Una diga rafforza la corrente Pubblicato il 19 Dicembre, 2023
L’esilio, ha la funzione di risvegliare nell’Ebreo le forze nascoste e potenti che si trovano celate nel punto più profondo della sua anima. Ciò significa che bisogna approfittare dei giorni dell’esilio, nei quali ci troviamo, per rafforzarci ulteriormente nella Torà e nei precetti.
“Io stesso scenderò con te in Egitto e Io ti farò tornare indietro di là” (Bereshìt 46:4)
Il popolo d’Israele ha subìto quattro esili: il primo è stato “l’esilio dell’Egitto”; il secondo, “l’esilio di Bavèl”; il terzo, “l’esilio dell’Assiria”; e il quarto esilio è quello nel quale tutti noi siamo ancora immersi, “l’esilio di Edòm”. La parashà Vaygàsh narra l’inizio della discesa nell’esilio dell’Egitto. D-O si era rivelato a Yacov Avìnu con questa promessa: “Io stesso scenderò con te in Egitto e Io ti farò tornare indietro di là”. Yacov e i suoi figli scesero quindi in Egitto accompagnati da questa benedizione. Così iniziarono duecentodieci anni di esilio in Egitto.
L’esilio più duro
Per molti aspetti, l’esilio dell’Egitto fu più duro di tutti gli altri esili. 1) Negli altri esili il Popolo d’Israele aveva la Torà dalla quale attingere la forza necessaria a resistere ai travagli dell’esilio; l’esilio dell’Egitto, invece, ebbe luogo prima che la Torà fosse data sul Monte Sinai. 2) L’esilio dell’Egitto fu il primo esilio, e per natura fu quindi più duro: tutto ciò che accade per la prima volta, infatti, ha un’influenza più acuta sull’uomo. 3) In Egitto si trovava raccolto tutto il Popolo Ebraico, così che le difficoltà dell’esilio colpirono l’intero popolo. Al contrario, negli altri esili il popolo era disperso fra numerose nazioni, e quando una di queste faceva pesare il suo giogo sugli Ebrei, in altri paesi essi potevano vivere relativamente in pace e addirittura cercare di aiutare i loro fratelli, che si trovavano sotto il dominio di in uno stato oppressore. 4) L’Egitto stesso era una nazione dal regime duro e tirannico, fino al più alto grado possibile. Esso era chiuso in modo ermetico, tanto che non era neppure immaginabile poterne uscire, come raccontano i nostri Saggi, che “nemmeno uno schiavo avrebbe potuto fuggire dall’Egitto”.
Il rivelarsi di forze nascoste
Questo esilio così duro ebbe anche uno scopo positivo: esso fu di preparazione al Matàn Torà sul Monte Sinai. L’Egitto fu il “crogiolo di ferro” nel quale il popolo Ebraico fu forgiato, purificato, e reso adatto e pronto a ricevere la Torà. Un’allusione a ciò la si può trovare anche nel nome ‘Mizràim’ (Egitto), che ha il significato di ‘ristrettezze’. Quando si provoca un restringimento nel percorso di un fiume, la cosa può apparire all’inizio come una limitazione ed un ostacolo alla corrente. Se si osserva invece con attenzione lo scorrere dell’acqua, si scoprirà che proprio il restringimento provoca una reazione contraria: esso aumenta la velocità della corrente e la sua potenza, tanto che nel punto stesso del restringimento il fiume diventa più rumoreggiante ed impetuoso. La stessa cosa vale anche per l’esilio, che ha la funzione di risvegliare nell’Ebreo le forze nascoste e potenti che si trovano celate nel punto più profondo della sua anima. Queste forze non si manifestano in condizioni normali, ed è proprio la pressione dell’esilio a costringere l’Ebreo ad utilizzare la forza di sacrificio che è dentro di lui, ed è allora che si manifesta la sua forza interiore. Ciò significa che bisogna approfittare dei giorni dell’esilio, nei quali ci troviamo, per rafforzarci ulteriormente nella Torà e nei precetti. Come grazie all’esilio dell’Egitto gli Ebrei uscirono “con grandi ricchezze” e meritarono di ricevere la Torà, così sarà per noi, che meriteremo al più presto e di fatto la rivelazione del nostro Giusto Moshiach, subito, ai nostri giorni.
(Da Likutèi Sichòt, vol. 1, pag. 95)