Guerra e pace Pubblicato il 8 Settembre, 2024

Pur nella sua discesa nel nostro mondo materiale, confrontata da continue sfide e difficoltà, l’anima possiede comunque ed in ogni caso la capacità di superarle. Essendo l’anima una ‘parte stessa di D-O’, essa è sempre superiore alle influenze del mondo ed ha il potere di superare gli ostacoli e trasformare il mondo circostante.  

Quando la pace non è sempre possibile
Ogni giorno, noi concludiamo lo Shmonè Essrè (la preghiera delle ‘18 Benedizioni’), lodando D-O, “Che benedice il Suo popolo con la pace”. Nel descrivere le benedizioni che D-O ci elargirà, se faremo la Sua volontà, i nostri Saggi affermano: “La pace equivale a tutte le altre benedizioni.” I nostri Saggi spiegano inoltre che Shalòm, il termine Ebraico per ‘pace’, è uno dei Nomi di D-O Stesso. Perché la pace ha un ruolo così importante nel patrimonio spirituale Ebraico? Ogni anima è una ‘parte stessa di D-O’. Per questo essa ha il desiderio naturale di permettere a questa scintilla Divina un’opportunità di esprimersi. Essa cerca di crescere nella propria comprensione ed evoluzione, senza dover affrontare sfide esterne. Sfortunatamente però, ciò non è sempre possibile. Noi viviamo in un mondo materiale, che per sua natura incoraggia l’egoismo e la ricerca della gratificazione personale. In questo mondo, la ricerca di una crescita spirituale può spesso portare ad un conflitto di interessi, ed a volte, ad un conflitto vero e proprio.

Entrare in guerra
Troviamo un’allusione a questi concetti nella parashà Ki Tezè, che inizia con: “Quando uscirai in guerra contro i tuoi nemici.” Nell’ambiente naturale dell’anima, quello dei mondi spirituali superiori, non vi è né conflitto né guerra. Quando però l’anima discende da questa sua condizione, per arrivare al mondo materiale, essa si trova a confrontarsi con sfide che la costringono ad impegnarsi in una battaglia. E ciò, poiché vi sono due differenti aspetti che caratterizzano la nostra esistenza terrena. Il nostro mondo fu creato da D-O, per il Suo desiderio di ‘dimorare nei mondi inferiori’ ed esso include quindi il potenziale di fungere da dimora per D-O, un luogo dove la Sua Essenza possa rivelarSi. Ma, come il termine stesso ‘mondo inferiore’ implica, l’esistenza Divina non è apertamente manifesta nel nostro ambiente. Al contrario, la natura materiale del mondo sembra negare la santità ed impedire la sua espressione. In questo modo, lo sforzo per coniugare queste due opposte direzioni è spesso caratterizzato da conflitti. È questo, secondo la Torà, il concetto di guerra: una battaglia per trasformare persino gli elementi più inferiori dell’esistenza, in una dimora per D-O. Per questo motivo, la Torà comandò agli Ebrei di combattere per conquistare la terra di Canaàn, trasformando così un paese che era conosciuto per la sua depravazione, nella Terra d’Israele, “una terra sulla quale gli occhi del Signore, tuo D-O, si posano dall’inizio dell’anno alla fine dell’anno”. Inoltre, anche in assenza di un esplicito comando di guerra, viene comunque fornito il potenziale per estendere i confini della santità, permettendole di inglobare aree precedentemente governate dal materialismo terreno.

