Connessione essenziale Pubblicato il 7 Maggio, 2024
“Santificatevi e sarete santi." Anche nelle cose che la Torà ha permesso all’uomo, egli deve comportarsi santamente e limitarsi. Non è sufficiente adempiere ai precetti in quanto tali. L’uomo ha il dovere di mettere da sè dei limiti anche alle cose che sono permesse. Perchè ci viene richiesta una cosa simile? Non bastano i precetti così numerosi che la Torà stessa ci ha dato?
Santificatevi e sarete santi
613 sono i precetti che D-O ci ha dato. Ad essi i nostri Saggi hanno aggiunto altri sette precetti. L’Ebreo che adempie quindi a tutti questi precetti, raggiunge, apparentemente, il massimo della perfezione: egli compie tutti i precetti nella loro completezza. Eppure, nella parashà di Kedoshìm, la Torà ci dice: “Santificatevi e sarete santi, ecc.”e i commentatori spiegano il significato di questo comando così: “santifica te stesso in ciò che è permesso”. Anche nelle cose che la Torà ha permesso all’uomo, egli deve comportarsi santamente e limitarsi. Non è sufficiente adempiere ai precetti in quanto tali. L’uomo ha il dovere di mettere da sé dei limiti anche alle cose che sono permesse. Quando l’Ebreo vede che il suo cuore desidera oltre misura piaceri materiali (anche se permessi), egli deve frenarsi e trattenersi in parte dal soddisfarli, per ‘santificare’ se stesso. I chassidìm dicono: “Ciò che è vietato, è vietato; e ciò che è permesso, non occorre”.
Proibito e permesso
Sorge spontanea la domanda: perché ci viene richiesta una cosa simile? Non bastano i precetti così numerosi che la Torà stessa ci ha dato? In verità, in questo comando di “santifica te stesso in ciò che è permesso”, è racchiuso un tema di estrema elevatezza, connesso allo scopo essenziale della Torà e dei precetti. Uno dei fini principali dei precetti della Torà è quello di purificare e raffinare lo spirito dell’uomo ed avvicinarlo a D-O. Quando l’Ebreo studia la Torà e adempie ai precetti, egli potenzia in questo modo le forze Divine contenute nella sua anima e si avvicina così a D-O. E qui vi è un grande vantaggio nel servizio dell’uomo del “santifica te stesso in ciò che è permesso”.
Senza costrizione
Quando l’Ebreo mette in atto solamente ciò che è scritto nella Torà e niente più, può essere che egli faccia ciò con senso di costrizione, per mancanza di scelta. Di per sé, forse, egli non vorrebbe fare quelle cose, ma comprende che non si può disobbedire a D-O, e perciò egli deve annullare la propria volontà di fronte a quella di D-O. Quando egli santifica se stesso anche nelle cose permesse invece, ciò costituisce una prova del fatto che la Torà ed i precetti non sono considerati da lui un peso, ma al contrario, che egli si identifica con la Torà ed i precetti al punto tale da cercare anche nelle cose permesse la possibilità farvi penetrare la luce della santità. Proprio per questo il servizio spirituale del santificare se stessi in ciò che è permesso porta ai massimi livelli di elevazione e purificazione. In questo caso infatti non è possibile dire che l’Ebreo faccia le cose per mancanza di scelta. Qui tutte le azioni sono sue proprie, provengono da lui stesso, dalla sua volontà.
La sottile “orlà”
Questo servizio è estremamente importante non solo per la purificazione personale dell’uomo, ma anche per affrettare ed avvicinare la Redenzione in generale. La Chassidùt spiega che per meritare l’arrivo della Redenzione finale e completa non basta studiare la Torà, compiere i precetti e guardarsi dal trasgredire ai divieti della Torà, ma è necessario anche il servizio di “santifica te stesso in ciò che è permesso”. Quando l’uomo, di sua libera scelta, decide di mettere un freno ai suoi desideri per i piaceri materiali e di limitarsi anche in ciò che è permesso, in questo modo egli toglie il “sottile prepuzio (orlà)” che copre il suo cuore, cosa che non può accadere con la semplice osservanza dei precetti, e questa è una preparazione alla Redenzione finale. Il rapporto con la Redenzione deriva dal fatto che il santificare se stessi prova che la santità Divina abbraccia non solamente i campi collegati direttamente alla Torà ed ai precetti, ma la vita intera, nel suo complesso. L’uomo che santifica se stesso nelle cose che sono permesse, esprime con ciò l’unità Divina di tutta la Creazione e il fatto che non vi sia alcun particolare nella vita e nel mondo, che non sia collegato al servizio Divino.
Si apriranno i nostri occhi
Questo fatto è collegato in particolare alla Redenzione futura. Una delle innovazioni fondamentali che si verificheranno con l’arrivo di Moshiach, sarà che allora D-O si rivelerà in tutto il creato. Allora i nostri occhi si apriranno e vedranno che D-O si trova non solo nelle cose che riguardano la Torà ed i precetti, ma in ogni punto del Creato. Ognuno di noi sentirà e vedrà che “non vi è altro all’infuori di Lui”. Oggi la santità Divina si rivela nei campi definiti della Torà e dei precetti. Gli oggetti sacri sono quelli che vengono usati per la Torà ed i precetti, e per questo noi ci dobbiamo relazionare ad essi come tali. Nel tempo della Redenzione, invece, quando si rivelerà la verità Divina agli occhi di tutti, la santità Divina potrà essere vista in ogni particolare della Creazione.
Senza limiti
Nella Redenzione che è vicina, D-O Stesso, in tutta la Sua gloria, si rivelerà in questo mondo, senza alcuna limitazione. Con ciò si compirà lo scopo della creazione: “il Santo, benedetto Egli sia, ebbe desiderio di avere una dimora nei mondi inferiori”. Questo mondo inferiore sarà una “dimora”, nella quale risiederà e si rivelerà D-O Stesso. Va da sé, quindi, che la verità Divina sarà visibile in ogni cosa. La preparazione a questa rivelazione è proprio quella del santificarsi nelle cose permesse. Essa esprime il fatto che l’anima dell’uomo si è data a D-O con completa dedizione nel suo profondo, al punto di introdurre santità anche in quei campi riguardo ai quali la Torà non ci ha comandati. Per questo ciò è una preparazione alla rivelazione dell’unità Divina che abbraccia ogni cosa, nella Redenzione vera e completa.
(Likutèi Sichòt, vol. 1, pag. 256)
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