Dobbiamo essere disponibili a sporcarci Pubblicato il 26 Marzo, 2024
Quando i Figli d’Israele scesero in Egitto, D-O scese con loro, ed Egli Stesso li tirò fuori dall’Egitto. E così sarà nel futuro più prossimo, quando il Santo, benedetto Egli sia, raccoglierà ogni Ebreo col suo braccio e ci farà uscire dall’esilio, già questo mese di Nissàn stesso!
“Poi si spoglierà delle proprie vesti e ne indosserà altre” (Vaikrà 6:4)
Nella parashà Zàv, parlando dei sacrifici, la Torà spiega che, quando il sacerdote doveva portare in un luogo puro, fuori dal campo, la cenere che si era accumulata dopo che il fuoco aveva arso i sacrifici, egli doveva cambiare i propri vestiti: “Poi si spoglierà delle proprie vesti e ne indosserà altre”. Nell’atto di portare fuori la cenere, gli abiti avrebbero potuto sporcarsi e perciò era necessario cambiarli, indossando abiti più semplici per questo tipo di servizio. Rashi porta l’esempio di un servo che cucina un piatto per il re, ma che di certo non serve poi una coppa al re, con gli stessi abiti che indossava mentre lavorava in cucina. In genere, un re ha diversi servi, che assolvono diversi compiti. Il servo che cucina non è lo stesso che serve in tavola. Dal verso “Poi si spoglierà delle proprie vesti e ne indosserà altre”, noi capiamo invece che i due compiti venivano sì svolti dallo stesso sacerdote. È conveniente infatti per il sacerdote che serve nel Tempio, uscire egli stesso e versare la cenere, dato che ogni azione facente parte del servizio Divino è degna di lui.
L’importante è fare la volontà di D-O
Tutto Israel è “un regno di sacerdoti ed un popolo santo”. Ogni Ebreo ha il dovere di assolvere diversi compiti e di occuparsi del servizio Divino, anche quando questo richiede un cambio di abiti, anche quando è composto da parti più difficili e meno ‘onorevoli’. Ogni particolare nel servizio Divino, persino la preparazione a un precetto, e perfino la preparazione alla preparazione, è così importante che il sacerdote stesso lo compie. Noi non adempiamo ai precetti per la loro importanza, e non calcoliamo quale precetto sia più lieve né quale più grave. Noi osserviamo i precetti poiché questa è la volontà di D-O benedetto. Non è importante per noi quale in specifico sia la Sua volontà. Ogni precetto è importante per noi, e noi dobbiamo compiere ogni precetto, ed anche la preparazione connessa al precetto, con la stessa volontà e con la stessa dedizione. Noi dobbiamo gioire di ogni azione, anche quella del ‘versare la cenere’, poiché con essa meritiamo di compiere la volontà di D-O.
Non tirarsi mai indietro
Quando un Ebreo si preoccupa di avvicinare un altro Ebreo, egli non deve dire: “Ciò che mi riguarda è solo avvicinare coloro che si possono trovare già, in genere, nella sinagoga o nella casa di studio, mentre un Ebreo che si è allontanato troppo, non ha a che fare con me, e non è compito mio avvicinarlo”. Un simile ragionamento è errato. Ecco infatti, che il sacerdote stesso si cambia gli abiti, si reca nel luogo più basso, cosa che può essere considerata per lui come una discesa dal suo livello, e solo in questo modo merita il titolo di “sacerdote”. Così si comportò D-O Stesso. Quando i Figli d’Israele scesero in Egitto, D-O scese con loro, ed Egli Stesso li tirò fuori dall’Egitto, “Non per mezzo di un angelo e neppure per mezzo di un saràf, né per mezzo di un inviato… Io, D-O, Io e non altri” (dall’Haggadà di Pèsach). E così sarà nel futuro più prossimo, quando il Santo, benedetto Egli sia, raccoglierà ogni Ebreo col suo braccio e ci farà uscire dall’esilio, già questo mese di Nissàn stesso!
(Da Likutèi Sichòt, vol. 37, pag. 1, 5-6)