‘Interiorità’: un cammino per i posteri Pubblicato il 28 Novembre, 2024
Ognuno di noi vuole essere ricordato. Ognuno vuole che qualcosa delle propria vita resti nel mondo e continui a prosperare e a tramandarsi, anche quando non ci siamo più. Ed è proprio questo il messaggio trasmesso dalla parashà Toledòt.
Un’eredità eterna
Ognuno di noi vuole essere ricordato. Ognuno vuole che qualcosa delle propria vita resti nel mondo e continui a prosperare e a tramandarsi, anche quando non ci siamo più. Ed è proprio questo il messaggio trasmesso dalla parashà Toledòt. Due sono le definizioni che i nostri Saggi danno della parola Toledòt. La prima è ‘progenie’, termine che comprende sia i figli biologici della persona che quelli spirituali, le persone alle quali cioè si è trasmesso il proprio insegnamento. Entrambi questi tipi di figli perpetuano l’influenza della persona. La seconda definizione riguarda la cronistoria della propria vita e delle proprie esperienze. Quando la vita di una persona è interiormente piena di significato, la sua storia e le sue vicende divengono fonte di ispirazione per le generazioni successive.
Una sorgente di forza interiore
La Torà sceglie di associare il messaggio di Toledòt ad Izchàk. Due sono le caratteristiche che riflettono la natura del servizio Divino di Izchàk: 1) al contrario di suo padre Avraham, egli non lasciò mai la Terra d’Israele; 2) i suoi sforzi furono diretti a scavare pozzi. Avraham divulgò la conoscenza di D-O nei paesi in cui abitò. Egli “proclamò… al mondo intero… che vi è un D-O e che bisogna servirLo. Egli viaggiò di città in città, di paese in paese, radunando persone e proclamando loro l’esistenza di D-O.” Izchak, al contrario, non viaggiò mai al di fuori della Terra Santa, ed anche al suo interno noi non siamo a conoscenza di suoi sforzi dedicati a raggiungere ed influenzare gli altri. Il suo servizio Divino era rivolto verso l’interiorità. Ciò si riflette nella sua occupazione di scavare pozzi. Scavare un pozzo comporta la rimozione di strati di terra, al fine di scoprire sorgenti nascoste di acqua viva. In senso spirituale, ‘scavare’ si riferisce al servizio di arrivare a toccare il proprio nucleo Divino, affinché da esso scaturisca la nostra forza interiore. Ognuno di noi ha un’anima che è “una vera e propria parte di D-O”; ogni entità è mantenuta in essere da una scintilla Divina. Lo scopo di Izchak fu quello di attivare questo potenziale interiore, portandolo alla superficie, in modo da poter essere utilizzato per avviare un cambiamento positivo. In questo modo, la consapevolezza di D-O diviene una parte integrante della propria vita. Essa non dipende più dall’insegnamento di altri, ma proviene da una propria comprensione interiore. Ciò a sua volta consente di rendersi conto della Presenza Divina in ogni elemento della realtà. In relazione a quanto detto, l’interpretazione dei nostri Saggi del verso “Dimora in questo paese”, è “Fa sì che la Presenza Divina risieda su questa terra”, aiuta cioè a fare in modo che il mondo manifesti la propria essenza Divina.
Un’interiorità che conduce all’esterno
Questa direzione di lavoro è certamente di grande importanza, ma perché associarla al termine Toledòt, nel senso di ‘progenie’? Sarebbe stato più appropriato collegare il concetto di Toledòt al servizio Divino di Avraham, dato il suo completo dedicarsi a trasmettere agli altri la consapevolezza di D-O. Chiamando questa parashà Toledòt, i nostri Rabbini ci hanno rivelato che anche l’interiorità di Izchak produce ‘progenie’. Il servizio Divino di Izchak e l’influenza positiva da esso generata ebbero il potere di attrarre l’attenzione degli altri e di motivarli a seguire la sua guida. Ed è così che, come narra la parashà, Avimelech, il re dei filistei, e Pichòl, il suo generale, visitarono Izchak e gli dissero: “Noi abbiamo visto che D-O è con te.” Il servizio Divino di Izchak li portò a riconoscere la presenza attiva di D-O nel mondo. Invero, la consapevolezza ispirata da Izchak era addirittura più permanente di quella generata da Avraham, poiché essa scaturiva dalle persone stesse. Il legame interiorizzato di Izchak con D-O ispirò chi lo circondava a percepire l’influenza Divina.
