Due nemici, la stessa origine Pubblicato il 9 Settembre, 2024

Il primo verso della parashà Ki Tezè, che parla dell’uscita in guerra, in un senso più profondo comprende l’allusione alla guerra spiritule di ogni uomo.

“Quando uscirai in guerra sul tuo nemico” (Devarìm 21:10)
Il primo verso della parashà Ki Tezè parla dell’uscita in guerra: “Quando uscirai in guerra sui tuoi nemici, e l’Eterno, il tuo Signore, lo darà in mano tua”. Troviamo qui apparentemente un problema grammaticale: all’inizio viene ricordato il nemico al plurale – “i tuoi nemici”, mentre in seguito vi si fa riferimento al singolare – “lo darà”. Nella Torà, ogni cosa è precisa in modo perfetto, e in ogni cosa si trovano anche significati nascosti, che vanno al di là del senso letterale. Anche questo verso, mentre in senso letterale parla della guerra fisica che si combatte in campo, in un senso più profondo comprende l’allusione alla guerra spiritule di ogni uomo.

I nemici del corpo e dell’anima
I nemici dell’Ebreo si dividono in due categorie: vi è un nemico che combatte contro l’esistenza fisica dell’Ebreo, contro il suo corpo; e vi è un nemico che combatte contro la santità speciale dell’Ebreo, contro la sua anima. La Torà comprende entrambi questi tipi di nemici in una parola sola (“i tuoi nemici”) e questo, per il fatto che il corpo e l’anima dell’Ebreo sono una cosa sola ed entrambi esistono per servire D-O. Per questo, i nemici del corpo dell’Ebreo sono anche i nemici dell’anima ebraica, e viceversa. La Torà ci insegna i quale modo noi dobbiamo uscire in guerra contro questi nemici: prima di tutto – “Quando uscirai in guerra” – ancora prima di incontrare il nemico, l’uomo dovrà prepararsi, riempiendosi della sensazione di assoluta fiducia e fede in D-O. L’approccio dovrà essere: “Sui tuoi nemici”, una sensazione di superiorità, sentire che l’Ebreo è a priori al di sopra del nemico, dato che D-O Stesso lo accompagna e lo aiuta a vincere la guerra.

Sensazione di elevatezza
Quando l’Ebreo esce in guerra con un tale atteggiamento, gli è garantita la vittoria. Questa sarà una vittoria non solo sui nemici manifesti, quelli che sono ben visibili davanti a lui, ma anche sulla radice e l’origine primaria di tutti i tipi di nemico: sull’istinto del male, del quale la Ghemarà dice: “Esso è il Satàn (il nemico dell’anima), esso è l’Angelo della Morte (il nemico del corpo)”. L’Ebreo che esce in guerra contro i suoi nemici con la ferma sensazione che non esiste alcuna forza che possa veramente opporsi al bene e alla santità, riesce a vincere non solo le espressioni esteriori del male, ma anche la sua origine spirituale. È rispetto a ciò che è detto: “l’Eterno, il tuo Signore, lo darà in mano tua”, “lo darà” al singolare, poiché qui si parla già dell’istinto del male, radice ed origine di tutti i nemici.

Liberazione dei prigionieri
La Torà aggiunge: “E catturerai i suoi prigionieri”. Accade che un Ebreo non si guardi dall’istinto del male, cada nella sua rete e faccia passare in suo possesso forze superiori, che gli erano state date per il Servizio Divino. Queste forze si trovano ora prigioniere nelle mani del male. La Torà promette che l’Ebreo riuscirà a strappare dalle mani del male anche i “suoi prigionieri”, tutto quello che era riuscito a catturare e a far prigioniero fino a quel momento. E come dicono i nostri Saggi: con una grande teshuvà (un ritorno, un pentimento dettato dall’amore) “i peccati vengono tramutati in meriti”. Questa guerra porta anche la Redenzione vera e completa, nella quale l’istinto del male sarà eliminato del tutto, così che questa guerra arriverà alla sua fine e alla sua completa vittoria.
(Da Likutèi Sichòt vol. 2, pag. 635 e pag. 697)

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