Un miracolo di Pèsach Pubblicato il 30 Marzo, 2023

"Che il pane azzimo fosse un 'pane di guarigione' era un fatto che conoscevo bene, ma mai più avrei pensato di vedere così da vicino la prova di ciò: un vero e proprio miracolo!"  

“Era l’undici di Nissàn del 5755,” racconta rav Herzel Borochov, “e avevo dedicato tutto il giorno alla ‘Mivzà Matzà’ (una delle campagne indette dal Rebbe per dare l’occasione ad ogni Ebreo di compiere mizvòt – precetti), distribuendo alle persone di mia conoscenza matzà shmurà (pane azzimo fatto a mano sotto stretto controllo, affinchè non lieviti, divenendo così inadatto al precetto di mangiare pane che non sia lievitato, nella festa di Pèsach). Avevo comprato alcune casse di vino e di matzòt e avevo preso a noleggio una macchina. Insieme a mia moglie ed ai miei due figli, avevamo girato tutto il giorno, visitando amici e conoscenti. Grazie a D-O, tutti coloro che avevano ricevuto il vino e le matzòt, avevano dimostrato apertamente un grande apprezzamento per l’iniziativa. In complesso, era stata una giornata intensa, ricca di avvenimenti e di emozioni. Avevamo iniziato già dal mattino presto, per fare ritorno non prima di notte inoltrata.

   Durante tutto il giro, avevo portato con me un volume dell’Igròt Kodesh (una raccolta di lettere del Rebbe), incoraggiando tutti quelli che incontravo a scrivere al Rebbe, per augurargli un buon compleanno (l’11 di Nissàn è appunto il compleanno del Rebbe) e per chiedere la sua benedizione. Le stupefacenti risposte che le persone avevano ricevuto, inserendo la lettera in una delle pagine del volume, avevano procurato loro una grande emozione. Una volta tornati a casa, mia moglie mi ricordò di scrivere un rapporto dettagliato al Rebbe, su tutti gli avvenimenti della giornata. Nonostante avessi pensato di fare ciò soltanto dopo Pèsach, decisi in quel momento di dar retta al suggerimento di mia moglie. Inserito poi il rapporto nell’Igròt Kodesh, vol. 11, lessi la risposta che mi concerneva, che appariva nella pagina che si era aperta: era la lettera numero 3413 del volume. Subito ebbi la percezione che il Rebbe si rivolgesse direttamente a me. La lettera era datata Chol HaMoèd Pèsach, e diceva: “Sono stato molto contento di sentire che avete distribuito matzà shmurà ai vostri amici passati e presenti. Sono certo che mi scriverete ancora, aggiungendo ulteriori dettagli al termine della Festa.” Questa parte della lettera era una chiara risposta a ciò che avevo scritto. Ma a quel punto il Rebbe continuava, dicendo: “Possa il grande merito di quest’attività portare un miglioramento nella condizione di salute di vostra madre.”

    A leggere quelle parole rimasi shokato. A quel tempo, infatti, mia madre soffriva terribilmente, per dei problemi alle ginocchia, al punto che per camminare era costretta ad avvalersi dell’aiuto di stampelle. In seguito, la situazione era peggiorata al punto che i dottori avevano deciso di operarla ad entrambe le ginocchia, e il primo intervento era stato programmato per Chol HaMoèd Pèsach. Per una ragione o per l’altra non avevo ancora scritto di ciò al Rebbe, ed ecco che…  avevo già ricevuto la risposta! Chiamai immediatamente mia madre per dirle cosa era accaduto. Le consigliai anche di essere più attenta nell’osservanza del Sabato e di dare più zedakà (carità), in modo da creare un ‘recipiente’ adatto a ricevere la benedizione del Rebbe.  Avendo inoltre a che fare la risposta del Rebbe con la matzà shmurà, le dissi di comprare quel tipo di matzà per Pèsach.

    Il giorno prima di Pèsach andai a visitare i miei genitori e vidi che la matzà shmurà che mia madre aveva comperato era fatta a macchina. Subito corsi a procurarle della matzà shmurà fatta a mano, sapendo quanto il Rebbe insistesse sull’importanza del suo uso per Pèsach, e mia madre mi garantì che durante la festa avrebbe consumato solo quella. Il ‘recipiente’ era pronto e la benedizione non si fece aspettare. Una mattina di Chol HaMoèd, ricevetti una telefonata di mio padre. La sua voce risuonava di una gioia, che da tempo non sentivo. Mi disse che mia madre, improvvisamente, si era alzata in piedi ed aveva cominciato a camminare, senza dolori e senza necessità di stampelle! Ero shokato e ammutolito. Era incredibile! Mi precipitai a casa loro, per vedere il miracolo con i miei occhi. Quel giorno, mia madre si recò all’ospedale, dove i dottori si ruppero la testa, sottoponendola ad un esame dopo l’altro, per cercare di capire cosa fosse accaduto, come un problema così complesso avesse potuto sparire, senza nessun tipo di trattamento. Il Rebbe vive e risponde!”

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