D-O appare ad ogni Ebreo Pubblicato il 14 Novembre, 2024
D-O apparve ad Avraham, il primo Ebreo, ed ogni Ebreo ha ricevuto la sua eredità da nostro padre Avraham, e con essa la possibilità di meritare l'apparizione Divina. Questa possibilità è però, appunto, solo una possibilità, e per renderla attuale, l'Ebreo deve impegnarsi e desiderare questa rivelazione con tutto se stesso.
Il 20 del mese di MarCheshvàn è l’anniversario della nascita del Rebbe Rashab, il quinto Rebbe di Chabad. Il Rebbe Rashab, quando era ancora un bambino, andò da suo nonno, il Zemmach Zedek, per ricevere una benedizione in occasione del suo compleanno. Non appena entrato nella stanza del nonno, egli scoppiò in lacrime. Il nonno gli chiese perché piangesse, ed egli, allora, spiegò che a scuola aveva appreso che D-O Si era rivelato a nostro Padre Avraham e per questo egli era triste. Perché, infatti, D-O non si rivelava anche a lui? Il Zemmach Zèdek allora gli rispose: “Quando un giusto Ebreo, all’età di novantanove anni, decide di doversi circoncidere, egli merita che D-O gli appaia.” Questa storia fa riferimento ad un episodio della Torà, che compare nella parashà Vayera: D-O Si rivelò ad Avraham; Egli, cioè, secondo i commentatori, venne a visitare il malato, nel terzo giorno dopo la sua circoncisione. Al livello spiritualmente così elevato di nostro Padre Avraham, non è così comprensibile il fatto che egli fosse malato e sofferente in seguito alla circoncisione. L’immensa gioia senz’altro provata da Avraham, per aver meritato di adempiere ad un comando Divino, avrebbe dovuto, infatti, impedirgli di sentire in alcun modo del dolore. Anche la spiegazione che, poiché D-O volle che il patto stabilito attraverso la mizvà della circoncisione permeasse la totalità del nostro essere, fino ad avere un’influenza sulla nostra stessa carne, fu necessario che Avraham provasse le sensazioni che la circoncisione naturalmente provoca, non risponde in modo esauriente alla nostra domanda. L’adempimento delle mizvòt, infatti, ha lo scopo di perfezionare ogni aspetto dell’animo della persona. Questa perfezione spirituale, poi, dovrebbe a sua volta riflettersi in ogni parte del corpo fisico. E questo vale in particolare per la mizvà della circoncisione, riguardo alla quale D-O disse ad Avraham: “Procedi dinanzi a Me e sii integro.” In questo caso, come è possibile che una mizvà che ha il fine di portare una persona alla perfezione, procuri alla stessa persona una condizione di malattia, tanto da indurre D-O, nel terzo giorno, quando il dolore è più acuto, a “visitare il malato”?
Il vero significato della malattia
Una spiegazione più profonda emerge da un’analisi che tratta l’origine dello stato di malattia. Il Zemmach Zedek (terzo Rebbe di Chabad) afferma che la malattia del corpo ha origine dall’anima che è malata d’amore, per il grande desiderio di attaccarsi a D-O. (Il termine Ebraico per ‘malato’ è cholè, che equivale numericamente a 49. Vi sono ‘50 Porte della Conoscenza’. Quando, quindi, una persona arriva solo alla quarantanovesima, egli diviene malato, in quanto agogna al raggiungimento della completezza, che gli manca). La guarigione di questo ‘male’ avviene per mezzo della rivelarsi di D-O, ed è secondo ciò, che il Ramban spiega come, nella nostra parashà, la rivelazione Divina guarì Avraham dal malessere dovuto alla circoncisione. Ora si può comprendere il nesso fra il rivelarsi di D-O e l’atto di visitare il malato. Attraverso la circoncisione, Avraham aveva raggiunto un elevato livello spirituale, la Quarantanovesima Porta della Conoscenza. Ciò lo rese malato, ‘malato d’amore’, per il desiderio di arrivare al cinquantesimo livello. Approfondiamo, ora, ancora di più la nostra comprensione: la mizvà della circoncisione venne dopo il servizio, svolto da Avraham, di lasciare ‘la propria terra’, ‘il paese dove era nato’ e ‘la casa di suo padre’; dopo aver abbandonato, cioè, il suo stato precedente (anche quando esso fosse stato spiritualmente elevato), al fine di andare alla ‘terra che Io (D-O) ti mostrerò’, e diventare ‘uno’ con la volontà Divina. La mizvà della circoncisione dimostra quanto questa unione con D-O si rifletta in ‘un patto nella vostra carne’. Ciò portò Avraham ad un livello di perfezione. Questa perfezione, però, rifletté solo la perfezione che può essere raggiunta da un essere creato, utilizzando le proprie forze (che possono farlo arrivare solo fino alla Quarantanovesima Porta della Conoscenza). Da qui si rende possibile lo stato di malattia, poichè la Cinquantesima Porta alla quale si agogna resta fuori dalla portata dello sforzo umano. Fu proprio, quindi, la massima perfezione possibile raggiunta da Avraham (49) con il suo sforzo, che lo portò al desiderio così ardente di raggiungere il livello superiore a lui (50). Questo desiderio fu così intenso, che egli diventò ‘malato d’amore’, fino a che il suo corpo stesso divenne malato.
