Vedere la verità interiore Pubblicato il 11 Agosto, 2023

La parashà Reè, ci insegna a porre il nostro servizio ad un livello apertamente rivelato, il livello della ‘vista’. Il Divino, la Torà e le mizvòt devono essere rivelate apertamente, “viste”. Ciò che si deve creare, è un forte legame interiore, simile a quello che si stabilisce con la vista.

“Io appartengo al mio Amato, ed il mio Amato mi appartiene”
Il mese di Elùl è il mese in cui noi rivediamo il nostro comportamento dell’anno appena trascorso, con l’intenzione di correggerlo e migliorarlo, in vista dell’anno nuovo, che sta per iniziare. L’acronimo di ‘Elùl’ ci fornisce un insegnamento riguardo al servizio, che D-O ci richiede in questo mese: “Io appartengo al mio Amato ed il mio Amato mi appartiene” (Canto dei Cantici 6:3). Ciò comporta l’unirsi con D-O, attraverso un legame di amore e vicinanza. Questo legame ha due dimensioni: il risveglio del desiderio dell’Ebreo di unirsi con D-O attraverso il servizio della Torà e delle mizvòt (“Io appartengo al mio Amato”), e l’espressione dell’amore di D-O per l’Ebreo (“il mio Amato mi appartiene”). Questo ordine del servizio mostra che l’Ebreo ha il compito di iniziare la relazione, dopo di che D-O gli risponde. E questo è, di fatto, lo scopo finale del servizio Divino dell’Ebreo: un servizio che parta dal basso, per propria iniziativa, un servizio che non abbia la connotazione del ‘pane della vergogna’, di qualcosa, cioè, che ci arrivi senza che lo meritiamo. Questo tipo di servizio crea un legame con D-O molto più profondo ed interiorizzato di quello che deriverebbe dal servizio, che nasce come risposta ad una sollecitazione dall’Alto. Nonostante, infatti, le rivelazioni provenienti direttamente dall’Alto abbiano un’origine di gran lunga superiore a quella che un essere creato potrebbe raggiungere, spesso esse non possono essere interiorizzate. Quando la rivelazione dall’Alto fa seguito, invece, ad un risveglio da parte dell’Ebreo, essa può relazionarsi alla dimensione più interiore dell’Ebreo. Non solo, quando l’ordine è questo, il servizio porta alla rivelazione di un risveglio dall’Alto ancora superiore.

Il potere della vista
A darci più forza in questo nostro servizio, viene la parashà Reè, che ci insegna a porre il nostro servizio ad un livello apertamente rivelato, il livello della ‘vista’. La vista possiede un vantaggio, rispetto all’udito ed agli altri sensi. L’impressione che ci lascia qualcosa che abbiamo visto è, infatti, molto più forte ed è indelebile nella sua influenza sul nostro processo di pensiero. Sentire qualcosa, se pur da una fonte attendibile, non ha la stessa forza e, col passare del tempo, ripensandoci su o sentendo qualcosa di diverso, si può facilmente cambiare idea. Per questo la Torà ci dice: “Vedi, Io oggi pongo davanti a voi…”. Il Divino, la Torà e le mizvòt devono essere rivelate apertamente, “viste”. Esse non devono essere al livello di qualcosa che si è sentito ed al quale si crede, un elemento che si aggiunge alla nostra consapevolezza e che può essere soggetto a cambiamenti. Ciò che si deve creare, è un forte legame interiore, simile a quello che si stabilisce con la vista. Questo concetto ha una dimensione ancora più profonda: la vista non solo crea un legame vero ed essenziale con la persona che vede, ma riflette anche l’essenza dell’oggetto che viene visto. È possibile vedere oltre la dimensione esteriore dell’oggetto ed apprezzarne la verità interiore. Cosa deve vedere un Ebreo? L’Essenza stessa di D-O e nient’altro. Il mondo è stato creato da D-O in modo da permettere alla natura di nasconderne la vera forza vitale, che è Divina. Guardando il mondo, si vede solo la sua dimensione materiale. Lo scopo è, però, quello di sapere, al punto tale di “vedere”, che la vera realtà è il Divino, che D-O dà vita e mantiene in essere tutta la creazione. L’unica realtà è D-O. Quando l’Ebreo guarda il mondo, deve realizzare che “D-O è il posto del mondo, e non il mondo è il Suo posto”. D-O non pervade semplicemente tutta l’esistenza, ma, piuttosto, Egli è la realtà di tutta l’esistenza. Questo nostro “vedere il Divino” non deve venire a negare, comunque, la nostra esistenza individuale, o quella del resto del mondo. Al contrario, “vedere il Divino” significa vedere la vera realtà di ogni entità esistente, vedere come ogni elemento al mondo è un riflesso della Sua esistenza. Una persona deve sentire che D-O l’ha creato per essere un’entità (e non un nulla) e, tuttavia, egli deve anche realizzare di essere un tutt’uno con l’Essenza di D-O. E così per ogni cosa creata.

