D-O ci dà la forza per operare, ma l’azione spetta a noi Pubblicato il 21 Giugno, 2024

Il compito dell’Ebreo è quello di essere come un candelabro illuminato, in modo tale che si veda in modo manifesto come il corpo non è che un recipiente per la luce dell’anima.

Behaalotechà – Quando farai salire i lumi: fino a che la fiamma salga per conto suo. (Rashi Bemidbàr 8:2)
Dopo aver ricevuto la Torà, nella Festa di Shavuòt, noi leggiamo la parashà Behaalotechà, che si apre con il comando di accendere i lumi del Tempio. Secondo il commento di Rashi, con il termine behaalotechà (dal senso di accendere, ma col significato letterale di ‘innalzare’) la Torà intende “che la fiamma si innalzi per conto suo”, che la luce resti accesa ed illumini per conto suo. L’accensione del candelabro nel Tempio allude in generale al servizio Divino dell’Ebreo, che è anch’egli come un candelabro e ha il compito di illuminare. Come nel candelabro vi è il ‘corpo’ stesso del candelabro e il lume che illumina, così è per l’Ebreo, il cui corpo fisico è paragonato al corpo stesso del candelabro, mentre l’anima è paragonata al lume, come è scritto: “Il lume di D-O è l’anima dell’uomo”. Il compito dell’Ebreo è quello di essere come un candelabro illuminato, in modo tale che si veda in modo manifesto come il corpo non è che un recipiente per la luce dell’anima.

Chi accende
Come Aharòn il Sacerdote era colui che accendeva il candelabro del Tempio, così è il Santo, benedetto Egli sia, ad accendere il candelabro del popolo d’Israele. È D-O Che manda l’anima in questo mondo; è Lui Che accende la scintilla che si trova in essa, ed è ancora Lui a darle la forza di restare accesa e di illuminare con luce propria – fino a che “la fiamma si innalza per conto suo”. Lo scopo è infatti che l’Ebreo illumini di luce propria. Se egli illuminasse solo con la forza di D-O, non verrebbe ad esprimersi la volontà di D-O riguardo al servizio che proprio l’uomo deve attuare. D-O vuole che l’uomo realizzi, con le sue forze, il compito di illuminare il mondo con la luce della santità. Per questo Egli ha dato all’uomo il libero arbitrio, affinché egli agisca con le proprie forze e per propria volontà e scelta.

Il libero arbitrio
Ma se è vero che è D-O ad effettuare l’’accensione’, ed è Lui a dare la forza affinché “la fiamma si innalzi per conto suo”, come si può dire che “la fiamma si innalza da sola”, dato che non lo fa da sola, ma con la forza che riceve da D-O? La risposta si trova in una regola halachica che dice: “l’aiuto non è l’atto concreto stesso”. Nonostante D-O ‘aiuti’ e dia all’Ebreo la forza di illuminare il mondo con la luce della santità, l’aiuto non è tuttavia l’azione stessa, non è un atto concreto. Si tratta di un aiuto spirituale, che non influenza la realtà materiale, concreta. La distanza che separa l’aiuto spirituale dalla realtà materiale, la deve colmare l’uomo stesso, con le proprie forze. È solo lui che può tradurre l’aiuto spirituale che riceve da D-O, in azioni concrete in questo mondo.

La realizzazione è nelle nostre mani
La forza di agire nel mondo materiale e di portare il potenziale alla sua realizzazione è data nelle mani dell’uomo. Questa fu la volontà di D-O, che tutti gli aspetti spirituali si rivelino e si realizzino in modo concreto nel mondo, proprio per mano dell’uomo. In questo modo, i due opposti si combinano: da un lato, D-O è Colui Che ‘accende’ il ‘candelabro’ dell’Ebreo, ed è anche Chi gli dà la forza di illuminare “per conto suo”, ma, allo stesso tempo, è L’Ebreo che sceglie, di sua propria volontà, di realizzare la cosa in modo concreto, nella vita quotidiana. Questo è il comando che riguarda ogni Ebreo: illuminare se stesso e il mondo che lo circonda con la luce della santità, fino a che la luce illumini per conto suo, e fino alla sua massima perfezione, nella Redenzione vera e completa.
(Da Toràt Menachemitvaduiòt 5750, vol. 3, pag. 322)

I commenti sono chiusi.