Dobbiamo sempre avanzare Pubblicato il 30 Maggio, 2024
Sviluppando nuovi concetti nello studio della Torà, ogni Ebreo può rivelare una dimensione della Torà che è infinita e non ha limiti.
L’unità di D-O e la Torà
“Im bechukkotài telèchu (‘Se nei Miei decreti andrete’)” sono le parole che aprono la parashà Bechukkotài. I decreti (chukkìm), fra le leggi che D-O ci ha dato, sono quelli a cui il nostro intelletto non può dare alcuna spiegazione e che noi dobbiamo eseguire, solo perché D-O ce lo ha comandato. Il messaggio della nostra parashà ci insegna però che noi dobbiamo relazionarci a tutta la Torà, a tutte le altre leggi che D-O ci ha dato, anche a quelle che ci sembrano più comprensibili ed ovvie (mishpatìm), esattamente allo stesso modo come ai chukkìm, ai decreti insondabili: non le osserviamo perché le capiamo, ma perché D-O ce le ha comandate. La radice ebraica del termine chukkìm significa ‘scolpire’ e come le lettere scolpite non hanno una loro esistenza indipendente, ma sono una cosa sola con la pietra, così i Dieci Comandamenti rappresentano l’unità assoluta di D-O e la Torà. Quando noi “andiamo” secondo i decreti di D-O, come lettere scolpite, noi non siamo entità indipendenti, ma diveniamo una cosa sola con la Torà e quindi con D-O Stesso. Ciò ci richiede un impegno che non sarà più come quello del lavoratore dipendente, che svolge un compito per conto di altri, ma piuttosto come quello dell’imprenditore, che si occupa dei suoi stessi affari.
Il dovere dell’Ebreo di ‘andare’
Il verso citato, “Se nei Miei decreti andrete”, presenta una singolarità: i decreti, gli statuti (dalla radice ebraica ‘scolpiti’), per loro stessa denominazione sono un qualcosa di fisso, fermo, immutabile, che non può andare avanti, al quale non si può aggiungere. Alla scrittura è possibile apporre delle aggiunte, delle modifiche, ma non alle lettere scolpite. Eppure, la Chassidùt spiega che la possibilità di andare, di procedere nello studio della Torà, è associato proprio alle lettere scolpite. Ogni Ebreo ha l’obbligo di portare ‘innovazioni’, sviluppare nuovi concetti di Torà. Ma ciò sembra riguardare solo la Torà Orale, nella quale i Saggi sviluppano nuovi insegnamenti, basati sullo studio dei principi della Torà. Ma alla Torà Scritta, nulla può essere aggiunto. Anche nella Torà Orale, poi, nonostante la possibilità di sviluppare nuovi concetti, vi sono leggi che sono ‘halachà data a Moshè sul Sinai’, leggi fisse ed immutabili. Analogamente, riguardo ai precetti, si possono aggiungere nuove idee e spiegazioni alle leggi che la Torà chiama edùt e mishpatìm, leggi che sono comprensibili all’uomo, ma non ai chukkìm, che sono immutabili e rispetto ai quali non abbiamo il permesso di ‘ragionarci sopra’. Eppure, proprio in questo aspetto della Torà – chukkìm – noi dobbiamo andare, come dice il verso, procedere!
L’Ebreo può rivelare la dimensione infinita della Torà
È detto: “Ogni nuovo concetto elaborato da uno studioso della Torà è stato dato a Moshè sul Sinai”! Ma come è possibile? Se è già stato dato non è nuovo, e se è nuovo, non può essere già stato dato! Ma se noi ricordiamo che la Torà ed il Santo, benedetto Egli sia, sono una cosa sola, così come D-O è infinito, anche la Torà è infinita, e vi è sempre la possibilità di sviluppare nuovi concetti, anche nell’aspetto dei chukkìm! Ed anzi, proprio perché questo aspetto della Torà trascende la comprensione umana, la sua connessione alla dimensione infinita della Torà è ancora maggiore. Per questo bisogna andare, progredire in questo campo, più che in altri. Solo il popolo Ebraico può far emergere questa dimensione infinita nello studio della Torà. I nostri Saggi ci rivelano come, sia la Torà che il popolo Ebraico, siano esistiti ancor ‘prima’ della creazione del mondo, e che gli Ebrei sono esistiti ‘prima’ della Torà. Prima della creazione, il concetto di tempo non esisteva, per cui il termine ‘prima’ non è cronologico, ma significa a ‘livello superiore’, che sorpassa la Torà ed è quindi capace di farne emergere nuove dimensioni. I Saggi paragonano la Torà allo ‘sposo’ e gli Ebrei alla ‘sposa’ e, come in un matrimonio lo sposo fornisce il potenziale per una nuova crescita, così l’Ebreo fa emergere la connessione essenziale fra la Torà e D-O, rendendo possibile lo sviluppo di nuovi concetti, una forma di nascita. Sviluppando nuovi concetti nello studio della Torà, ogni Ebreo può rivelare una dimensione della Torà che è infinita e non ha limiti. I nuovi concetti non sono quindi un’aggiunta alla Torà, ma un’espressione della natura infinita della Torà Divina. I nuovi concetti sono per questo veramente nuovi e, nonostante ciò, sono già stati dati a Moshè sul Sinai, poiché Moshè ha ricevuto l’essenza della Torà, ed è da questa essenza che derivano i nuovi concetti. Questo è valido in tutti i campi della Torà, ed il fatto di non avere il permesso di ‘ragionare’ sui chukkìm, viene spiegato col fatto che è proibito mettere in discussione se si debbano osservare o meno, data la loro incomprensibilità ai nostri occhi, ma è permesso, ed anzi consigliabile, ragionare sul loro significato più profondo. “Camminare nei Miei decreti” è un direttiva generale. L’Ebreo deve continuamente elevarsi nella sua pratica della Torà, poiché ogni giorno egli è una nuova creatura.