare dal buio dell’esilio. Anzi, dobbiamo comprendere che questo è il fine e lo scopo: illuminare con la luce della Torà proprio il buio. Come l’allontanarsi della presenza Divina dal Mishkàn rappresentava il segnale di mettersi in marcia, così anche l’esilio e l’oscurità spirituale sono proprio ciò che ci incoraggiano a dedicarci completamente all’adempimento della missione Divina, e a ‘incamminarci’ verso la Redenzione completa.
(Likutèi Sichòt, vol. 16, pag. 475)

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