Rivelare le nostre risorse
L’uomo non deve temere di affrontare un simile impegno; anzi, gli è assicurata in questo la benedizione Divina. Ciò è alluso dall’espressione contenuta nel verso citato: ‘contro i tuoi nemici’, che in Ebraico (‘al oivecha’) significa letteralmente ‘sopra i tuoi nemici. Vi è qui già contenuta la promessa che, pur nella sua discesa nel nostro mondo materiale, confrontata da continue sfide e difficoltà, l’anima possiede comunque ed in ogni caso la capacità di superarle. Essendo l’anima una ‘parte stessa di D-O’, essa è sempre superiore alle influenze del mondo ed ha il potere di superare gli ostacoli e trasformare il mondo circostante. Non solo, ma è proprio la sfida che questa ‘battaglia’ comporta, a portare allo scoperto il potere essenziale posseduto dall’anima. Un tale confronto richiede infatti che la persona cerchi dentro di sé forze interiori. E questa ricerca, a sua volta, la porta alla consapevolezza della propria natura interiore Divina. E quando questo nucleo Divino si risveglia, esso può superare ogni sfida e diffondere Divinità in ogni cosa. In questo modo, rivelando lo scopo Divino nella creazione, la persona diviene socia di D-O nella creazione stessa.

Conflitti interiori
Questo concetto è altrettanto rilevante per quel che riguarda la vita personale di ognuno di noi. A commento del verso “E voi… vedrete la differenza che c’è fra chi serve D-O e chi non Lo serve” (Malachi 3:18), i nostri Saggi definiscono “chi serve D-O” come “colui che ripete la materia (studiata) centouno volte”, e “chi non serve D-O” come “colui che ripete la materia (studiata) cento volte”. Nel libro del Tanya, l’Admòr HaZkèn spiega che a quei tempi era usuale per gli studenti ripetere la materia studiata cento volte. Per questo era la centounesima volta, quella in cui la persona andava oltre alla sua normale pratica abituale, a distinguerlo in quanto persona “che serve D-O”. È infatti lo sforzo per elevarsi al di sopra della propria natura e delle proprie abitudini, che fa meritare il conferimento di questo ‘titolo’. Una persona deve sfidare se stessa; e questo significa un impegno maggiore di quello che richiede un progresso graduale. “Servire il Re” comporta lo spezzare la nostra natura individuale, mostrando che la nostra dedizione a Lui non ha limiti. Questo sforzo comporta una battaglia costante. La persona non può raggiungere un livello di realizzazione spirituale, e poi “sedersi sugli allori”. Egli deve invece sforzarsi di procedere ancora ed ancora, senza fermarsi. Le ‘battaglie’ interiori necessarie ad esprimere una tale dedizione, danno la forza necessaria a raggiungere il potenziale Divino essenziale ed illimitato, che ognuno di noi possiede nella propria anima. E gli effetti prodotti da tali sforzi si estendono ben al di là dei confini della nostra individualità. Questo, poiché l’aspetto Divino che trascende ogni concetto di limitazione, si attiva grazie agli sforzi della persona di trascendere i propri limiti personali.

La battaglia finale
Essendo il compito di purificare il mondo spesso associato al concetto di ‘battaglia’, uno dei criteri che sono stati dati per identificare Moshiach, la guida che motiverà l’umanità a realizzare il suo fine, è che egli ‘condurrà le guerre di D-O’. È per la possibilità che il compito di purificare il mondo richieda un conflitto vero e proprio, che Moshiach deve ‘riempire il mondo di giustizia’, ‘distruggendo il potere dei malvagi e conducendo le guerre di D-O’. Questo è comunque solo uno stadio temporaneo. Alla fine, Moshiach sconfiggerà tutte le nazioni (gli oppressori ed i nemici di Israele) intorno a lui… e perfezionerà il mondo intero, (motivando tutte le nazioni) a servire D-O unitamente,’ dando inizio all’era in cui ‘non vi saranno più né carestie, né guerre, né invidia né competizione… e l’unica occupazione del mondo intero sarà soltanto quella di conoscere D-O’ (Rambam, Hilchòt Melachìm).
(Sefer haSichòt 5749, vol. 2, pag. 676; Sefer haSichòt 5750, vol. 2, pag. 655; Sefer haSichòt 5751, vol. 2, pag. 796)

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