Comunicare ai nostri figli
Nel suo significato più completo, il nostro desiderio di essere ricordati è incentrato sui nostri figli. Noi vogliamo che essi continuino e portino avanti i nostri principi ed i nostri valori. Ma proprio qui sorge una difficoltà: i figli di Izchak erano Essàv e Yacov e, mentre Yacov effettivamente perpetuò ed accrebbe il servizio Divino di suo padre, Essàv, al contrario, rinnegò completamente quel cammino. Eppure, la maggior parte della parashà parla proprio di Essàv, tanto che il midràsh commenta il verso “Questi sono i discendenti di Izchak” spiegando che ‘discendenti’ è riferito specificamente ad Essàv. Nonostante la condotta di Essàv non dimostrasse apertamente che egli era figlio di Izchak, il legame fra di loro comunque esisteva. Una dimostrazione di ciò la si trova nella spiegazione fornita dai nostri Saggi, secondo la quale, al contrario di Ishmael che non venne considerato un erede di Avraham, Essàv è considerato uno degli eredi di Izchak. All’origine della sua anima, infatti, si trovano scintille di santità elevatissime, e per questa ragione Izchak desiderò dare le sue benedizioni a lui, piuttosto che a Yacov. In quanto padre, Izchak lottò costantemente per motivare Essàv a vivere fino in fondo il suo potenziale spirituale, e pensò che dargli quelle benedizioni sarebbe servito a questo scopo. Tuttavia, lo schema previsto da D-O per questo mondo, è che Essàv non possa scoprire il suo potenziale spirituale in modo indipendente. Sarà invece il servizio Divino di Yacov e dei suoi discendenti a rivelare quelle risorse. Si può vedere ciò riflesso negli sforzi del popolo Ebraico durante il presente esilio, identificato come ‘l’esilio di Edom (Essàv)’, di scoprire il potenziale spirituale posseduto da Essàv. Il risultato finale di questi sforzi lo si vedrà nell’Era della Redenzione, quando ‘liberatori saliranno sul Monte Zion per giudicare il monte di Essàv, e a D-O apparterrà il regno’. A quel tempo, la potente energia spirituale di Essàv emergerà e troverà la sua appropriata espressione.
Una sorgente di luce per tutta l’umanità
Dicono i nostri Saggi che nell’Era della Redenzione gli Ebrei loderanno Izchak dicendogli: “Tu sei il nostro Patriarca”. In quel tempo, infatti, la fede interiore di Izchak permeerà tutta l’esistenza. “L’unica occupazione al mondo sarà la conoscenza di D-O. Ed allora i Figli d’Israele saranno grandi saggi, comprenderanno i segreti più reconditi e coglieranno la conoscenza del loro Creatore, secondo le facoltà umane.” Nonostante tutti gli Ebrei vivranno allora nella Terra d’Israele, come fece il loro antenato Izchak, essi influenzeranno l’intera umanità, infondendo in ognuno la spinta a cercare di conoscere D-O. “Avverrà alla fine dei giorni che il monte della casa del Signore si ergerà sopra la sommità dei monti… e ad esso affluiranno tutte le nazioni. Andranno molti popoli e diranno: ‘Venite che saliremo sul monte del Signore… affinché Egli ci ammaestri sulle Sue vie.’ ” Possa ciò aver luogo nell’immediato futuro!
(Likutèi Sichòt, vol. 15, pag. 191; vol. 25, pag. 123)