L’unità con D-O
Nel mese di Elùl, in particolare, l’espressione di questo servizio, l’unità con D-O e la rivelazione di questa unità, si compie attraverso lo studio della Torà. La Torà ed il Santo, benedetto Egli sia, sono una cosa sola, e Israele ed il Santo, benedetto Egli sia, sono una cosa sola. L’Ebreo deve utilizzare la propria capacità intellettuale, per studiare la Torà. Prima di ciò, però, egli deve accostarsi alla Torà con auto-annullamento (per mezzo delle benedizioni che precedono lo studio della Torà). In questo modo egli stabilirà “un’unione perfetta” con la Torà e, quindi, con D-O. Con la comprensione della Torà, che è la volontà e la saggezza Divina, è possibile unirsi a Lui, poiché “Egli e la Sua saggezza sono una cosa sola”. Elùl è associato anche all’aumento degli atti di bontà e di carità, nello spirito di “Ama il tuo prossimo come te stesso”. L’unica via per amare veramente l’altro come se stessi è ‘vedere’ chiaramente in se stessi la propria natura Divina e riconoscerla anche nell’altro Ebreo. Noi condividiamo lo stesso Padre e tutti gli Ebrei sono chiamati fratelli, poiché l’origine della loro anima è nel D-O Unico. Fino a quando la persona non percepirà chiaramente questa qualità, non potrà amare veramente l’altro, ma sarà capace unicamente di un amore interessato. Solo quando egli si renderà conto che il proprio vero sé e quello dell’altro Ebreo sono la stessa cosa, vi sarà la possibilità di un amore vero. Un Ebreo, poi, deve arrivare ad apprezzare la Torà e le mizvòt, non come un obbligo che va adempiuto, ma come l’espressione di un rapporto di amore con D-O.

L’Ebreo ha un compito
La comprensione di tutto ciò l’Ebreo deve trasmetterla ai suoi famigliari, ai suoi amici e a tutti gli Ebrei coi quali viene in contatto, ed a ciò deve seguire un aumento ed un espandersi dello studio della Torà e degli atti di bene e di carità. Possa ciò portare al momento in cui vedremo il Terzo Tempio rivelato qui, nel nostro mondo materiale. Ciò è particolarmente rilevante nel nostro tempo, quando vediamo rivelarsi i segni dell’avvento dell’era Messianica, come viene descritto dai nostri Saggi: “Disse Rabbi Izchak: Nell’anno in cui il Re Moshiach si rivela, tutti i re delle nazioni si sfideranno l’uno l’altro. Il re di Persia provocherà un re Arabo ed il re Arabo andrà da Aram per consiglio…. Tutte le nazioni del mondo si agiteranno e saranno colte da paura, cadendo sulle loro facce, soffrendo come per le doglie del parto. Anche gli Ebrei si agiteranno e saranno colti da paura e si domanderanno: “Dove verremo? Dove andremo?” (D-O allora si rivelerà e) dirà loro: “Figli miei, non temete. Tutto ciò che ho fatto, non l’ho fatto che per amor vostro. Perché avete paura?… È giunto il tempo della vostra Redenzione. Quest’ultima redenzione non sarà simile alla prima redenzione, che fu seguita da dolore e da sottomissione ad altre potenze. Dopo l’ultima Redenzione non vi sarà sofferenza nè asservimento ad altre nazioni.” Insegnano i nostri Saggi: “Quando il Re Moshiach verrà, egli starà sul tetto del Beit HaMikdash (Tempio) e griderà agli Ebrei: “Umili, è arrivato il tempo della vostra redenzione.”(Yalkùt Shimoni, Isaia 60)
(Shabàt parashà Reè,22 Menachem Av 5750)

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