La rivelazione del cinquantesimo livello
Ciò che guarì Avraham, fu la rivelazione Divina, la rivelazione, cioè, del cinquantesimo livello. I termini usati dalla Torà per dire che ‘D-O gli apparve’ mostrano di essere stati scelti per il particolare significato che ognuno di essi ha. ‘Vayerà’ (apparve) implica che la rivelazione fu diretta e manifesta. ‘Elàv’ (a lui) implica che la rivelazione permeò l’intero essere di Avraham. Ciò vuol dire che la sua esistenza non fu annullata dall’incredibile potenza della rivelazione, ma che, piuttosto, egli fu in grado di recepirla e farla propria. ‘Havaye’ è il più sublime dei nomi di D-O. La rivelazione giunse ad Avraham dal livello più elevato della Divinità. Prendendo questi tre concetti nel loro insieme, noi vediamo che la rivelazione del più alto livello della Divinità si manifestò nel modo più completo, fino a permeare la totalità dell’essere di Avraham. Una rivelazione così elevata e completa è possibile solo in quanto emanata dal cinquantesimo livello, il livello che trascende ogni quadro di riferimento concernente gli esseri creati. Il cinquantesimo livello è un semplice punto, completamente al di sopra di ogni dimensione, che include, tuttavia, dentro di sé ogni lunghezza, larghezza e profondità che si trova in ciascuna creatura nel regno spirituale. Questo punto rappresenta, secondo le parole del Rambam, “la verità del Suo essere,” dal quale “vengono portate in essere tutte le entità esistenti.”
L’apparizione di D-O riguarda ogni Ebreo
Per quel che riguarda noi ed il nostro servizio, si può dire che, nonostante una persona debba preparare se stessa a ricevere il cinquantesimo livello attraverso il proprio annullamento, la ‘malattia d’amore’, cioè, descritta precedentemente, la rivelazione di questo cinquantesimo livello non annulla, tuttavia, l’esistenza personale dell’individuo. Essa permea, piuttosto, il suo intero essere. Dal momento che “il popolo Ebraico ed il Santo, benedetto Egli sia, sono una cosa sola,” l’essenza di D-O si riflette nell’Ebreo. Ogni Ebreo poi, in quanto discendente di Avraham, è l’erede eterno del patto stabilito fra D-O ed Avraham ed ogni Ebreo è anche l’erede eterno della fortuna spirituale di Avraham. Per questo noi dobbiamo tenere a mente che, così come D-O apparve ad Avraham, Egli appare anche a noi, sia che noi lo percepiamo sia che no! Resta allora la domanda: come aprire gli occhi e vederLo? A questa domanda, il Zemmach Zèdek rispose al Rebbe Rashab, che è necessario lavorare su noi stessi, per “meritare” ciò. Noi dobbiamo sforzarci di divenire in grado di vedere con i nostri occhi l’apparizione Divina. Per questo l’Ebreo deve soprattutto arrivare a desiderare la rivelazione di questa apparizione con tutto il suo essere, così come questo desiderio portò il Rebbe Rashab alle lacrime, quando egli era ancora solo un bambino. La forza di questo desiderio ci porterà a raffinare noi stessi, attraverso la decisione di “circoncidere” noi stessi, di santificare, cioè, anche il nostro corpo e le cose materiali che sono in nostro possesso, per renderli recipienti adatti alla rivelazione Divina.
(Shabàt parashà Vayera, 20 Marcheshvàn 5750 e Sefer HaSichòt 5752, pag. 85-86)
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