C’è sempre una strada aperta Pubblicato il 8 Luglio, 2024
L’aspetto spirituale dell’impurità si riferisce a un difetto nella relazione dell’Ebreo con D-O. L’Ebreo è considerato essere ‘vivo’, come risultato del suo attaccamento a D-O. Quando un Ebreo pecca, il suo legame con D-O si indebolisce; egli è quindi meno ‘vivo’ e diviene impuro. Ma anche in questo caso, la sua relazione con D-O non è completamente scissa, ed è sempre possibile tornare ad uno stato di purezza.
La possibilità di purificarsi
La parashà Chukkàt descrive le leggi riguardanti la ‘vacca rossa’, con la quale si opera la purificazione della persona che si è resa impura per il contatto con un morto. Questo tipo di impurità è chiamata tumàt met (impurità per il morto). In relazione a ciò, il Midràsh riporta il seguente episodio. Quando Moshè divenne consapevole del livello di contaminazione che deriva dal tumàt met, chiese a D-O: “Se una persona diviene così contaminata, come fa a purificarsi?” Anche dopo che D-O gli rispose: “Per la persona impura essi prenderanno un po’ della cenere della combustione del chattàt…”, Moshè non fu ancora completamente soddisfatto, per cui chiese a D-O: “È questa veramente una purificazione?” Perché Moshè era così preoccupato per la difficoltà di riuscire a raggiungere la purificazione dal tumàt met? Noi possiamo trovare vari altri tipi di contaminazioni, come quelle per l’impurità del mezorà (l’uomo affetto da lebbra) ed altre ancora, che per molti aspetti sono anche più gravi del tumàt met. Perché Moshè sentì che garantire questa particolare purificazione dovesse essere una cosa così difficile?
La forza della Torà
Tutte le altre contaminazioni rituali di un Ebreo si riferiscono al corpo vivente. Anche dopo essersi contaminato, esso continua ad ospitare in sé un’anima che è “una vera e propria parte di D-O”. Essendo il potere di D-O illimitato, è facile comprendere come l’anima sia in grado di rimediare all’impurità, così da permettere alla persona di tornare al suo stato di purezza (dopo l’immersione in un mikve). Non è così però riguardo al tumàt met, la cui impurità deriva dal fatto che il corpo, essendosi scisso dall’anima, ha cessato di vivere; un corpo separato dalla propria anima non è che un oggetto inanimato. Per questo Moshè era perplesso: “Come è possibile una purificazione da un tipo di contaminazione così grave?” D-O calmò la sua ansietà dicendogli: “Queste sono le leggi della Torà”. L’effetto della Torà e dei suoi precetti è così potente, che può portare alla purificazione anche dopo che l’anima ha lasciato il corpo.
Il legame dell’Ebreo con D-O non può essere reciso
Ad un livello più profondo ed esoterico: l’aspetto spirituale dell’impurità si riferisce a un difetto nella relazione dell’Ebreo con D-O. L’Ebreo è considerato essere ‘vivo’, come risultato del suo attaccamento a D-O. Quando un Ebreo pecca, il suo legame con D-O si indebolisce; egli è quindi meno ‘vivo’ e diviene impuro. Più diminuisce il suo rapporto con D-O, più cresce il suo stato di impurità. Ma anche quando viene a formarsi una grave breccia nella sua relazione con D-O, causandogli una forte impurità, in ogni caso, fino a che la sua relazione non è completamente scissa, l’Ebreo mantiene la sua facoltà innata di tornare nuovamente ad uno stato di purezza, rinsaldando la sua dedizione a D-O, alla Sua Torà ed ai suoi precetti. Quando però il livello e la gravità della trasgressione di un Ebreo è tale da rescindere il suo legame con D-O, ciò che si produce allora è il tumàt met. Moshè rimase sconcertato quando gli furono comunicati i mezzi per la purificazione da una contaminazione così proibitiva. Egli non riusciva a capire come fosse possibile purificarsi dal tumàt met. D-O risolse la sua perplessità assicurandogli che il legame dell’Ebreo con D-O non è mai completamente reciso. Il rapporto innato dell’Ebreo con D-O e l’effetto della Torà e dei precetti che egli ha osservato in passato è così grande, che persino il tumàt met è passibile di purificazione.
(Basato su Likutèi Sichòt, vol. 18, pag. 232-234)