Il Santuario che espia il peccato del Vitello d’Oro Pubblicato il 9 Marzo, 2024

Questo è il nostro compito: riconoscere la realtà unica di D-O, e indirizzare tutta la nostra vita ed anche tutte le nostre attività quotidiane allo scopo di rivelare la santità nel mondo: “Ed Io dimorerò in loro”.

“La raccolta del materiale risultò essere sufficiente per tutto il lavoro da compiere e ne avanzò” (Shemòt 36:7)
Nella parashà Vayakhèl la Torà ci narra la prontezza e la meravigliosa dedizione dimostrata da tutti i Figli d’Israele, uomini, donne e bambini, nel partecipare alla costruzione del Santuario. La Torà racconta che essi portarono offerte addirittura in quantità maggiore del necessario. Questo entusiasmo derivò dal fatto che il Santuario fu eretto come espiazione per il peccato del Vitello d’Oro. Questo fu un peccato generale, che colpì tutto il popolo d’Israele, e per poterlo espiare fu necessaria la partecipazione di ogni Ebreo alla costruzione del Santuario. Il peccato del Vitello d’Oro fu un peccato gravissimo e la punizione per esso ha accompagnato ogni altra punizione che fu data al popolo d’Israele nel corso delle generazioni, come è scritto: “Nel giorno in cui colpirò, Mi ricorderò anche di questa loro colpa” (Shemòt 32:34) Come poté proprio il Santuario espiare un peccato così grave?

L’unità di D-O
La risposta la si può trovare, comprendedo il significato più profondo del peccato del Vitello d’Oro. Il Rambam spiega che idolatria non significa rinnegare completamente D-O. Anche chi crede nell’esistenza di altre forze che si aggiungono e operano oltre al Creatore, di fatto crede nell’idolatria. Più precisamente: chi crede che nel mondo possa esserci una qualsiasi esistenza al di fuori del Santo, benedetto Egli sia, comprende in ciò una traccia di idolatria. Ciò che contrasta veramente e completamente l’idolatria è l’unità di D-O. Il significato interiore di questa unità è il riconoscere che “non c’è nulla oltre a Lui”, che non vi alcuna realtà al di fuori del Santo, benedetto Egli sia. Non si tratta quindi di riconoscere solo che non vi sia alcun’altra forza dotata di potere all’infuori di D-O, ma che non vi è assolutamente alcuna esistenza indipendente, che non sia il Creatore. Il Santo, benedetto Egli sia, è l’unica e la sola realtà che esiste al mondo, dato che tutto il mondo esiste, ad ogni istante, solo grazie alla forza Divina infinita.

Le meraviglie della creazione
L’espressione concreta di questo riconoscimento è il comando: “ConosciLo in tutte le tue vie” (Proverbi 3:6). Questo comando esprime il legame dell’uomo con il Creatore, più ancora dello studio della Torà e dell’adempimento dei precetti. Osservando la Torà e i precetti, potrebbe rimanere l’impressione dell’esistenza di due differenti domini: l’uomo e il Creatore. Pur servendo egli il suo Creatore, si tratterebbe comunque di due cose distinte. Il comando “ConosciLo in tutte le tue vie” dice che la tua stessa vita è parte del servizio Divino, tanto che con ogni tua azione e ad ogni passo tu Lo servi. Anche una semplice passeggiata può essere parte del servizio Divino, se l’uomo non pensa al suo piacere personale, ma alla vista delle meraviglie del Creatore nella natura. In questo modo, la passeggiata, da azione qualsiasi, che di per sé non sembra aver a che fare col servizio Divino, diventa essa stessa lo scopo: essa stessa rivela la grandezza di D-O, la santità Divina.

Santità in ogni cosa
Ora si può comprendere come il Santuario potesse espiare il peccato del Vitello d’Oro. Nel Santuario si realizza il detto: “Ed Io risiederò in loro” (Shemòt 25:8) – la santità Divina discese e venne a dimorare nella realtà materiale del mondo. Quando i Figli d’Israele portarono in offerta gli oggetti che possedevano e che usavano per la loro vita materiale, facendo di essi un Santuario per D-O, testimoniarono in questo modo di riconoscere l’unità completa di D-O, dal momento che anche gli oggetti materiali sono destinati ad essere il luogo dove risiede la Presenza Divina. Questo è anche il nostro compito, riconoscere la realtà unica di D-O, e indirizzare tutta la nostra vita ed anche tutte le nostre attività quotidiane allo scopo di rivelare la santità nel mondo: “Ed Io dimorerò in loro”.

(Da Likutèi Sichòt, vol. 3, pag. 931)

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