Ad ogni Ebreo è data una forza particolare Pubblicato il 1 Ottobre, 2024
Nei ‘Dieci Giorni di Teshuvà’, ad ogni Ebreo è data dall’alto una forza particolare. Ognuno ha la possibilità di avvicinarsi a D-O, elevandosi al punto tale da poter arrivare ad un vero e proprio attaccamento alla propria fonte: il Santo, benedetto Egli sia.
“Prestate ascolto o Cieli” (Devarìm 32:1)
A proposito del verso di apertura della parashà Ha’azìnu, in cui Moshè dice “Prestate ascolto (ha’azìnu), o Cieli”, è detto che, data l’elevatezza spirituale di Moshè, che lo porta ad essere vicino ai Cieli, la Torà usa un verbo che significa ‘ascoltare da vicino’. Ogni particolare, ogni parola della santa Torà costituisce per noi un insegnamento. Anche il fatto che Moshè sia vicino ai Cieli ci insegna qualcosa, e cioè che ognuno di noi può essere ‘vicino ai Cieli’, e che noi abbiamo il compito di sforzarci di arrivare a ciò, compatibilmente con le nostre forze.
Il servizio dell’Ebreo
Il servizio Divino dell’Ebreo, in forma generale, consiste nel suo collegarsi a D-O per mezzo delle sue forze interiori. Quando un uomo, D-O non voglia, pecca, egli provoca in questo modo una mancanza, che intacca queste forze. Egli deve allora ricollegare quella parte che si è separata al momento del peccato. Qual’è la via per riparare al peccato e ricollegare nuovamente le sue forze a D-O? L’uomo che ha peccato deve risvegliare l’essenza della sua anima, che si trova ad un livello superiore a quello delle sue forze interiori. L’essenza dell’anima non può essere indebolita dai peccati; essa è loro superiore. In virtù della forza dell’essenza dell’anima, l’Ebreo è in grado di collegare le proprie forze interiori a D-O, anche quelle che se ne erano distaccate. Questo tipo di servizio ha il nome di ‘teshuvà (pentimento, ritorno) tataà (inferiore)’, ed è il servizio della teshuvà dell’Ebreo che riguarda tutto l’anno.
La ‘teshuvà ilaà’
Nei ‘Dieci Giorni di Teshuvà’ (quelli che vanno da Capodanno a Yom Kippùr), il tipo di servizio cambia, e la teshuvà diviene una ‘teshuvà ilaà’ (teshuvà superiore), una teshuvà che deriva dal livello dell’anima che è chiamato ‘yechida’. La ‘yechida’ dell’anima è ad un grado del tutto superiore a quello dei peccati. A quel livello, la teshuvà non è altro che un elevarsi ‘di forza in forza’, per arrivare ad un’attaccamento alla propria fonte, ad una maggiore vicinanza al Santo, benedetto Egli sia. Durante l’anno è richiesto un servizio che segue un determinato ordine e che procede per gradi. Prima viene il servizio della teshuvà che si compie per mezzo delle forze interiori, il pentirsi dei peccati, e solo dopo di ciò viene la teshuvà del livello della ‘iechida’ dell’anima, l’attaccarsi a D-O.
Una forza particolare
Nei ‘Dieci Giorni di Teshuvà’, invece, ad ogni Ebreo è data dall’alto una forza particolare. Ognuno ha la possibilità di avvicinarsi a D-O, di fare una ‘teshuvà ilaà’. La parashà Ha’azìnu viene letta in generale durante lo ‘Shabàt shùva’, lo Shabàt compreso nei ‘Dieci giorni di Teshuvà’, ed allude al fatto che questo è il momento per ogni Ebreo di imparare da Moshè, nostro maestro, a sforzarsi di essere vicino ai Cieli, poiché in questo tempo gli vengono date le forze per ciò.
(Likutèi Sichòt, vol. 14, pag. 143 – 147)
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