Il 7 di MarCheshvàn Pubblicato il 7 Novembre, 2024
La Chassidùt ci insegna come il 7 di MarCheshvàn, giorno in cui si inizia a pregare per la pioggia, indichi, nel suo significato interiore, una grande elevazione.
Dal 7 del mese di MarCheshvàn, in Israele, si inizia a pregare per la pioggia, poiché in quella data anche l’ultimo dei pellegrini che si era recato al Tempio per la festa di Succòt, ha fatto in tempo a tornare a casa. Non si chiede a D-O la pioggia prima di allora, per non creare disagio ai pellegrini che sono ancora in viaggio. Il 7 di MarCheshvàn rappresenta una discesa. Gli Ebrei lasciano il Tempio, la perfezione della Santità, e tornano ognuno al proprio luogo di provenienza, alla vita normale di tutti i giorni. Nel Tempio era possibile per l’Ebreo vedere la Presenza Divina, assistere ai miracoli che si verificavano lì, bearsi della percezione diretta di D-O. Questo piacere intenso ed unico, pur essendo un piacere elevato e spirituale, è pur sempre un piacere personale, in cui l’individuo si preoccupa solo di se stesso. Al ritorno a casa, invece, l’Ebreo non può più occuparsi solo di Torà e mizvòt. Egli deve ora lavorare per vivere, occuparsi di cose materiali, degli altri, del mondo. Ma è proprio così che l’Ebreo fa di questo mondo una dimora per D-O. Ed è esattamente questa la vera volontà di D-O: che l’Ebreo si occupi delle cose del mondo per elevarle alla santità. Il 7 di MarCheshvàn, che appare come una discesa, una caduta, rappresenta per l’Ebreo invece una salita, un’elevazione. Solamente a casa sua, egli può iniziare veramente ad attuare la volontà Divina e a preparare per D-O una dimora, qui, in questo mondo.
(Elaborato da Likutèi Sichòt, vol. 20, pag.54 – 60)
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