Salvezza all’ultimo istante Pubblicato il 11 Aprile, 2023

George era l’unico Ebreo della zona, e il suo isolamento cominciava a pesargli ormai troppo. Di Sabato, solo in casa, recitava le poche preghiere che conosceva, e la domenica guardava tutta la gente che andava in chiesa, mentre lui non aveva dove andare. Arrivato ai trent'anni, decise di arrendersi: sarebbe andato dal prete e si sarebbe convertito! Prima però pregò D-O: “Ascolta, o D-O, se Ti importa qualcosa di me... Ho bisogno di un miracolo, come quelli che hai fatto in Egitto. Mandami qualcuno che mi aiuti ad essere un Ebreo. Ma se questo non succederà entro le prossime due settimane... bene... allora andrò dal prete!” E proprio allora....

mazot mivzaimEra l’anno 1976 e mancavano poche settimane a Pèsach, quando accaddero questi avvenimenti. George (nome fittizio), che viveva in un piccolo villaggio della campagna olandese, pur essendo Ebreo, non poteva essere considerato religioso, anche se in qualche modo ricordava ed osservava qualche precetto imparato dai genitori. Tutta la sua famiglia era stata sterminata dai nazisti una trentina di anni prima, così come tutti gli Ebrei che vivevano in quella zona. George era rimasto solo, l’unico Ebreo sopravvissuto. Comunque, non si lamentava: aveva un buon lavoro come cuoco di un ristorante, aveva rimesso in piedi la vecchia casa che i tedeschi avevano distrutto e poteva considerarsi soddisfatto. L’unico problema era che si sentiva solo e il suo carattere chiuso e timido non lo aiutava. Aveva sempre avuto problemi a farsi degli amici e qualsiasi cambiamento nella sua vita lo spaventava. Così, aggiunto al fatto che era un Ebreo, il suo isolamento cominciava a pesargli ormai troppo. All’inizio, non ne aveva sofferto. Essere l’unico Ebreo della zona non gli era sembrato un problema: un po’ di privacy dopotutto era piacevole, e comunque aveva sempre così tanto da fare… Quando però arrivavano i fine settimana, l’isolamento diventava opprimente. Di Sabato, solo in casa, recitava le poche preghiere che conosceva, e la domenica guardava tutta la gente che andava in chiesa, mentre lui non aveva dove andare. Ovviamente, c’era anche il problema di trovare moglie. Come avrebbe potuto trovare una ragazza Ebrea, quando per miglia e miglia intorno a lui non viveva nessun Ebreo? Molte volte aveva preso in considerazione l’idea di vendere semplicemente la casa, lasciare il suo lavoro e trasferirsi in una città dove ci fosse una comunità Ebraica, ma questo avrebbe comportato un cambiamento drastico, un salto nel buio, e la cosa lo spaventava troppo. Avesse avuto almeno qualcuno che lo aiutasse, ma non c’era nessuno! Così rimandò, settimana dopo settimana, mese dopo mese, anno dopo anno, fino a che si trovò all’età di trent’anni, quando decise di arrendersi. Sarebbe andato dal prete e si sarebbe convertito! Sarebbe stata la soluzione più semplice e comoda. Non era la prima volta che ci aveva pensato, ma sempre qualcosa lo aveva trattenuto, un’impressione profonda che si trattasse di un passo completamente sbagliato. Sapeva di tanti Ebrei che erano stati pronti a morire piuttosto che rinunciare alla propria fede ed era sicuro che anche suo padre e suo nonno, se fossero stati vivi, sarebbero inorriditi a una simile prospettiva. Ma ormai era troppo stanco di dover sempre lottare e di sentirsi così solo. Basta, la decisione era presa! Pèsach si stava avvicinando, la festa nella quale D-O aveva salvato il Suo popolo con grandi miracoli, migliaia di anni prima. Bene, se non fosse accaduto un miracolo anche a lui, forse, tutto sommato, poteva essere che anche la Bibbia fosse solo (D-O perdoni) una storia inventata. Arrivò persino a pregare D-O: “Ascolta, o D-O, se Ti importa qualcosa di me… Ho bisogno di un miracolo, come quelli che hai fatto in Egitto. Mandami qualcuno che mi aiuti ad essere un Ebreo. Ma se questo non succederà entro le prossime due settimane… bene… allora andrò dal prete!” Ma le due settimane passarono e non accadde nulla. “Bene” pensò, mentre cucinava nel ristorante. “Le due settimane sono trascorse. Come finisco di lavorare, vado dal prete. Così è!!” In quella, la voce del suo capo interruppe i suoi pensieri. “C’è qualcuno per te, George.” Alzò gli occhi e non poté credere a quello che vedeva. Un Ebreo religioso, completo di barba, cappello e abito nero gli stava davanti. “Sei Ebreo?”, gli chiese l’uomo. George annuì, asciugandosi le mani nel grembiule, mentre le lacrime gli stavano riempiendo gli occhi. “Ehi, sono contento di vederti! È da tre ore che giro per il paese cercandoti.” “Me?” chiese George. “Cercate me? Chi siete?” “Sono un chassìd del Rebbe di Lubavich. Vivo ad Amsterdam ed ho ricevuto una chiamata alcuni giorni fa dal segretario del Rebbe. Mi ha riferito la richiesta del Rebbe di venire in questo paese, trovare l’Ebreo che vive qui e consegnargli questo.” Gli diede quindi una bella scatola colorata, spiegando: “Sono tre matzòt per il ‘sèder’ di Pèsach, che è domani sera.” George prese la scatola, come in un sogno, ed esclamò: “Questo è un miracolo! Il tuo Rebbe mi ha salvato! Ha risposto alle mie preghiere”, e continuò raccontando al chassìd tutta la sua storia. “Solo una correzione,” disse il chassìd, “non si tratta del mio Rebbe, è il nostro Rebbe. Il Rebbe di Lubavich è il ‘Rosh Bnei Israel’, il capo del popolo Ebraico e, come la testa percepisce naturalmente tutte le membra del corpo, così il Rebbe sente il dolore di ogni Ebreo. Egli deve aver quindi sentito quello che, D-O non voglia, stavi per fare!”

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